04/09/2011
Spigoloso e tenero, dotato di grandissima intelligenza. Mino Martinazzoli ha guidato per oltre quarant’anni la vita politica del nostro Paese. È morto stamattina, dopo mesi di malattia, e la notizia si è subito diffusa nella sua Brescia. E la città, di cui fu sindaco dal 1994 al 1998, lo piange anche visivamente con una pioggia che non accenna a smettere.
Alle soglie degli ottant’anni, che avrebbe compiuto il prossimo 30 novembre, muore una delle menti più lucide del nostro panorama politico e intellettuale. Tre volte ministro (della Giustizia, della Difesa e delle Riforme), ultimo segretario della Democrazia cristiana e primo leader del Partito popolare Martinazzoli si era poi ritirato dalla vita politica attiva. Ma aveva continuato, lui grande interprete del pensiero di Aldo Moro, a girare per seminari e convegni a parlare e insegnare. «Mi sento un apolide della seconda Repubblica», aveva detto in più di una occasione spiegando anche che, quando Berlusconi gli chiese un’alleanza, non potè che rifiutare chiarendo all’interessato che «Per me la politica è fare gli interessi degli altri, per lei è fare i suoi».
Esigente con gli altri, ma anche con se stesso, aveva da poco ricevuto gli onori anche di Giorgio Napolitano con una lettera personale piena di emozioni e di plauso a un uomo che ha reso migliori le istituzioni e la storia del nostro Paese.
Annachiara Valle