05/01/2013
Vittorio Missoni, figlio maggiore dello stilista Ottavio Missoni, è responsabile commerciale dell'azienda ed è considerato l'ambasciatore della griffe nel mondo. Vittorio Missoni era a bordo dell'aereo scomparso decollato da Las Roques, in Venezuela, con altri 3 italiani.
Circa 350 tra isole e atolli che affiorano e scompaiono sotto l'acqua a seconda delle maree. Il mare cristallino che varia in tante sfumature e tonalità e uno dei fondali tra i più spettacolari al mondo, con il suo ecosistema marino ricchissimo di specie rare, circondato dalla barriera corallina. Los Roques, 160 chilometri dalla costa venezuelana, un arcipelago stupendo quanto maledetto. Soprattutto per i turisti italiani. Il 4 gennaio del 2008, un piccolo aereo da turismo della compagnia Transaven (con a bordo 14 persone tra cui 8 italiani, in volo da Caracas a Los Roques, sparì nel nulla, inghiottito misteriosamente in quel tratto del Mar dei Caraibi. Del velivolo nessuna traccia. Dei passeggeri dispersi, sono un corpo è stato in seguito ritrovato, quello del copilota. Esattamente cinque anni dopo, sulla rotta da Los Roques a Caracas, un altro aereo da turismo è sparito. A bordo c'erano 6 persone, tra i quali quattro italiani, l'imprenditore Vittorio Missoni, primogenito di Ottavio, fondatore della casa di moda, sua moglie e una coppia di loro amici.
La localizzazione dell'arcipelago di Los Roques visto da Google Maps (Ansa).
Una tragica fatalità, che fa rabbridividire. «Stamattina, non appena ho sentito la notizia, per me è stato terribile». Al telefono da Bologna, Sara Speroni appare ancora agitata, sconvolta. Trentancinquenne, tecnico della facoltà di Veterinaria dell'Ateneo bolognese, Sara è andata in vacanza a Los Roques poco più di un anno fa. Identico tragitto per raggiungere l'arcipelago dal Venezuela (perché per arrivare a Los Roques esiste una sola compagnia di aerei da turismo privata, con voli al mattino e nel tardo pomeriggio). E una gran paura, dopo l'incidente del 2008. «Su quel volo erano presenti due ragazze bolognesi, io non le conoscevo direttamente, ma erano amiche della mia parrucchiera. A Bologna, ovviamente, si era parlato tantissimo e a lungo della loro scomparsa in volo, così quando io ho deciso di partire, anche se erano passati degli anni, ho sentito addosso a me tanta pressione da parte delle persone che mi consigliavano di non andare in quello stesso posto dove era avvenuta la tragedia». Della sua esperienza Sara racconta: «Sul nostro aereo per Los Roques eravamo in otto, compreso il pilota, che non aveva un copilota. Seduto al suo fianco c'era un giovane turista, un ragazzino tedesco. E, lo ricordo bene, durante il volo, che è durato all'incirca un'ora, il pilota leggeva tranquillamente. Per lui era normale routine. Il volo è stato tranquillo, ma io non vedevo l'ora di scendere».
Il paradiso naturalistico di Los Roques.
Diverso, invece, l'approccio del suo compagno di viaggio Franco Rovetti, 45enne impiegato di banca di Carugate (Milano), appassionato dei Caraibi, dove ha già trascorso numerose vacanze. «La paura è una questione soggettiva. Io ero molto tranquillo, anche perché di fatto l'incidente del 2008 era stato un caso isolato». Los Roques, che dal 1972 è Parco nazionale, è un vero paradiso naturale, la cui integrità ambientale viene protetta con molta attenzione. «L'aeroporto di Los Roques, che si trova sull'isola Gran Roque, l'unica dove i turisti possono soggiornare, non è altro che una piccolissima costruzione in muratura con una finestra senza vetro, una sbarra e, come pista, una striscia di asfalto che costeggia la spiaggia e confina con il porticciolo dal quale partono le barche per portare i turisti sulle altre isole. A Gran Roque, oltre alle posadas - le locande ricavate dalle case dei pescatori, unica sistemazione turistica permessa - c'è una piazza con alcuni locali e qualche negozio. C'è poi una caserma della Guardia nazionale che ha anche dei motoscafi, ma - ci hanno raccontato lì - spesso questi non possono essere usati perché manca il carburante. I turisti escono la mattina intorno alle 9 e ritornano verso le 16. La sera si mangia e si va a dormire presto, perché alle 21 viene interrotta la corrente elettrica, ricavata da un generatore, così come l'acqua. I turisti italiani sono tantissimi. Anche perché una gran parte delle posadas è di proprietà di italiani. Quella dove alloggiavamo noi era gestita da due fratelli bresciani. Tanti, poi, sono i venezuelani, ma anche gli italiani che lavorano in Venezuela, che vanno a Los Roques solo per il weekend, approfittando della vicinanza dell'arcipelago».
L'aereoporto dell'arcipelago venezuelano.
Lì, a Gran Roque, era inevitabile che si parlasse dell'incidente del
2008. «La versione di alcuni sull'isola era che il velivolo fosse stato
dirottato e fatto sparire dai narcotrafficanti, che avevano bisogno del
velivolo per i loro spostamenti. Sembrava infatti improbabile che in un
mare dal fondale limpido come quello, e relativamente basso, un aereo
con dei passeggeri potesse sparire così, senza lasciare tracce». Secondo
altri, invece, si è trattato di un incidente, perché, dicono, quei
velivoli hanno una riserva di carburante molto limitata, quindi
eventuali dirottatori non sarebbero potuti andare lontano.
Un'altra immagine del minuscolo aeroporto (foto di Sara Speroni).
Ma, intanto,
la fatalità ha voluto che un altro aereo sia sparito nello stesso
identico modo, anche se, questa volta, nel viaggio di ritorno, sulla rotta da Los Roques all'aeroporto Maiquetia, nei pressi di Caracas. «Certo, è molto strano», osserva Franco. «Ma il vero rischio di cui bisogna avere timore,
quando si affronta questo viaggio, non è certo arrivare in aereo a Los
Roques, ma andare in giro per Caracas, la capitale venezuelana, una delle città più pericolose e violente del mondo».
Giulia Cerqueti