Ma è tornata Tribuna Politica?

Dopo l'ubriacatura dei talk show e delle risse televisive è stato elogiato un nuovo modo di far politica che ci rimanda agli anni '60. Sarà vero?

14/11/2012
Il confronto su Sky tra i candidati alle primarie della sinistra.
Il confronto su Sky tra i candidati alle primarie della sinistra.

Dopo lo serata di Sky con i cinque candidati della sinistra, è tutto un coro. Finalmente niente strepiti. Politici civili che si confrontano in modo civile. Nessun conduttore che alimenti la rissa. Era ora, questo è un esempio da imitare. Lo dicono i giornali e, per una volta d’accordo con la carta stampata, lo dice la gente. L’unico a permettersi un'irriverenza è stato Giannelli, il geniale umorista del “Corriere”. I cinque in fila come nei riconoscimenti all’americana, e la vittima che non riesce a individuare il colpevole.

Tutto giusto, per carità. Della tv urlata non ne possiamo più. Solo che da noi, come del resto altrove, è diffuso quel fenomeno che si chiama memoria corta. Per chi non ha l’età, riassumiamo. C’erano una volta, tanti e tanti anni fa, le tribune politiche. In Rai avevano costruito un emiciclo da aula universitaria, dove sedevano i giornalisti. Al lato opposto una cattedra con il politico di turno e, vicino  lui, un personaggio aziendale in veste di moderatore. Non che ci fosse troppo da moderare, salvo le lungaggini di quesiti e risposte. Si trattava in buona sostanza di polemiche fra addetti ai lavori, ciascuno smaliziato quanto serviva. L’unico ad accalorarsi, anzi ad infuriarsi, era un anticomunista di nome Mangione. Una celebrità, all’epoca. C’era di solito anche il sottoscritto: ed era divertente vedersi fermare per strada, con i passanti che lodavano o criticavano il nostro aspetto. Quel che dicevamo, nessuno se lo ricordava.    

Corsi e ricorsi. Questo tipo di tv, che oggi viene rimpianto, allora era stato soppresso a furor di popolo. Troppo noioso, compassato, addomesticato. Per i politici, troppo comodo il modo di cavarsela. Per i giornalisti, un bavaglio appena mascherato. Occorrevano un contraddittorio vero, una passione. Così si è cominciato a cambiare, in verità un po’ troppo alla svelta. Inutilmente Nanni Moretti protestava: “No, il dibattito no!...”, e il Curzi che assomigliava a Kojak usava il suo sarcasmo romano sul “dibbattito”, con doppia “b”. Un po’ alla volta tutto è diventato doppio, dal fracasso alla maleducazione. E adesso nostalgicamente si rievocano i     2   bei tempi, dimenticando che all’epoca non si cambiava canale solo per il fatto che non c’era scelta. Appena un canale o più tardi due, tutta Rai in bianco e nero.      

Postilla. E’ certamente vero che il “dibbattito” è diventato intollerabile. Non meno vero però è che gli spettatori reclamano ma continuano ad affollarsi. Tuttora, più si sbraita più cresce l’ascolto. Nella domenica di Canale 5, per esempio, il compassato Vinci ha dovuto lasciare il posto a Barbara D’Urso, la cui modernità consiste appunto nel coltivare lo scontro, con appendici nella tv del dolore. Quanto al ripristino di un clima civile, non accadrà troppo spesso che si confrontino personaggi come i cinque della sinistra, che sotto elezioni non avevano nessun incentivo al litigio. Questo per dire che un nuovo cambiamento, di dialettica come di educazione, è del tutto augurabile. Ma non sarà facile.

Giorgio Vecchiato
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