Parma, il cantiere che non riparte

Traumatizzata dagli scandali che hanno travolto il Comune (commissariato), bloccata nei sogni e nelle speranze, la città di Verdi si avvia alle amministrative con indifferenza.

03/05/2012
la centralissima via Cavour, nel borgo storico di Parma (foto e copertina Ferrari).
la centralissima via Cavour, nel borgo storico di Parma (foto e copertina Ferrari).

Forse è suggestione, ma sotto questo cielo di primavera la città di Maria Luigia si presenta un po’ più grigia e un po’ più spenta. Sempre fascinosa e parigina, ma ripiegata su sé stessa e quasi indifferente alla campagna elettorale per le imminenti elezioni amministrative del 6 e 7 maggio. Una campagna in cui i candidati, almeno per il momento, fanno a gara nel dimostrare moderazione e sobrietà. Sembra passato un secolo da quelle famose elezioni del 1998 che fecero di Parma un caso nazionale. Dopo quasi 50 anni di governi di Centrosinistra vinse – anzi trionfò – una lista civica appoggiata dal Centrodestra ma guidata da un uomo che veniva dalla sinistra Dc, Elvio Ubaldi, rimasto poi al governo della città per due mandati consecutivi. Un decennio di orgoglio parmigiano, in cui i giornali di destra e di sinistra hanno raccontato un modello invidiabile, che coniugava efficienza, crescita e qualità della vita. Sono stati gli anni dei tanti cantieri e delle grandi mostre del Parmigianino e del Correggio, del Festival Verdi e dell’Authority alimentare. Parma ha sognato di essere diventata una città di dimensioni europee come i nuovi caffè in stile minimal che si affacciano sulla piazza del Duomo.

Piazzale della Pilotta, uno dei simboli di Parma (foto Ferrari).
Piazzale della Pilotta, uno dei simboli di Parma (foto Ferrari).

È stato brutale svegliarsi con il Comune sommerso dai debiti, le voragini del cantiere interrotto della Stazione e il blitz della Magistratura che, l’estate scorsa, ha messo in manette un gruppo di imprenditori e di dirigenti dell’amministrazione comunale, compreso il capo dei Vigili urbani e un assessore. Fatture gonfiate per lavori di giardinaggio mai eseguiti nei parchi ducali, un giro clientelare disposto a pagare tangenti in cambio di appalti. Un sistema organizzato per drenare denaro dalle casse del Comune.

Uno scorcio della città di Parma (foto Ferrari).
Uno scorcio della città di Parma (foto Ferrari).

«Siamo rimasti traumatizzati», spiega Alessandro Ratti, giovane direttore d’orchestra costretto a lavorare all’estero, come molti musicisti parmigiani. «Sentivamo che sulla città era scesa una cappa di piombo, nessuno però si sarebbe aspettato questo disastro». In mezzo, tra il sogno e l’incubo, le elezioni del 2007. Ubaldi, dopo due mandati successivi, aveva appoggiato il suo delfino, Pietro Vignali. Una vittoria facile e subito dopo il ripudio da parte dell’ex sindaco, passato all’opposizione. Il resto, nella città in cui anche i figli del popolo recitano a memoria i libretti di Verdi, assume i tratti del melodramma. Con l’acqua alla gola per i debiti, un buco di circa 500 milioni tra Comune e partecipate, Vignali non ha retto allo scandalo e si è dimesso alla fine dell’estate, consegnando il Comune al commissariamento proprio alla vigilia della stagione del Festival Verdiano. Il massimo dell’umiliazione.

La stazione ferroviaria di Parma (foto Ferrari).
La stazione ferroviaria di Parma (foto Ferrari).

Il “partito del fare” si è avvitato su sé stesso. I parmigiani, dopo aver espresso tutta la loro rabbia, si rifugiano nell’indifferenza. Almeno stando ai sondaggi. Il partito degli indecisi e degli intenzionati a non votare, a fine marzo, avrebbe superato il 35 per cento. Fermo al 45 per cento il candidato del Centrosinistra, Vincenzo Bernazzoli, con uno stacco di 20 punti rispetto alla lista civica “Civiltà parmigiana”, sostenuta dall’Udc, che nella sorpresa generale ha visto scendere in campo lo stesso Ubaldi. «In vent’anni di esperienza come amministratore non mi sono mai lasciato guai alle spalle», spiega Bernazzoli, che avrebbe concluso nel 2014 il suo mandato come presidente della Provincia, «da questo punto di vista mi sento un candidato tecnico». Per la verità la sua candidatura ha fatto storcere il naso a chi avrebbe preferito un outsider. Bernazzoli è considerato un fedelissimo al partito. Il suo programma è austero. «Bisogna tagliare le spese, anche se i cantieri in essere vanno finiti», ammette, «e poi puntare sul decentramento, passando dalla città dei cantieri alla città dei quartieri».

Il “partito del fare” rischia di essere liquidato anche per ciò che di buono è stato pro- A sinistra: uno scorcio della città. Pesa sulla testa dei parmigiani l’ultima umiliazione. Come estremo atto della sua amministrazione, Vignali ha restituito i fondi statali già stanziati per il progetto della metropolitana, in cambio di 70 milioni da impiegare per altri cantieri. È costernato anche il leone ferito, Elvio Ubaldi, che conta sul ballottaggio. «Mi sento tradito, anche se avevo capito subito che le cose stavano prendendo una brutta piega», si sfoga. «Sono stati presi da un vero delirio di onnipotenza, invece di investire nei progetti già approvati si sono lanciati in nuove avventure, senza ascoltare nessuno». Continua a credere nel progetto della metropolitana, che sarebbe servito per rivitalizzare il centro storico. «Gli obiettivi vanno individuati meglio, ma sbagliano quelli che vogliono liquidare la politica del fare. Il primo punto del mio programma è il lavoro: una città che non cresce è destinata a scomparire».

Le dieci liste in campo riflettono la frammentazione dell’opinione pubblica. Corrono da soli il Pdl, la Lega e il Movimento 5 stelle. Anche i comitati di protesta degli “indignados” corrono con una loro lista, “Parma bene comune” e una loro candidata, Roberta Roberti, insegnante di lettere alle superiori, dice: «Non vogliamo appropriarci della protesta, che ha coinvolto anche giovani, pensionati, gente non legata ai partiti. Vogliamo una città più attenta alla solidarietà e all’ambiente, non una vetrina, ma una città da vivere». Intanto i parmigiani aspettano. I grandi progetti sono fermi, in attesa delle elezioni. «Si è fermata anche la cultura», spiega Stefano Roffi, direttore artistico della Fondazione Magnani Rocca. «Per fortuna siamo una fondazione privata e abbiamo potuto andare avanti nonostante la crisi. Per noi il 2011 è stato un anno eccezionale». Un modello virtuoso, quasi 70 mila visitatori per le mostre dedicate a Ligabue e Toulouse-Lautrec, risultati eccellenti anche per la mostra in corso sugli illustratori della Divina Commedia. «Non c’è da meravigliarsi, ci sono molte energie che aspettano», commenta Alessandra Montanini, coreografa. «Bisogna chiamare a raccolta le idee e le competenze».

C’è chi rimpiange il vuoto che ha lasciato in città la scomparsa di Mario Tommasini, l’eretico del Partito comunista famoso per le battaglie per i carcerati, per i malati psichiatrici e per gli anziani. «Anche Parma è diventata una città più cinica e individualista», spiega Bruno Rossi, storico inviato del Corriere e oggi presidente della Fondazione Tommasini, «la solidarietà c’è ancora, ma cresce anche il bisogno. Basti pensare che ogni giorno ci sono tremila persone che mangiano alle mense della Caritas». Sul fronte disoccupazione Parma sta molto meglio rispetto alla media nazionale. In aumento esponenziale, al contrario, la disoccupazione tra gli immigrati che, stando al rapporto 2009 della Provincia, ha visto una crescita del 69 per cento. Un altro problema sulle spalle del prossimo sindaco.

Simonetta Pagnotti
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