01/05/2012
Roberto Maroni e Umberto Bossi (foto sopra e di copertina: Ansa).
“Secondo me
non ha rubato nessuno, non vedo ladri ma qualche errore”. Dal palco della festa
di Zanica, nella Bergamasca (sempre più terra di manifestazioni, quasi una zona
neutra dove maroniani e bossiani giungono a un armistizio) Umberto Bossi parla
delle inchieste giudiziarie che stanno devastando il Carroccio. I sondaggi
parlano di una caduta dal 10 al 6,5 per cento, poi, negli ultimi tempi, di una
lenta ripresa fino al sette. Fra gli errori Bossi dichiara: “Pensate che
avevamo mandato a fare l’amministratore uno legato alla ndrangheta”. Già, pensate. Ma
il punto è: pensano gli elettori leghisti? La maggior parte, anche se
frastornata, cerca di allontanare, tra lingotti, mazzette, storno di denaro
pubblico e diamanti, l’incubo in cui è piombato il movimento negli ultimi mesi.
Lo si è visto anche a Zanica. I leghisti vogliono unità, sanno che le divisioni
intestine possono portare all’implosione, alla fine del partito più vecchio
presente in Parlamento. Lo sanno anche i dirigenti, che infatti fanno di tutto,
in pubblico, per celebrare quel clima di concordia che dietro le quinte non
esiste. Tra l’altro Bossi, dopo lo scandalo che ha coinvolto la sua famiglia e
le accuse del tesoriere che lo chiamano in causa, ha fatto sapere di non essere
affatto uscito di scena, com’era prevedibile. A chi gli chiede se si
ricandiderà risponde di sì. “Per forza”, spiega “lo faccio per la gente del
movimento. Se no la gente pensa che non siamo uniti”. Quanto a Maroni, il nuovo
leader provvisorio, nel tentativo di far fronte allo tsunami giudiziario che ha
investito il Carroccio, schiera in parata i sindaci leghisti, simbolo della
Lega di governo che è anche la sua faccia pulita. “Dopo tutto quello che è successo la nostra
intenzione è di mostrare una Lega compatta e unita, anzi proprio quello che è
successo l’ha ricompattata”.
Il resto fa parte di un copione già conosciuto
anche prima delle inchieste giudiziarie: opposizione al governo Monti e inni
alla ribellione fiscale, a cominciare dall’IMU. Ma il vero pericolo, per la
Lega, sono i regolamenti di conti tra “fratelli coltelli”, in una fase tipica
di vuoto di potere in cui si può rialzare la testa, oltre alle possibili
vendette di chi è stato sacrificato sull’altare della purificazione.
Francesco Anfossi