Don Vittorio, omelia contro omertà

Sacerdote in terra di camorra, fece sentire la sua voce con coraggio denunciando le estorsioni subite da alcuni fedeli, rompendo il muro di omertà. La storia di don Vittorio Cumerlato.

17/10/2012
Casapesenna (CE), paese dove don Vittorio svolge la funzione di viceparroco (Ansa).
Casapesenna (CE), paese dove don Vittorio svolge la funzione di viceparroco (Ansa).

Il coraggio della denuncia. Dal suo pulpito, durante un’omelìa. Chi credeva che fosse cambiato qualcosa capì che non era così. E chi è chiamato a far rispettare la legge capì che si doveva andare oltre. Roba di neppure 4 mesi fa, la denuncia. E ora, gli arresti.
Prima di allora, duri colpi erano stati assestati al clan dei Casalesi, fino all’arresto di Michele Zagaria. Un successo per inquirenti e forze dell’ordine, ma non abbastanza per chi era stretto nella morsa del pizzo. Poi, arrivò la denuncia, dall’altare: "Qui a Casapesenna è tutto come prima, questo paese non cambierà mai".

Don Vittorio Cumerlato, giovane viceparroco della chiesa Santa Croce di Casapesenna, fece sentire la sua voce, con gran coraggio. Quindi, spiegò alla polizia che si riferiva alle estorsioni subìte da alcuni fedeli, che finalmente decisero di uscire allo scoperto. Fu così che il muro dell’omertà (almeno, parte di esso) cominciò a cadere, una crepa dopo l’altra. E qualche mese dopo, i risultati tangibili dell’inchiesta che ne era scaturita.

Che don Vittorio non vede come un successo: “Piuttosto come una sconfitta, come ogni qualvolta ci sono degli arresti. Il successo è della giustizia, che fa il proprio dovere ed è chiamata a perseguire chi commette reati. Un uomo di chiesa, invece, certi episodi li accoglie con animo triste, perché quando c’è chi devia dalla retta via vuol dire che si è di fronte a una sconfitta: dobbiamo fare comprendere a chiunque come sia bello vivere seguendo le parole del Vangelo”.

Lui ha avuto coraggio, da buon uomo di chiesa: “Nessun coraggio particolare, non sono un eroe né un salvatore. Il nostro compito, mio e del parroco, è quello di fare ciò che il nostro ruolo ci impone”. Difficile, in posti come Casapesenna? “Ci si confronta con tanti problemi, certamente. La presenza della criminalità non pesa su di noi, quel che pesa è la fatica che bisogna fare a inculcare nella gente una logica differente, che esca da quel che troppo spesso di vede in giro e che parli al cuore della gente con la voce del Vangelo e la parola di Gesù”. Un duro nemico, l’omertà: “Il paese purtroppo è piccolo, ci sono vincoli e legami familiari anche molto stretti, che non aiutano la gente a prendere posizione. Io ho una fortuna: sono avvantaggiato nei rapporti con la gente, vengo da fuori (è originario del Vicentino, n.d.r)”.

In quella famosa omelìa, don Vittorio disse che Casapesenna non sarebbe mai cambiata. Ne spiega il senso, senza nascondere la speranza: “Il testo ce l’ho ancora, a distanza di mesi. Il significato era generale: nel senso che nulla può cambiare se la gente non cerca il bene. La libertà va conquistata con le azioni, non è un diritto acquisito. Il nostro compito è proprio quello: aiutare la gente a scegliere la strada giusta, in modo che si possa cambiare”.

Insomma, si può cambiare. Una strada esiste: “C’è bisogno di tempo, che aiuta ad accrescere la consapevolezza della gente. Perché è dal cuore dell’uomo che nasce la speranza. Quindi, non è neppure giusto generalizzare, bastonare, distruggere: se si dà il tempo di cambiare, il cammino è possibile, nel nome del Signore”.

Ivo Romano
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