Siria: 700 mila profughi, nessun aiuto

Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr, racconta la drammatica situazione dei profughi siriani. Il suo appello.

08/11/2012
Bambini siriani in un campo profughi in Giordania (foto © UNHCR/L.Boldrini/ottobre 2012 ).
Bambini siriani in un campo profughi in Giordania (foto © UNHCR/L.Boldrini/ottobre 2012 ).

"Non possiamo far vedere le nostre facce. Dobbiamo usare tutte le misure per proteggerci. Siamo la prova delle atrocità contro i civili indifesi. Noi che siamo riusciti a scappare e ora possiamo parlare, rappresentiamo la loro vergogna", sottolinea con forza una donna nel campo di Za’atri in Giordania, dove sono stati accolti circa 20 mila rifugiati siriani.

Sono donne e uomini traumatizzati e terrorizzati, che in presenza di fotografi e telecamere non vogliono mostrare il loro volto per timore di rappresaglie contro i familiari rimasti nel Paese. Ma non per questo rinunciano a raccontare e denunciare. Madri che spesso hanno visto morire i propri figli. Ragazze violentate. Giovani rimasti mutilati. Famiglie distrutte per sempre. La crisi siriana ha causato finora quasi 1,5 milioni di sfollati rimasti all’interno dei confini nazionali e circa 360 mila rifugiati fuggiti nei Paesi confinanti: Giordania, Libano, Irak e Turchia.

Questo quadro, se non si troveranno presto delle soluzioni, è destinato a peggiorare. Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, a fine anno i rifugiati potrebbero essere oltre 700 mila. La gran parte delle persone in fuga sono donne e bambini e provengono da centri abitati. Persone abituate a vivere in appartamenti confortevoli, con elettrodomestici, Tv e computer. Commercianti, muratori, casalinghe, imbianchini, gente della classe media che fa molta fatica ad adattarsi a un drastico cambiamento, come vivere sotto una tenda senza servizi.

Per ora solo pochi siriani si sono spostati lontano. Negli ultimi 20 mesi, infatti, sono state solo 16 mila le domande di asilo registrate nei 27 Paesi dell’Unione Europea, Norvegia e Svizzera. L’onere dell’accoglienza ricade quindi sui Paesi confinanti, che a loro volta vivono delicati equilibri e dunque nutrono molta preoccupazione per la sorte di questo conflitto.

Le agenzie delle Nazioni Unite hanno chiesto alla comunità internazionale di fare la propria parte ma per il momento all’appello mancano ancora molte risorse, oltre il 70%, senza le quali la vita dei rifugiati diventerà ancora più dura.

Laura Boldrini
(portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i Rifugiati-UNHCR)

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