Scuola, ma quale casta dei docenti

Una riflessione più attenta sul lavoro degli insegnanti italiani, costretti ad organizzare a casa il proprio ufficio in assenza di strutture adeguate alle loro necessità.

05/11/2012
Un'insegnante durante una lezione in classe (Ansa).
Un'insegnante durante una lezione in classe (Ansa).

I giornali in questi giorni hanno scritto che è stato cancellato dalla bozza della cosiddetta “legge di stabilità”, ancora all’esame del Parlamento, uno dei punti più controversi, quello relativo all’ipotesi di un aumento del numero di ore settimanali di insegnamento per i docenti delle scuole medie e superiori (da 18 a 24).

In realtà per ora c’è stato soltanto un emendamento proposto dalla Commissione Cultura, in cui si è prevista l’eliminazione dell’incremento dell’orario di lavoro dei docenti, un emendamento che però dovrà passare al vaglio della Commissione Bilancio. E non è detto che lì esso venga ratificato. Tra l’altro qualora, come sembra sempre più possibile, il governo decida di porre la fiducia sulla legge di stabilità, il testo che verrebbe approvato sarebbe quello iniziale (con le 24 ore).

Quanto lavora un insegnante?

Visto che la discussione continua, vale dunque la pena sgombrare il campo da alcuni equivoci che l’hanno viziata. Dopo le polemiche di queste settimane, è ora il momento di una riflessione più pacata sul lavoro degli insegnanti.

Innanzitutto va chiarito un aspetto: se fosse vera l’affermazione in base alla quale i professori di scuola lavorano soltanto 18 ore a settimana, sarebbe opportuno e persino doveroso aumentare loro l’orario di servizio. Il fatto, invece, è che 18 sono le ore di lezione frontale. E a queste se ne aggiungono molte altre.

In altre parole, le 18 ore di lezione sono soltanto una parte del lavoro dei docenti. Peraltro questo carico settimanale è in linea con la media europea nella scuola secondaria di secondo grado e addirittura superiore alla media europea nella secondaria di primo grado. Aumentare il numero di ore di lezioni frontali non sarebbe proficuo né per i docenti, né per gli studenti.

Di fatto, già oggi i docenti lavorano molte più ore delle 18 di didattica frontale. A parte tutte le ore, non contabilizzate, necessarie per la preparazione delle lezioni, per la formulazione delle verifiche, per la correzione dei compiti in classe, il vigente contratto collettivo nazionale prevede 80 ore annue di “attività funzionali all’insegnamento”, cioè consigli di classe, scrutini, esami, collegi docenti, riunioni di programmazione, ricevimento dei genitori eccetera.

 

(Ansa)
(Ansa)

Sedi scolastiche inadeguate

Se poi si volessero obbligare gli insegnanti a svolgere all’interno dell’edificio scolastico, cioè sul luogo di lavoro, le attività che oggi effettuano a casa, si presenterebbe un bel problema: la nostra edilizia scolastica non è minimamente attrezzata a questo scopo.

Nei Paesi anglosassoni (lo abbiamo visto in tanti film), ogni insegnante ha la propria aula, con i propri libri, i propri strumenti di lavoro, persino i propri vasi di fiori, e sono gli studenti, al cambio dell’ora, a migrare da una stanza all’altra a seconda della materia che devono seguire. Da noi è il contrario: ogni classe ha un’aula e la “sala professori” è spesso costituita da un tavolone e tanti cassetti, uno per ogni professore (e non di più), in cui possono trovare spazio al massimo 3-4 libri.

Per questo ogni insegnante si è organizzato a casa il proprio “ufficio”: allestendosi una biblioteca personale, utilizzando il proprio computer privato, la propria stampante, mettendoci a spese proprie carta e inchiostro. Supplendo di tasca sua alle deficienze (e al deficit) dello Stato. Se tutti i docenti di una scuola dovessero fermarsi di pomeriggio a lavorare nell’istituto non si saprebbe dove metterli. Riorganizzare materialmente il sistema in tale direzione avrebbe dei costi enormi, altro che “spending review”!

Motivare, non tagliare

Per questo un po’ di sano realismo non guasterebbe in chi ci governa. Un giornalista qualche giorno fa parlava della “casta dei docenti”. Francamente i privilegi ci sembrano stare in altri settori della società, non certo nella scuola, già pesantemente penalizzata dalle ultime finanziarie (a partire da quelle varate dai due governi precedenti a quello attualmente in carica, uno di centrosinistra, l’altro di centrodestra).

Si capisce che l’obiettivo è il contenimento della spesa pubblica, ma non si può continuare a sparare sulla croce rossa. Forse è giunto il momento in cui sulla scuola bisognerebbe incominciare a investire, sul serio, non a parole. E a motivare i professionisti che la abitano, anziché rendere la loro vita sempre più difficile.

Roberto Carnero
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Postato da guido55 il 08/11/2012 20:45

E' deprimente quello che sta succedendo. Che è già successo, perché se anche l'aumento di orario da 18 a 24 ore non sarà approvato il danno sarà comunque fatto. Gli insegnanti sono stati già sbeffeggiati da un ministro che ha dato spazio alla parte più arretrata del paese, alla pancia profonda che non vede l'ora di fare un falò della cultura e della formazione. Alla fine, non solo ai docenti non viene riconosciuto il lavoro già svolto ma addirittura si ipotizza che possano siano già al massimo delle proprie possibilità di lavoro. Obiettivamente penso che questa fase lascerà una ferita che sarà difficile da ricucire, perché come docenti siamo stati costretti a prendere atto fino in fondo della incosistenza non solo della classe dirigente ma anche della superficialità di tanta parte della società che pensa addirittura che la protesta dei docenti sia una protesta corporativa.

Postato da martinporres il 08/11/2012 18:08

Per micheleverona: facciamo uno scambio di docenti con la Germania.

Postato da micheleverona il 08/11/2012 13:24

In una scuola media inferiore tedesca, un insegnante guadagna sui 3.000 euro al mese. Prima si equiparino gli stipendi dei nostri insegnanti a questi valori (anche se evidentemente in Germania la cultura pesa maggiormente), poi si parli di aumento di ore. In generale è tutto il lavoro dipendente che è maggiormente remunerato, in Germania. Ma là i politici non diventano ricchi e, di solito, non frequentano le escort.

Postato da lauretta il 06/11/2012 23:26

Io sono una docente e so bene che cosa vuol dire insegnare. Gran parte di coloro che si accingono a parlare di questo argomento, giornalisti, esperti o cittadini comuni, lo fa a sproposito, spesso con intenti mistificatori o persino denigratori per la categoria. Faccio presente che siamo professionisti dediti a lavorare ben oltre le mere 18 o 24 ore, impegnati, nella gran parte dei casi, a rappresentare uno degli ultimi baluardi a difesa del senso morale e civile, laddove altri attori sociali latitano colpevolmente. Inoltre, si sa cosa vuol dire insegnare? Vengano a passare qualche ora all'interno di qualche classe e poi si permettano di parlare con cognizione di causa: 1 ora di insegnamento non equivale a 1 ora di lavoro impiegatizio, essendo assolutamente densa (non sono possibili distrazioni) e impegnativa dal lato fisico, intellettivo e persino psicologico. I lavativi esistono in ogni categoria e non possono rappresentare il metro del giudizio. Imparate a valorizzare e sostenere la scuola dei nostri figli. Laura Barberio, insegnante.

Postato da giogo il 06/11/2012 17:49

Hops scusate dimenticavo...propongo di dare al giornalista del Giornale della famiglia Berlusconi, Nicola Porro lo stesso stipendio degli insegnanti...così tanto per risparmiare in questo bistrattato Paese!!Saluti

Postato da giogo il 06/11/2012 17:41

Chiede e critica sempre tanto il ns. Libero Leo...e siccome fa tanto le pulci agli insegnanti e domanda e chiede...ma non dice mai che chi insegna in questo Paese è quasi il meno pagato d'Europa,ecco un pruritino mi tormenta tanto...a me piacerebbe assai conoscere il SUO reddito (vero) sic...così tanto per gradire!!! Saluti

Postato da martinporres il 06/11/2012 13:29

Non concordo con questo articolo, sono invece in sintonia con l'articolo di Nicola Porro pubblicato dal quotidiano IL Giornale in data 23/10/12 : "Se i prof. si inchinano ai ricatti della scuola." Che potete leggere su :

Postato da Libero Leo il 06/11/2012 08:38

Faccio riferimento non solo a quest’ultimo intervento di Roberto Carnero, ma anche al precedente: “Insegnanti, il teatrino di PD e PDL”. Egli si presenta con questa frase: “Un gioco delle parti, in cui i diversi attori recitano il proprio ruolo e in cui a essere penalizzati saranno, come sempre, i soggetti più deboli, cioè i lavoratori.”. E prosegue col più classico “gioco delle parti” consistente nella rivendicazione economica, senza minimamente considerare che la parte più debole è quella che lui dimentica: gli studenti. Sembra di capire che ormai la scuola per lui ha lo scopo non tanto di istruire ed educare, ma di tenere occupate più persone possibile, senza chiedere loro un impegno maggiore per superare il momento di grave crisi, in cui tutti ci si dovrebbe rimboccare le maniche per lavorare di più e far quadrare i conti. L’intervento di Carnero quale cultura esprime e trasmette agli studenti? Quella di lavorare produttivamente (facendo fruttare i talenti) per contribuire al bene comune, o quello di cercare un posto di lavoro fisso, sicuro e ben tutelato, per poi favorire l’assunzione dei altri lavoratori lavorando il meno possibile? Non ci si rende conto che con ciò si ripete quanto già all’inizio degli anni 70 si fece con le pensioni baby? Per risolvere il problema della disoccupazione si pensò di mandare in pensione giovani lavoratori, dicendo loro “se decidete di non lavorare più, avrete un vitalizio”. In nessun altro stato s’è mai visto un provvedimento così devastante economicamente, socialmente e moralmente. Ora ne vediamo e subiamo i disastrosi effetti. Gli insegnanti dovrebbero essere un luminoso esempio di laboriosità ed impegno nel lavoro. Dovrebbero preoccuparsi di dimostrare concretamente come bisogna lavorare e quanto bisogna lavorare per il bene comune, specialmente in un periodo di crisi economica come l’attuale. Altra considerazione. La maggior parte dei lavoratori italiani lavora circa 1920 ore annuali (40 ore settimanali per 48 settimane). Quante ne lavorano gli insegnanti? Sfortunatamente Carnero non ce lo dice. Ipotizzando 18 ore settimanali per 46 settimane si ottengono 828 ore all’anno. Per uguagliare la maggioranza degli altri lavoratori ne mancano 1092. Teoricamente, secondo Carnero, queste ore mancanti ogni anno sarebbero sempre tutte dedicate “alla preparazione delle lezioni, alla formulazione delle verifiche, alla correzione dei compiti in classe, al ricevimento dei genitori”. Saranno proprio 1092 le ore dedicate a queste attività? Carnero non ce lo dice. Non ci dice neppure quante ore gli insegnanti dedicano alle lezioni ed altre attività private....

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