Sciopero, non basta la parola

La giornata di mobilitazione europea contro l'austerità e la precarietà non ha dato i risultati previsti. Ecco le ragioni.

15/11/2012
Un'immagine dello sciopero scattata a Milano (Ansa).
Un'immagine dello sciopero scattata a Milano (Ansa).

Un'occasione perduta, tra divisioni e violenze? Questa è la conclusione che comincia a farsi strada dopo il primo sciopero transnazionale europeo che ieri ha portato decine di migliaia di persone nelle piazze di 23 Paesi su iniziativa della Confederazione europea dei sindacati.


Questa è la didascalia della giornata. Se si prova ad approfondire, però, la fotografia si scompone in una serie di immagini più difficili da coordinare. La partecipazione, per esempio: alta nell'Europa del Sud (Italia, Portogallo, Spagna...), assai più contenuta in quella del Nord, a partire dalla Germania. Come dire: i problemi sono comuni, ma poi ognuno li affronta a modo suo e, soprattutto, in proporzione allo stato di salute del proprio portafogli.

E poi la vaghezza della chiamata. Battersi contro "la precarietà e l'insicurezza sociale", come proposto dagli organizzatori è come battersi contro la pioggia e per il bel tempo. Sono anni tremendi per molti milioni di persone in tutta Europa. Ma in tutta Europa, di nuovo, si ha la sensazione che le politiche fin qui applicate (a livello di Unione Europea come di Stati nazionali) abbiano poche alternative.

Basta guardare alla situazione italiana. Il Governo Monti è criticatissimo, e certo qualche volta a ragione. Ma sapreste indicare una proposta alternativa e credibile alla cosiddetta "politica dei sacrifici"? Ce l'hanno i partiti? I sindacati? Gli intellettuali? Gli industriali? Qui non si tratta di mettere o no la patrimoniale, di aumentare o no l'Iva. Si tratta di decidere che cosa bisogna fare del Paese. A quel livello, almeno finora, sono stati tutti ben lieti di lasciar fare ai disprezzati e crudeli "tecnici". Ed è così un po' dappertutto, in Europa. Un solo esempio: Mariano Rajoy, il premier della Spagna, è sommerso dalle critiche. Ma quando gli spagnoli sono andati a votare in Galizia, nell'ottobre scorso, ha vinto ancora lui.

E poi, tornando allo sciopero europeo, ci sono state le violenze. Su questo occorre esser chiari: hanno punteggiato le manifestazioni in Italia, Spagna e Portogallo (assai meno del temuto in Grecia), ma con i sindacati non hanno nulla a che vedere. Da quando la crisi ha cominciato a mordere, nel 2008, ci sono (inevitabilmente, dovremmo forse aggiungere) frange più ciniche o disperate che approfittano di ogni occasione. La manifestazione degli studenti o il Treno ad Alta Velocità, la causa non importa, conta solo poter volgere in disordini di piazza qualunque protesta. E' successo anche ieri, succederà ancora.

Da questo punto di vista è, paradossalmente, più grave l'indifferenza alla giornata di moltissimi cittadini. Non perché si sia obbligati a scioperare ma perché la partecipazione è un valore da salvaguardare. L'idea che i nostri Paesi siano popolati da masse di persone così oppresse dai problemi e dalla necessità da sentirsi impegnate solo a "tirare a campare", ci dà la dimensione vera, e più angosciante, della crisi.






Fulvio Scaglione
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Postato da Franco Salis il 17/11/2012 09:14

Ribadisco di essere in possesso di una laurea in economia…domestica. Ma in considerazione della esperienza che ho alle spalle, credo di comprendere, seppure in tempi lunghi, le analisi fatte da altri. Pertanto non potevo non cogliere, sebbene detto di straforo il problema della PATRIMONIALE. E ci vuole un bel coraggio dal momento che l’altra stampa cattolica o di diverso orientamento ne parla poco. Perché se ne parla poco? Perché è un dente cariato che fa male a molti e quindi si raddrizzano le antenne. Qualcun altro, non degno di menzione, direbbe: “ siamo in uno stato di polizia finanziaria”. Quindi sono consapevole che maggiormente in periodo di crisi, usare la massima prudenza è cosa sempre auspicabile. E credo che sia per questo che Monti, nonostante i sacrifici che ci ha imposto, riscuote consenso. TUTTAVIA CONTINUO A PENSARE CHE LA PATRIMONIALE SIA L’UNICA STRADA PERCORRIBILE CHE ASSICURA LA RISOLUZIONE DELLA CRISI CON EQUITA’ OGGI QUASI DEL TUTTO ASSENTE. Non si può continuare a pretendere equità e allo stesso tempo adorare il vitello d’oro. Proprio questa pomeriggio(del 16.11) rileggevo il documento “nota del pontificio consiglio della giustizia e della pace”, del 24.10.2011. La parte relativa all’analisi mi appare condivisibile, mi ha costretto però a rivedermi anche altri documenti ad esso collegati quale la Conferenza di Bretton Woods, il neo liberismo e lo stesso piano Marshall, se non altro perché di quest’ultimo sono stato beneficiario(non me ne vergogno). Ma è del tutto assente “l’auspicata la riforma del sistema finanziario”. Perché non esiste altro sistema , dico io, titolare di laurea in economia domestica. E’ invece ribadito il fine etico della finanza e della economia . l’auspicata “autorità finanziaria mondiale” esiste già nella “vecchio” sistema . Si tratta soltanto di “purificarla” tagliando le parti marce e rivitalizzando anche e soprattutto moralmente i nuovi germogli. Ma il problema è: a chi affidare il compito della “purificazione”? Io qualche idea ce l’avrei, per esempio Marcinkus, ma è morto, Roberto Calvi, ma lo hanno “suicidato”, “l’Opus dei”, mah. Quest’ ultimo fa parte anche del “secondo Todi”, il cardinale Tarcisio Bertone, ma si è lasciato fregare da un faccendiere. Il cardinale di Milano Scola. Letta intervista (la Repubblica.it del 15.11.12?) Belle le risposte alle domande. Io ho sempre diffidato della furbizia : guardate che furbizia nella risposta alla quarta domanda quella sulla libertà religiosa! Martini era invece intelligente: davanti a domande non sempre all’altezza, riprendeva la domanda la riportava su un piano più elevato, e dava la sua risposta adeguata, non una bella ma aperta a diverse soluzioni. Allora facciamo ricorso all’università,(dove l’ho letto? Non me lo ricordo) dove si formano le giovani leve. Dove i docenti illuminati illuminano i discenti e li aprono al sapere e alla sapienza! Non ho trovato un passo illuminante, di autore di orientamento cattolico su quello che è l’insegnamento nelle università pontificie. Per farmi perdonare, vi ripropongo una dichiarazione di don Mazzi. “Io sono un prete da strada, non sono passato in seminario, se fossi passato in seminario, non mi sarei fatto prete”. La formazione anche di alto livello risente dell’esigenza di giustificare sempre e comunque la “tradizione cristiana” anche quando in essa trovi crimini non dicibili, che non sono estrapolabili ,come invece si pretende. Ma allora, che fare? Una cosa da fare c’è: Il Papa accolga le riflessioni del compianto cardinale Carlo Maria Martini, “assuma dodici persone" e dica: Ricominciate da capo, lavorate con loro la vigna del Signore. Cosa c’entra tutto questo con l’articolo proposto? C’entra moltissimo. La situazione di forte disagio , che anticipa conflitti, è data dall’umus che si è creato. Se chi è maggiormente responsabile con tanto di faccia tosta, si estranea mettendosi non solo al di fuori ma anche al di sopra, i problemi non verranno mai risolti. Ajò

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