23/11/2010
Alla fine di “Vieni via con me” un bel colpo d’ala, con la storia di don Giacomo Panizza e dei suoi disabili. Ma solo alla fine.
In questa fortunata trasmissione c’è parecchio squilibrio nella scelta dei tempi. Sui rifiuti a Napoli, e sulle connessioni camorristiche, chiunque abbia letto i giornali e seguito la Tv sapeva già tutto, o quasi. Saviano ha aggiunto qualche dettaglio, ma buttando via mezz’ora abbondante.
Quando invece entrano in scena un umorista di micidiali effetti come Corrado Guzzanti, un architetto di fama mondiale come Renzo Piano, due signore di alta qualità come Emma Bonino e Susanna Camusso, un asso del video come Zingaretti, via con la tagliola. Un vizio che si era notato già all’esordio, quando si è fatto leggere un temino scolastico a un uomo della statura di Claudio Abbado. Maestro eccelso, fine analista di costume che proprio in video aveva sostenuto vitalissime interviste.
Sarà anche la Tv dell’avvenire, come scrive qualche esegeta, ma questa faccenda degli elenchi precotti è difficile da digerire. Quanto alla scelta dei temi, Fabio Fazio sta diventando una sorta di Celentano delle classi evolute. Si dedica alle buone cause, ma con l’aria, diciamo la presunzione, di chi è il solo a difenderle. Non ha la balbuzie sintattica del cantante. Enuncia i guai nazionali in bello stile, senza però andare a fondo e prendersi responsabilità. Dovrebbe un po’ studiare le inchieste di “Report”, tanto dure e documentate da far rischiare alla Gabanelli la tutela assicurativa.
Questo, a Fazio, non capiterà. Quando ha concesso il minutaggio minimo a Maroni, più umiliato che premiato in questa lotta fra potenza e potenza, si è detto felice di averlo in studio. Sottinteso, i veti al ministro provenivano dal direttore di Raitre e dal capostruttura. Che c’entrava Fazio. Fosse per lui, oltre che di Welby e Eluana si parlerebbe perfino dei malati terminali che non vogliono staccare la spina.
Per fortuna, dicevamo, il raggio di luce portato da don Giacomo, straordinario sacerdote che vive ogni giorno sotto la minaccia della n’drangheta. Anche a lui hanno fatto recitare il decalogo d’uso: ma con quanta umanità, diversamente dagli altri, quanta poesia. Lo stesso Saviano, che parlando di immondizia si era diffuso sulle responsabilità della politica, cioè tutti colpevoli senza fare nomi e cognomi – vedi la differenza con la Gabanelli – ha trovato stavolta il linguaggio giusto.
L’operaio che si fa prete e, sceso dal nord, occupa in Calabria un palazzo confiscato ai malavitosi. Gesto che nessun altro, compresi i vigili urbani, aveva osato. Subisce vessazioni e risponde con il Vangelo. Non ha chiamato gli handicappati, è andato a trovarli, proteggerli, istruirli. Vicenda eroica, di quelle che non hanno imitatori.
Alla fine, forse scherzando, Saviano ha detto che la Rai gli aveva garantito altre quattro puntate. Fazio, ma qui davvero scherzava, ne ha promesse otto. Chissà se troverà il numero bastante di buone cause. Un suggerimento. Gli mancano per ora l’abusivismo e la cementificazione dell’Italia. Se ne parlerà, il raccordo con Celentano sarà completo.
Giorgio Vecchiato