La Fiat è morta, viva la Fiat

Nell'ultimo libro di Giuseppe Turani il vecchio e il nuovo volto della più grande azienda privata italiana, la cui famiglia proprietaria ha sostituito i Savoia.

29/04/2010
Giuseppe Turani.
Giuseppe Turani.

     Lo scorso 20 aprile Luca Cordero di Montezemolo ha lasciato la presidenza Fiat ed è stato il rampollo di casa Agnelli, John Elkann, a prenderne il posto. Le prime parole del nipote dell’Avvocato sono state proprio per il nonno: «Avrei voluto fosse stato qui», ha detto ai giornali. Sembra una storia che si ripete. Gianni Agnelli fu il delfino designato dal fondatore Giovanni, poi fu la volta del fratello Umberto: a guidare la più grande azienda italiana sono sempre stati membri di famiglia, le eccezioni come Vittorio Valletta o Luca Cordero di Montezemolo sono comunque nomi scelti dagli Agnelli, in attesa che l’erede in questione fosse sufficientemente maturo.

     Ma per Giuseppe Turani, economista di Repubblica, “Jaki” non è il nuovo Avvocato: «Magari lo sarà un giorno, ma come capo della famiglia Agnelli, non del gruppo Fiat, perché sicuramente la casa automobilistica non potrà essere la stessa che ha fatto crescere l’Italia gettandoci nella civiltà industriale – spiega Turani –: in questo periodo di crisi del settore o l’azienda torinese diventa globale o è destinata al fallimento». Sono cominciati Gli ultimi giorni della Fiat, come dice eloquentemente il titolo dell’ultimo libro edito da Sperling&Kupfer di Turani, la fine non di un colosso dell’economia, ma di una cultura imprenditoriale che ha segnato l’Italia. 

     L’Avvocato, con i suoi eccessi nella vita e la sua totale devozione al gioiello di famiglia, è stato il rappresentante più discusso e amato
di quella che Turani definisce «la vera famiglia reale italiana, più dei Savoia». «La Fiat è stata il motore della nostra industria, ha dato lavoro a gran parte d’Italia (negli anni del boom solo a Mirafiori si contavano 60mila operai), ha determinato le migrazioni interne al Paese, ha dato l’auto alle famiglie italiane. Un’azienda che io definisco socialdemocratica – spiega Turani -: Gianni Agnelli voleva un clima sereno nel Paese perché tutti comprassero la macchina, un lusso che costava anni di rate».

Ma se la Fiat diventerà ancora più globale, andando a produrre totalmente all’estero, cosa accadrà all’occupazione? «I governi hanno sempre cercato di tenersi strette le casa automobilistiche perché creano posti di lavoro non qualificati, cosa che non accade in settori come le telecomunicazioni, la chimica o l’high tech. Ma il mercato spinge verso Cina, India o Brasile: in Italia potranno restare solo gli studi di progettazione – sottolinea Turani -, si deve lavorare sulla formazione per avere personale qualificato, non ci sarà più spazio per la manodopera generica».

Eleonora Della Ratta
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Postato da dino avanzi il 09/05/2010 07:55

Ho sempre dubitato dei super esperti che, hanno soluzioni pronte. Turani mi sembra in questa linea

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