08/01/2011
Un momento della manifestazione svoltasi a Rosarno per ricordare i drammatici fatti di un anno fa.
"A Rosarno tutto è cambiato, nulla è cambiato", ci dice monsignor Pino
De Masi, vicario generale della diocesi di Oppido Palmi e referente di
Libera. Davanti a noi sfila un corteo di immigrati extracomunitari per
ricordare i giorni dell'ira dello scorso anno, quando centinaia di
braccianti si ribellarono scendendo in strada e scatenando la reazione
violenta di frange della popolazione locale.
Ci sono le bandiere dei
sindacati, che hanno inaugurato nuove forme di protezione sociale. Un
pullmino della Cgil fa la spola tra gli agrumeti per intercettare i
bisogni dei braccianti e renderli partecipi dei loro diritti. La paga è
a cottimo, un euro a cassetta. Ma la maggior parte delle arance restano
a terra. Non conviene per quello che pagano i grossisti, la concorrenza
degli agrumi spagnoli o nordafricani è sempre troppo forte.
"La
situazione e' peggiorata per loro", spiega Bartolo Mercuri, che ogni
martedì e venerdi col suo nuovo pulman (gliene hanno gia' bruciati due)
li va a prendere nei campi della raccolta di arance e li porta al centro
di accoglienza Il Cenacolo, da lui fondato. "Oggi se non hanno il
permesso di soggiorno non li prendono. E così restano nella zona in
condizioni di povertà spaventosa, in attesa che le cose cambino. Oggi il clima è diverso. La nostra gente è solidale con loro. Li
aiuta, li considerano amici. Ma molte cose sono addirittura peggiorate. I
grandi ghetti hanno ceduto il posto ai casolari di campagna, spesso a
cielo aperto. Il lavoro nero persiste, anche se ci sono più controlli".
Le etnie si rincorrono come su un palinsesto della storia in questa
piana di Calabria stesa tra il mare e l'Aspromonte. E' cosi' da secoli.
Molti africani non sono tornati, sono stati sostituiti dai rumeni e dai
bulgari. La novità a Rosarno è il nuovo sindaco Elisa Tripoti, a capo
di una giunta di centrosinistra, dopo due anni di commissariamento per
"infiltrazioni mafiose". Il suo programma è semplice e complicato in
questa terra di paradossi: ritornare alla normalità, che a Rosarno
significa ripristino della legalità, i lampioni delle strade, un
servizio decente di raccolta rifiuti. Cose cosi, facili e difficili allo
stesso tempo, in un Comune dove i clan della 'ndrangheta cercano di
dettare la loro legge.
Quello che il sindaco non può fare è lottare
contro una crisi ancora più cruda di quanto fosse lo scorso anno, che ha messo in
ginocchio l'intero settore agricolo rosarnese, la linfa vitale di questo
Comune. "Ma io credo che Rosarno possa farcela", conclude il nuovo
sindaco, "proprio a partire dlla collaborazione tra locali e immigrati.
Le guerre tra poveri hanno fatto il loro tempo, non c'è futuro senza
collaborazione reciproca".
Francesco Anfossi