Mou: io ti amo, io ti detesto

Un tifoso interista e uno juventino ci spiegano perché un allenatore vincente come lo Special One è così controverso agli occhi dei tifosi..

22/05/2010
José Mourinho.
José Mourinho.

PERCHE' LO AMO

Antipatico è antipatico, un po' guascone, non privo di smargiassate. Ma, andiamo, quale vincente è mai stato simpatico, soprattutto se siamo stati battuti? Eppure la grandezza di Mourinho sta in questo, nel non aver alcun pudore di esultare per le sue vittorie, come ha fatto correndo verso il centro del campo e alzando il dito al cielo davanti agli 80 mila del Nou Camp (divenuto Mou Camp) di una Barcellona sconfitta: gesto di straordinario coraggio. "Sento il rumore dei nemici. Mi piace, mi esalta", ha detto in una delle sue affollatissime conferenze stampa. Così deve aver pensato Scipione prima di distruggere Cartagine, o Alessandro Magno prima delle sue battaglie. Il resto lo fanno la straordinaria preparazione tecnica con cui si cimenta prima di ogni partita, la conoscenza scientifica del calcio, la serietà con cui è capace di rivedere una partita anche diciotto volte, lo studio da entomologo di ogni giocatore del campionato.

     Quanto alle guasconerie mediatiche, anche un bambino capirebbe che fanno parte della pretattica, che sono un modo per proteggere i suoi giocatori, per farli sentire orgogliosi e mai vinti  e mettere pressione agli avversari. Con Herrera la stampa scoprì l'allenatore, con Mourinho la stampa è diventata il dodicesimo giocatore. Eppoi diciamolo, mai, mai una parola banale in un calcio come quello italiano, dominato da ipocrisia e frasi fatte. Un calcio in cui gli allenatori non sono capaci di andare oltre frasi tipo "siamo soddisfatti ma il campionato è ancora lungo, noi ci crediamo", oppure "avevamo davanti una squadra solida, compatta, ma siamo stati bravi a superare le incertezze".  Con il tecnico portoghese i match iniziano qualche giorno prima e finiscono con le dichiarazioni post partita.

     Amo Mourinho perché incarna lo spirito del calcio, e, come diceva Camus, il calcio è una straordinaria metafora della vita: giocare fino all'ultimo secondo senza arrendersi, fare di ogni vittoria una fonte di gioia e di ogni sconfitta un'occasione per riflettere sui propri errori e migliorarsi, guardare al campo come a una scacchiera, cimentarsi senza arrendersi mai, mettere in campo e negli allenamenti rigore, disciplina, puntualità, rispetto per l'avversario, ma anche fantasia e creatività, seminare altruismo (come ha fatto una stella di prima grandezza come Eto'o, che si è fatta formica e ha rinunciato a 30 goal trasformandosi in terzino pur di far vincere la squadra), aborrire la sciatteria, studiare fino all'ossessione i propri avversari, dispensare scaltrezza e  bellezza, non aver paura di niente e nessuno, considerare la partita come il punto di arrivo di un processo di studio e preparazione iniziato da lungo tempo con metodo e disciplina.

     Ricordate le parole dette ad Abramovich prima di allenare il Chelsea? "Motivazione più organizzazione più spirito di squadra uguale successo". Come tutte le cose importanti. José Mourinho è questo e altro, è il calcio moderno. Dopo di lui nessun allenatore potrà essere come prima anche se è passato come una meteora nel nostro campionato. E già mi manca.

Lorenzo Bianchi



PERCHE' LO DETESTO

Faccio parte di coloro che non verseranno lacrime se José Mourinho se ne tornerà a Madrid, dopo la finale. E' un bravo allenatore, non c'è dubbio, ma ce n'è di più forti in Europa e nel mondo. Capello è più forte di lui, sir Alex Ferguson è più forte di lui, Carletto Ancelotti, anche se è rimasto ingabbiato nella notte di Stamford Bridge, è più bravo di lui (ha preso per mano il Chelsea e gli ha fatto vincere la Premier league al primo anno). Benitez, il manager del Liverpool, è un vincente meglio dello "spaccone" di Setubal. E sospetto che sia più bravo di Mourinho anche il gladiatore Ranieri, colui che non ha fatto il miracolo per un soffio, davvero per un soffio.

     Dove è il più bravo di tutti, il nostro, lo ammetto, è nell'impatto mediatico. Capacissimo di rubare la scena a tutta la squadra con i suoi "tituli" , le sue manette e paccottiglia semantica del genere. Mourinho ruba la scena anche quando esce di scena e rientra negli spogliatoi per lasciare la squadra in campo a esultare sul capo del Bernabeu o di Stamford Bridge, o sull'autobus scoperto di piazza del Duomo. Sa che lo si nota di più se non viene e non se partecipa e si mette di tre quarti, come diceva Moretti.

     E così ci dimentichiamo che se l'Inter ha vinto tanto è perchè possiede Diego Milito, il campione dalla faccia di bandolero stanco, un bomber di prima grandezza assoluta, o ancora un portiere come Julio Cesar, capace di parare l'imparabile, un regista come Cambiasso di cui non si è accorto al mondo solo Maradona, forse più per invidia che per incapacità tecnica. O ancora perché esiste un muro vivente come Samuel o un talento assoluto come Maicon , misto di potenza e palleggio unico al mondo. E soprattutto perché esiste un presidente di nome Massimo Moratti, che ha fatto della squadra che fu del padre una macchina da guerra e un modello di organizzazione unico al mondo, tale da rivaleggiare col Manchester e col Barca.

     E allora facciamola finita con questa febbre da Mourinho. Uno che si mette a parlare di trasloco alla vigilia di una partita importante come la finale di Champions Madrid, invece di applicare un sano e umile silenzio stampa. E vediamo finalmente di dare anche a Cesar quel che è di Cesar. E anche di Eto'o, Zanetti, Snejder, etc.

Filippo Zanuti

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