13/08/2012
la cerimonia di chiusra di Londra 2012.
Il bilancio materiale di Londra 2012 è fatto dalle cifre, in linea di massima quelle delle medaglie. Il bilancio morale è fatto dai pensieri o meglio ripensamenti sui fatti, dall’interpretazione dei fatti, anche dalla ricerca dei fatti non esplicitati dalle varie gare. Per esempio chi si è reso conto in pieno di quella che è la più grande performance atletica, sportiva dei Giochi, cioè la vittoria della staffetta maschile 4x400 delle Bahamas sul teoricamente strapotente quartetto Usa? Si dice che la staffetta lunga sia l’indicatore massimo della potenza sportiva di una nazione: voilà.
E il bottino record dello sport britannico non è legato al fattore-campo in una maniera che potremmo persino definire provinciale, come fu per la Spagna a Barcellona 1992 e per la Grecia ad Atene 2004, posti di un miracolo “locale” in fondo effimero? Intanto però si deve registrare il primato di successi dell’Europa sull’America e sull’Asia: fattore-campo dilatato, casualità o altro? Ma allarghiamoci alla domanda inevitabile: i Giochi più grandi di ogni tempo? Pensiamo di no, ad esempio proprio a Londra nel 1948 le Olimpiadi ebbero una ben superiore valenza morale per il mondo postbellico delle macerie fumanti. E come urbanistica, per passare ad un argomento ben diverso, Barcellona 1992 e Pechino2008 hanno fatto di più. Per non dire di Seul 1988, che nella Corea del Sud ha ricompattato il mondo sportivo strapazzato nelle tre edizioni precedenti dai boicottaggi politici, e questo in una nazione teoricamente in guerra con la sua “sorellastra” del Nord.
E come risultati sportivi non c’è stato niente di sensazionalissimo, lo stesso nuoto di Phelps è un déjà-vu. Il tutto sempre, si capisce, con la implicita postilla “s.d.” (salvo doping) alla celebrazione telediffusa nonché parlata e scritta di ogni impresa. Sono stati i Giochi più e meglio spupazzati dalla televisione, questo sì. Ci sono state trovate tecniche-spettacolari semplicemente sensazionali, quando pure si pensava di avere visto già tutto per quel che riguarda l’occhio elettronico intorno, addosso, dentro ad un evento, un personaggio (una risposta preventiva all’assalto delle telecamere individuali, quelle dei cellulari e succedanei?). E dobbiamo riconoscere che le riprese, anche intimistiche, non sono mai stati eccessivamente dissacranti. E sono stati i Giochi più e meglio sminuzzati dalla stampa scritta, che ha cercato e trovato e servito il minimalismo dei personaggi anche spiccioli, anche piccoli, per rispondere alle imposizioni televisive dei personaggi assoluti, spesso voluti a priori e imposti in qualche modo,e intanto per parare l’eventuale botta mediatica prevista da parte del mondo del telefonino tuttofare, del twitter e del blog eccetera, dove ognuno fa il giornalista per se stesso e per un po’ di amici.
Sono stati Giochi apolitici, nel senso che non hanno portato in stadi e piscine e impianti assortiti istanze forti (si pensi al pugno chiuso e guantato di nero degli sprinter Usa di colore a Città del Messico 1968). Un bene? Un male? Decida per sé chi in sé ha deciso cosa deve essere lo sport, se luogo asettico o luogo aperto a tutti i venti del mondo anzi della vita. Qualcuno li aveva annunciati come Giochi della donna. Tante donne sì, ma molto tese, nell’insieme si capisce, ad una sorta di mascolinizzazione. Poche le bambine, assenti o quasi le bamboline, persino nella “malfamata” ginnastica artistica. Le atlete più ancorate a classici e magari vecchi modelli femminili sono parse quelle del nuoto ritmico e della ginnastica ritmica essa pure. Truccatissime sin quasi al ridicolo, tese anche in certi gesti di presentazione e attesa del verdetto a sembrare dive dello schermo abbastanza casualmente capitate lì a fare sport. Concludiamo dicendo purtroppo che molti messaggi ci sono sicuramente sfuggiti, nonostante la nostra personale vasta esperienza olimpica, o forse a causa di essa che affollala mente e il cuore di ricordi vincolati e vincolanti.
Per finire, dunque: nessun immenso messaggio ecumenico, e chi dice che sia un male? Nessun sintomo d i decadenza dello spettacolo ad ogni costo e dell’interesse ad esso collegato, e chi dice che sia un bene? Un forte senso di storicità, di classicità legato al fatto di essere in Inghilterra dove lo sport moderno è nato,ma niente di greve. Fra quattro anni a Rio de Janeiro si potrà fare dei Giochi a ritmo di samba senza pensare di dissacrare Londra 2012. Magari sempre con Usain Bolt personaggio massimo, però convinto a provarsi anche sui 400, per produrre altre meraviglie. E magari, con i cambiamenti climatici in atto, là il problema sarà la pioggia, che nella teoricamente piovosissima Londra ha abbastanza risparmiato le gare più belle nei giorni più intensi, le cerimonie più attese.
Gian Paolo Ormezzano