Stefania, la ministra "dimessa"

Poca solidarietà alla Prestigiacomo proprio dalle donne: «Non si danno, se non si è delle incoscienti, questi strumenti agli avversari».

23/12/2010
Le ministre Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Stefania Prestigiacomo.
Le ministre Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Stefania Prestigiacomo.

Figuriamoci se i giornali non andavano a scomodare Almodovar, “donne sull’orlo di una crisi di nervi”, o a parafrasare il Larsson svedese del “Millennio”, donne che odiano le donne. Ieri la Carfagna, con la Mussolini e la Barbara Berlusconi che la massacrano, adesso la Prestigiacomo. Basta che una ministra si dimetta, schiamazzante oppure in lacrime, basta che una deputata offenda una collega, o magari la prenda a calci, ed ecco il riflesso automatico dei commentatori. E delle altre donne.

Le firme maschili seguono come ovvio il politically correct, guardandosi bene dal sostenere che le donne dovrebbero starsene a far la calza. Elogiano anzi la loro sensibilità, dono superiore che le porta a rendere umana quell’arida e interessata bestia che è la politica. Capiscono, giustificano, perfino apprezzano il pianto e lo sfogo, che le rendono tanto diverse dai mestieranti delle due Camere. Non c’è giornalista uomo, insomma, che non si sprechi in omaggi. Sotto i quali, unico neo, traspare la tesi che quelle lì saranno anche delle brave figliole, ma di sicuro non affidabili.

Allora citiamo una articolista donna, Maria Giovanna Maglie, che compare spesso in tv e scrive su un foglio di destra. Altro che toni riguardosi. “Ci scoccia che queste signore usino un metodo scorretto, sbagliato, inusuale, irrituale, piagnone, utilizzando al meglio il peggio del femminile”. Ci si dimette per quella che era, tutto sommato, una fesseria? Ma per favore. Facciano come gli uomini, prendendo atto che le loro cariche “richiedono sapiente perfidia, trama sotterranea”. Infine le conseguenze: “Non si danno, se non si è delle incoscienti, questi strumenti agli avversari”. Piglia su e porta a casa.

Proprio vero che anche dalle piccole cose si possono trarre corposi insegnamenti, Che le dimissionarie si irrigidiscano e facciano retromarcia è secondario. Per i seggi da ministri c’è la coda e, fuori un deputato, se ne compera un altro. Diverso e ben più importante è quell’aspetto che sta fra il politico e il sociologico: la parità dei sessi, il pro o contro le quote rosa, le possibilità per le donne di non essere schiacciate dai maschi. E, non ultimo, anche il male che le donne si fanno tra di loro.

Si tratti del Governo, del Parlamento, del Grande Fratello o degli Amici di Maria De Filippi, gli scontri più cattivi, condotti con maggior intento di ferire, sono indubbiamente quelli fra signore o fra ragazze. Le quali poi, votando per le elezioni serie come per le nomination, appoggiano preferibilmente i maschi. Mandando così all’aria, in piccolo come in grande, il fascinoso obiettivo della parità.

Non senza, tuttavia, un qualche vantaggio. Un Tremonti o La Russa che scoppiassero in singhiozzi davanti ai cronisti, lamentando torti e sopraffazioni, sarebbero squalificati a vita. Alla Carfagna e alla Prestigiacomo, il sesso forte magnanimamente perdona. Lo stesso alla Rosi Mauro che ha impasticciato una votazione al Senato. Sarà anche vicepresidente ma è solo una donna, poverina...

Giorgio Vecchiato
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