Può piangere così una madre?

Si chiamavano Elena Patrizia, Fernando, Sebastian e Raoul, sono morti bruciati nella baracca di un campo abusivo alla periferia di Roma.

07/02/2011
I genitori dei quattro piccoli rom morti bruciati a Roma.
I genitori dei quattro piccoli rom morti bruciati a Roma.

Spaccano il cuore le urla e il pianto di Elena, la donna rumena di etnia rom che la sera di domenica 6 febbraio ha visto morire inceneriti quattro suoi figli. Elena Patrizia aveva 11 anni, Fernando 3, Sebastian 7, Raoul 5. Sono morti alla periferia di Roma, luno la via Appia Nuova, nell'incendio della loro baracca di plastica. Il fuoco è probabilmente stato innescato dalla scintilla di un braciere acceso per riscaldare il tugurio.

    La mamma era fuori a comprare del cibo. Un altra bambina era uscita a prendere l'acqua. Le fiamme hanno divorato la baracca in pochi minuti e non c'è stato nulla da fare per i bambini. La madre, Elena, insieme al capofamiglia Mircea, è rimasta impotente a vedere la morte dei suoi figli. I soccorritori l'hanno stesa su una barella cercando di offrirle conforto, ma il suo pianto e le sue urla sono proseguite senza sosta nella notte.

    La baracca nella quale sono morti i quattro bimbi rom faceva parte di un piccolo campo abusivo, uno dei tanti che spuntano nelle periferie romane. Ormai da anni è sempre la stessa storia: un via vai continuo di insediamenti e sgomberi. E spesso di tragedie. L'ultima vittima c'era stata lo scorso agosto. Anche allora era andata a fuoco una baracca in un piccolo campo abusivo nella periferia occidentale di Roma, nel quartiere Muratella, lungo la strada Roma-Fiumicino. Allora ci fu da piangere la morte di Mario, un bambino di 3 anni.

     A Roma sono stati censiti circa 7.200 rom. In tutto il Lazio sono 10 mila. Gli insediamenti rom nella capitale sarebbero un centinaio. Da tempo si cerca di trovare una soluzione per assicurare condizioni di vita decenti e dignitose alle famiglie dei nomadi. Esistono strutture attrezzate (una si trova proprio alla Muratella) ma i campo abusivi sono decine, spesso di minuscole dimensioni, come quello in cui sono morti domenica i quattro bambini. Ora il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che è accorso sul luogo della tragedia, si scaglia contro “i numerosi impedimenti burocratici che hanno rallentato la costruzione dei campi regolari”.  Alemanno annuncia che chiederà “urlando” al Governo di assegnare poteri speciali al Prefetto per realizzare finalmente tutti gli insediamenti organizzati. Peccato che le urla del sindaco debbano arrivare dopo il pianto straziato di una madre.

Roberto Zichittella
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Postato da xefren1 il 09/02/2011 13:23

Venisse alla nostra porta un arabo vestito di bianco, in rolls-royce e pieno di soldi, lo leccheremmo dopo esserci prostrati. Arrivasse un arabo in gommone, puzzolente e povero, lo ributteremmo volentieri a mare. Non è purtroppo razzismo il nostro, è egoismo, è la difesa del nostro benessere acquisito. Ben venga chi ci arricchisce di soldi, se ne vada chi ci chiede di condividere la sua povertà. È egoismo presente in tutti noi, in tutto il mondo.
Valter.

Postato da vkaspar il 09/02/2011 12:04

Il diritto di libera opinione consente di sentire di tutto e il contrario di tutto, ma di fronte a probblematiche alquanto serie e quasi "ataviche" non aiutano certo a trovare soluzioni concrete le "tuonate" da certi pulpiti, per lo più frutto di emotività, e prive di un minimo senso della misura.

Postato da enribea62 il 08/02/2011 11:50

Come non poteva accadere una tragedia simile, se viviamo in una società che ha dimenticato la parola solidarietà; se ci si fa vanto di essere razzisti; se ci si è dimenticati dell'insegnamento di Gesù, secondo il quale il bene è da fare verso chi non conosci e non a favore di chi ti è amico, amante, parente: troppo facile e soprattutto anticristiano amare solo chi ti ama e ti blandisce; se non riconosciamo più nel volto dell'Altro il nostro stesso volto; se gli stessi cristiani militando politicamente tra ex-fascisti, veri razzisti e finti liberali diventano loro stessi bandiera di un egoismo individualistico sfrenato dove il bene comune sparisce dalla sfera pubblica. Questo è il risultato disastroso che si è ottenuto a forza di predicare una libertà individuale fatta solo di diritti e mai di doveri di cura e di responsabilità verso i dimenticati.

Postato da elena58 il 08/02/2011 00:33

e la chiesa madre? dov'e la chiesa in queste occasioni? solo capace a giudicare??? il vangelo???????? chi lo conosce?

Postato da FRANCO PETRAGLIA il 07/02/2011 11:16

LA TRAGEDIA DI ROMA: INCENDIO NELL’INSEDIAMENTO DI VIA APPIA NUOVA ALTRE QUATTRO VITTIME INNOCENTI CHE L’ITALIA SI PORTA SULLA PROPRIA COSCIENZA Carissimo e stimatissimo Direttore, I quattro bambini rom morti nel rogo della loro baracca erano venuti in Italia nella speranza di dare una dimensione umana alla propria esistenza. La loro tragica fine ripropone drammaticamente il problema degli immigrati e accende non poche polemiche sugli insediamenti dei nomadi nelle città italiane. La Comunità europea sancisce, per quanto concerne la questione dei nomadi, che ci sono regole ben precise e quindi non bisogna fare altro fare che rispettarle e attuarle in pieno. Ed è proprio ciò che è venuto e viene a mancare in questa nostra Italia affaccendata in ben altre faccende politico-giudiziario-amorose. Le sterili e inopportune parole (geremiadi) del sindaco Alemanno, dopo la raccapricciante morte dei quattro virgulti, non fanno altro che amareggiare e offendere l’opinione pubblica italiana. La lunga scia di morti (in situazioni analoghe) dal gennaio 2005 all’agosto 2007, tra Milano e Livorno, si commenta da sé. Il mio accorato appello è diretto ai numerosi Paesi europei, Italia compresa, accusati di non adeguare la propria legislazione sulle minoranze etniche alle norme comunitarie. Si sappia che queste morti atroci peseranno sulla coscienza della nostra Italia come macigni. Per me, visto che questi “figli del vento” non li vuole nessuno, il problema dell’immigrazione – insediamenti Rom non può essere che di natura razzista-xenofoba: inammissibile odio viscerale e atteggiamento di disprezzo, intolleranza nei confronti di tanti “poveri” stranieri. Svegliamoci dal sonno profondo dell’atarassia in cui siamo precipitati. Siamo vicini a chi patisce realtà di emarginazione, di violenza, di sfruttamento, di fame. Solo così possiamo ricomporre la disarmonia instaurata dall’ingiustizia che affanna questi popoli indigenti e, obbedendo ad una esigenza della nostra coscienza, vivere fino in fondo la sublimità della nostra fede: progetto cristiano di amore e fratellanza. Ringrazio vivamente per la cortese accoglienza e porgo molti cari saluti.
Franco Petraglia – Cervinara (AV)

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