Mirafiori, la preghiera di Nosiglia

L'appello dell'arcivescovo di Torino: sanare le divisioni e ritrovare la concordia tra i lavoratori. Una preghiera per il lavoro.

15/01/2011
Mons. Cesare Nosiglia
Mons. Cesare Nosiglia

Ha seguito l'evolversi della vicenda, fin da quel 23 dicembre 2010 quando il sindacato (esclusa la Fiom) e la Fiat hanno firmato il nuovo contratto. Sa quanto il tema del lavoro sia centrale per la sua città. E da pastore ha capito subito qual è la priorità dopo il giorno del giudizio e il suo esito: ritrovare la concordia. Lo si legge tra le righe anche in questa preghiera che l'arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia ha composto e presentato ai giornalisti per un incontro prima della messa per i lavoratori di Mirafiori, al Santuario della Consolata:

     "Dio nostro padre ti lodiamo e ti ringraziamo perché hai voluto far partecipare il tuo fgilio Gesù di ogni dimensione della cita umana anche di quella del lavoro". Comincia così la preghiera. "Facendogli fare l’esperienza impegnativa e straordinaria di guadagnarsi il pane come l’esercizio delle proprie competenze e il sudore della fronte concedi che in tanti luoghi di lavoro così travagliati in questo tempo di incertezza e difficoltà tornino la concordia, il dialgoo e l’impegno di valorizzare l’apporto di tutti, quali vie indispensabili a una ricerca del bene comune".

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      La preghiera prosegue alludendo ai cambiamenti imposti dall'era della globalizzazione, che arriva fino in fabbrica e nelle famiglie. "Rendici capaci di leggere con sapienza i segni dei tempi, per far fronte uniti alle nuove sfide che il mondo economico è chiamato ad affrontare. Fa che mediante l’impegno di tutti nessuno soffra per la mancanza di lavoro  e i giovani trovino risposte alle loro attese speranze per essere in grado di offrire il loro rapporto responsabile al futuro della nostra società".

La preghiera termina con una invocazione: "Spirito santo amore del Padre e del Figlio con fiducia ti invochiamo: sii luce e vigore per le noste azioni personali e sociali, perché siano sempre improntate alla solidarietà e alla verità, alla riconciliazione e alla pace.

     Tu che sei maestro interiore, donaci di convertirci nella mente e nel cuore per renderci capaci di rinnovare i nostri stili di vita.  A te Santa Vergine Consolata, ricorriamo fiduciosi nel tuo amore di madre premurosa verso la necessità dei tuoi figli. Rivolgi il tuo sguardo benevolo su tante famiglie che dal lavoro traggono il loro giusto e insostenibile sostegno per una vita dignitosa e serena. Aiuta le persone di buona volontà che si impegnano per  pacificazione dei cuori e l’unità di tutte le componenti del mondo del lavoro, in vista del progresso civile  spirituale della nostra comunità".

Francesco Anfossi
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Postato da Celso Vassalini il 18/01/2011 10:42

Verso il nuovo statuto dei lavori “Liberare il lavoro per liberare i lavori”. Viviamo in un momento storico caratterizzato dall’incertezza e della discontinuità. Oggi i lavori sono “tanti” ed è doveroso proteggere, oltre che i lavoratori dipendenti, anche quelli indipendenti caratterizzati da debolezza socio-economica. Confronto di discussione, che servirà a formulare ipotesi condivise di riforma del settore, mirando alla ripresa e a “produrre lavori di qualità”, non dimenticando mai l’obbiettivo primario quella che io chiamo “antropologia positiva” che vuol dire innanzitutto avere fiducia nella persona e nelle sue proiezioni relazionali, dalla famiglia alle imprese ai corpi intermedi, e nella sua attitudine a potenziare l’autonomia capacità dell’altro. L’esatto opposto di quell’antropologia non evoluta ex comunisti e, quindi, sulla malafidenza verso le persone che non la pensano come loro. Ereditiamo da loro uno stato pesante e invasivo che conosciamo e che vogliamo cambiare. La prima è quella relativa alla promozione del valore, anche economico, della vita dal concepimento alla morte naturale. Il riconoscimento, anche enpirico, della ricchezza e dell’unicità della persona consente di individuarne l’attitudine alla socialità. E ciò conduce ad assegnare alla famiglia e a tutti i corpi intermedi il giusto rilievo per la coesione della società. Ciò comporta la realizzazione diffusa della pratica del principio di sussidiarietà secondo il quale lo Stato, le amministrazioni pubbliche centrali e locali, operano per sollecitare il libero gioco delle aggregazioni sociali. E ancor più nelle nuove condizioni prodotte dalla crisi, la crescita deve essere sostenuta non tanto dalla leva della spesa pubblica quanto dalla vitalità delle persone, delle famiglie, delle imprese, e delle forme associative. Si tratta insomma, di stimolare una sorta di rivoluzione nella tradizione quale risultato di comportamenti istituzionali, politici e sociali coerenti con la visione di “meno Stato, più società”. E’ comunque la collaborazione tra governo e popolo, tra istituzioni e corpi intermedi, la fonte fondamentale dello sviluppo economico e civile del Paese. Liberare il lavoro significa esattamente liberare i lavori. Vale a dire, incoraggiare nelle imprese l’attidudine ad assumere e a produrre lavori di qualità. A cogliere ogni opportunità di crescita, ancorchè incerta. A realizzare attraverso il metodo della sussidiarietà orizzontale e verticale, e quindi il flessibile incontro tra le parti sociali nei luoghi più prossimi ai rapporti di lavoro, le condizioni per more jobs, better jobs. Il mio sogno che si arrivi presto ai fini del passaggio dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori, è capire l’idea ispiratrice. Vorrei che rivivesse lo Statuto dei lavoratori nella realtà che cambia. Una parte del nuovo Statuto, attinente ai diritti fondamentali della persona e del lavoro, deve restare ferma come norma inderogabile di Legge. UN’altra parte, attraverso la contrattazione collettiva, si adeguerà meglio alle diverse condizioni e situazioni, così da rendere più efficaci quelle tutele. Il vecchio Statuto, che pure quarant’anni fa il nostro Paese la visse come una grande conquista, è stato costruito per un’Italia che oggi non c’è più e per un’ economia fordista, della grande fabbrica e delle produzioni seriali. Oggi i lavori sono “tanti” ed è doveroso proteggere, oltre che i lavoratori dipendenti, anche quelli indipendenti caratterizzati da debolezza socio-economica.Quell’accordo rappresenta senza dubbio unam svolta, come a suo tempo avvenne per la scala mobile. Il referendum di giugno 2010, e quello di gennaio 2011, così come quello per l’accordo di S.Valentino del 1985, ha chiesto ai lavoratori di dare il proprio consenso a scelte difficili. E anche questa volta i lavoratori hanno scelto con lungimiranza. E segna una svolta nel metodo più che nei contenuti, che dipendono in larga misura dalle singole realtà aziendali locali. Ma il caso dei due referendum sono innovativi nel metodo e resterà come pietra miliare nelle relazioni industriali. Meno Stato più società. Come diceva il Prof. Marco Biagi, “ non c’è incentivo finanziario che possa compensare un disincentivo regolatorio da norme o da contratti”. Solo i lavoratori e le loro Organizzazioni possono determinare quella produttività che garantisce il ritorno dell’investimento. Celso Vassalini.Brescia gennaio 2011.

Postato da Oddo Filippo il 17/01/2011 13:38

Io prego con l'Arcivescovo di Torino. La Fiat era la fabbrica trainante dell'industria italiana. Molto cose sono cambiate in Italia e nel Mondo. La globalizzazione ci ha portato alla crisi, ma anche gli spregiudicati giocatori della finanza. Io non credo che l'ad della Fiat voglia il male degli operai; secondo me sta facendo di tutto per salvare il salvabile e molti lavoratori lo hanno capito. Ciò che mi fa rabbia è la quasi assenza del nostro Governo. Maggioranza ed opposizione ( e sindacati) si mettano d'accordo per trovare le strade giuste per aiutare i giovani, i lavoratori che rischiano il posto, i precari...Il nostro Paese ne ha bisogno per vivere in pace. Filippo Oddo

Postato da dino avanzi il 15/01/2011 19:20

L'arcivescovo invita a sanare le divisioni e a ritrovare la concordia in un mondo complesso come quello del lavoro, non è facile. Chi ha più responsabilità deve fare la sua parte a cominciare da Marchionne che, a questo punto, deve mantenere gli impegni presi. I dati delle vendite dei modelli Fiat, pubblicati ieri, evidenziano lo stato di difficoltà dell'azienda rispetto ai suoi concorrenti; e sicuramente non inducono ad ottimismo. E' necessario un grande sforzo da parte di tutti,non solo degli operai.
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