05/02/2011
Bruno Vespa, protagonista in prima serata.
Vittorio Sgarbi e Bruno Vespa, curiosa coppia che negli intenti della Rai dovrebbe bilanciare da destra le serate di Santoro, Floris, Fazio, Dandini e altri pezzi grossi della sinistra. Curioso, questo tandem, perché sarebbe difficile trovare due personaggi così diversi. Più che di destra, Vespa è quel tipico e accorto centrista che aveva la Dc come azionista di riferimento. Quanto basta, comunque, per essere gradito anche a Berlusconi. Sgarbi invece sfugge ai normali casellari. Dovessimo catalogarlo con una sola parola, semplificando ma non troppo, diremmo che è essenzialmente un anarchico. Capace fra l’altro di mandare al diavolo qualunque committente, vuoi per scontro di idee vuoi per semplice scatto di nervi.
Dei due, è Sgarbi in effetti il personaggio che può dare maggiori sorprese. Mentre è improbabile che Vespa cambi fisionomia, da lui ci si può aspettare di tutto. Però con questa premessa. Primi avversari di Sgarbi non saranno né gli uomini né i programmi di sinistra. Saranno gli indici di ascolto. Chiamare subito in studio il Dalai Lama, parlare di Dio e di bellezza o denunciare gli scempi urbanistici, come Sgarbi si propone, significa indubbiamente collocarsi nei piani alti della tv. Ma può avere come effetto una audience bassa. Alla quale forse è indifferente Sgarbi: ma certo non lo sono i procacciatori di spot. La scommessa insomma si gioca su un progetto culturale: e sappiamo che, se alla parola cultura Goebbels metteva mano alla pistola, molti spettatori si limitano a metter mano al telecomando. Cambiano canale. Peggio ancora se si discuterà con toni pacati, andando contro quella grossa fetta di pubblico che preferisce le urla.
E qui si innesta un discorsetto collaterale, connesso a quella che è stata fin qui l’immagine televisiva di Sgarbi. E’ un uomo che conosco bene, anche in privato, conversatore affascinante e disponibile, conferenziere che può reggere per ore, su una molteplicità di temi, senza mai annoiare. Come esperto d’arte, sa arrivare fin dove la concorrenza si ferma. Tutt’altro aspetto in tante apparizioni tv, in parte per lati negativi del carattere ma in parte maggiore, temo, per questione di soldi. Lo invitano dappertutto, ma non per dialogare. Una voce della busta paga riguarda appunto il ben noto repertorio di sbraitate, insulti, uscite dalla comune. Cominciasse a starsene quieto, non lo ingaggerebbero più.
E allora? Allora Vittorio Sgarbi scommette in una volta sola su più diritture d’arrivo. Una, dare spazio alla cultura in quel terreno proibito che è la prima serata tv. Due, non farsi rimandare a casa, o alle amate intemperanze, per colpa degli ascolti. Tre, battersi almeno alla pari con Santoro e soci. Ma solo in chiave di prestigio e popolarità, non di influsso elettorale. Come intento politico si sa bene a cosa miri la dirigenza Rai, che vuole rientrare nelle grazie di Berlusconi. Ma destra o sinistra, governo od opposizione, di tutto questo credo che a Sgarbi non importi un bel niente
Giorgio Vecchiato