India: per Rushdie è sempre fatwa

Lo scrittore dei "Versetti satanici" avrebbe dovuto partecipare al Festival della letteratura di Jaipur, ma i fondamentalisti islamici hanno reagito mandando dei sicari per ucciderlo.

21/01/2012
Il logo del Festival della letteratura di Jaipur (India).
Il logo del Festival della letteratura di Jaipur (India).

E' cominciato ieri, fra mille polemiche, il più importante festival letterario indiano, a Jaipur, in Rajastan. Ad avvelenare la manifestazione, le accese proteste della comunità musulmana per l'annunciata presenza dello scrittore Salman Rushdie, autore del controverso romanzo Versetti satanici. 


     Il libro, uscito nel 1988, ritenuto blasfemo dall'ortodossia islamica, provocò violente reazioni di condanna e, un anno dopo, l'ayatollah Komehini decretò la fatwa, ovvero la condanna a morte, del suo autore. Rushdie, nato in Inghilterra ma di origini indiane, vive da allora a Londra, sotto protezione. L'intolleranza si concretizzò nell'omicidio del traduttore giapponese del romanzo, e nell'aggressione di due traduttori, uno norvegese e l'altro italiano, Ettore Capriolo. 

     In India il libro, bandito dalla censura, non è mai stato pubblicato. Appena si è sparsa la voce che il festival di Jaipur – che coinvolge 262 autori provenienti da tutto il mondo, e migliaia di spettatori – prevedeva, fra gli altri, la presenza dello scrittore indo-britannico, sono cominciate le proteste di alcuni gruppi musulmani ortodossi, che hanno minacciato di far saltare la manifestazione. Fra le varie iniziative dei fondamentalisti, un premio di 100.000 rupie (1.500 euro), per chi avesse tirato una scarpa in faccia a Rushdie.

    Ma il fanatismo non si è limitato alle invettive. I servizi segreti indiani hanno infatti informato lo scrittore della presenza nello stato del Rajastan di sicari pagati per eliminarlo. Rushdie ha quindi deciso di cancellare la sua partecipazione al festival, limitandosi a intervenire via satellite. Indignazione e solidarietà da parte di tutti gli autori presenti alla manifestazione letteraria che, per protesta, hanno deciso di leggere ad alta voce, durante i loro interventi, alcuni brani dal famoso romanzo, in nome della libertà di espressione e contro la censura culturale in vigore in India. 

     Come reagirà la comunità musulmana, davanti a questo “pubblico insulto”? Il mondo letterario indiano attende la risposta col fiato sospeso.

Marta Franceschini
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