Poveri insegnanti, povera scuola

Gli stipendi dei maestri e dei professori italiani in media sono inferiori del 40% rispetto a quelli degli altri Paesi. Il quadro impietoso tracciato dall'Ocse.

18/09/2011

Non c’era bisogno di aspettare i risultati del rapporto comparativo sullo stato di salute della scuola dei Paesi Ocse per scoprire che nel nostro Paese i problemi dell’istruzione sono precipitati agli ultimi gradini nella scala del pubblico interesse. Con quel velo di ipocrisia che fa disperare sulla possibilità di una risalita, almeno in tempi brevi. A tal punto che, dopo l’ennesima bocciatura del nostro sistema scolastico, al ministero di viale Trastevere, anziché strapparsi i capelli, hanno deciso di autopromuoversi, emanando un comunicato che esprime soddisfazione da parte del ministro Gelmini e del suo staff.


     Il dato più grave dell’indagine Education at a Glance 2011,  appena pubblicata,  riguarda proprio la classe insegnante, che era e rimane il nodo del problema. Gli stipendi dei maestri e dei professori italiani sono mediamente inferiori del 40%  rispetto alle retribuzioni degli altri paesi Ocse. Come dire che un giovane preparato e talentuoso, nel nostro Paese, dovrebbe sopportare anni e anni di precariato per ambire a uno stipendio da fame. Senza prospettive di cambiamento. 

    Infatti, se tra il 2000 e il 2009 nei Paesi Ocse gli stipendi degli insegnanti sono aumentati in media del 7%, in Italia sono addirittura diminuiti di un punto. Non sono questi i presupposti di una scuola di qualità, inutile nasconderlo. Se i Governi di centro e di centrosinistra nel passato hanno creato non pochi danni, con la complicità dei sindacati, quello attuale deve dichiarare il suo fallimento. Erano partiti lancia in resta, con l’obiettivo di ridare alla classe insegnante maggior considerazione presso l’opinione pubblica, il che mal si concilia con una delle retribuzioni più basse nella scala impiegatizia. 


Non ancora classi pollaio, però...

D’altra parte, se ce ne fosse bisogno, il rapporto conferma che la scuola non è una priorità per i nostri politici : nel 2008 l`Italia ha speso il 4,8% del Pil per l’istruzione, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto al totale Ocse, posizionandosi al 29 posto su 34 Paesi. Senza considerare che, su 33 paesi dell'Ocse i cui dati sono disponibili, l'Italia è uno dei pochissimi (insieme a Grecia, Lussemburgo e Messico) che non prevede  ispezioni scolastiche, né valutazioni del proprio operato da parte di ciascuna scuola.

     Diventa difficile, a questo punto, accontentarsi dei pochi numeri che tornano. E che, in ogni caso, vanno interpretati. Secondo il Rapporto, infatti, i nostri studenti, nel corso dell’anno, stanno sui banchi un po’ di più degli altri. Il tempo scuola, negli altri paesi Ocse, è in media di 6.732 ore mentre in Italia andiamo sino a 8.316 ore. Basta buttare sulla bilancia le ore del tempo lungo o del tempo pieno delle scuole primarie del Nord e del Centro, in controtendenza rispetto al Sud, per dare conto di un primato che non può essere considerato, di per sé, un indicatore di qualità. 

     Ancora. Nonostante i tagli non saremmo ancora arrivati, secondo il Rapporto, alle classi pollaio. In media nei Paesi Ocse vi sono 16 studenti per insegnante nella scuola primaria, che diventano 13,5 al livello secondario e 14,9 al terziario, ossia alle superiori. La proporzione studente-insegnante va da 24 studenti e oltre per insegnante in Brasile e Messico, a meno di 11 in Ungheria, Norvegia e Polonia. In Italia, la proporzione è di 10,7 al livello primario, di 11 al secondario e di 18,3 al terziario. 

     Chi conosce la peculiarità della geografia italiana, con le debite differenze tra scuole di città, isole e montagna, sa bene che, nonostante i numeri sulla carta, c’è poco da illudersi, specialmente nelle classi  che si addossano il compito non facile, e di certo non eludibile,  dell’integrazione degli alunni disabili e dei figli dell’immigrazione. 

     La qualità è data dai risultati, che stentano purtroppo ad arrivare quando manca la passione educativa. Se ne sono accorti anche gli ex fan del ministro Gelmini di Comunione e Liberazione che quest’anno, al Meeting di Rimini, non le hanno offerto la consueta platea. Anzi. Il coro delle critiche dei seguaci del movimento è sfociato in un appello sulle colonne del quotidiano Avvenire che ha raccolto oltre 15.000 firme, tra cui quelle di intellettuali come Luciano Violante e Angelo Panebianco. 

     Il nodo delle critiche riguarda, ancora una volta, il problema del reclutamento degli insegnanti. Se il ministro Gelmini continua a strizzare l’occhio ai sindacati, per contenere le proteste ai tagli, intasando la scuola con l’assunzione dei precari storici, senza scremature né concorsi, i giovani laureati dopo il 2008 non avranno accesso all’insegnamento per i prossimi 5 o addirittura 10 anni. Qualcuno può illudersi che i migliori, per quanto motivati, non cercheranno da subito altre strade?  

Simonetta Pagnotti
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Postato da folgore il 26/09/2011 21:28

Qualche volta sarebbe il caso di guardare alle cifre e al risultato. Se io devo mettere mano al portamonete per pagare dapprima le tasse e poi anche andare da un privato per avere lo stesso servizio che dovrebbe essermi elargito da quel pagamento di tasse, allora sono non solo tassato ma anche mazziato. Così vale anche per la scuola. “I governi tutti – è il classico motivetto – elargiscono poco alla scuola che si trova ad essere malmessa”. Ma ne siamo veramente sicuri? Non è che semplicemente quei soldi sono spesi male. Stiamo sempre parlando di una spesa (dati OCSE) di 100.000 $ in totale per ogni studente che arriva al diploma di scuola media superiore. Se sono bruscolini ditelo. Una cifra che, tra l’altro, è anche di poco superiore alla media OCSE. Occorre anche tenere conto i PIL dei singoli Stati prima di andare a valutare le spese di altre nazioni come la Germania. Se – sempre da dati OCSE – andiamo a raffrontare spese per l’istruzione primaria e secondaria con i vari PIL si nota che in percentuale spendiamo più della Francia, Germania e Gran Bretagna. Ma la domanda è sempre una: spendiamo male? O la scuola è stata vista per decenni come un rimedio alla disoccupazione?

Postato da Franco Salis il 22/09/2011 07:30

@ giggio il 18/09/2011 18.58. Prima di tutto devi considerare che il tempo “insegnamento” non è tutto il tempo che l’insegnante dedica al suo lavoro. Così come il tempo lavoro dell’avvocato non si esaurisce nella mezz’ora di durata dell’udienza,infatti perché viene concesso un lasso di tempo all’avvocato i così detti “termini a difesa”? Oggi poi il tempo lavoro nella scuola è molto aumentato,che poi non consegua adeguata produttività,è un altro discorso. L’insegnante statale è, in quanto statale intoccabile,ma la stragrande maggioranza lavora sodo,qualcuno anche più del dovuto,non mancano i lavativi,come in ogni amministrazione statale. Per quanto riguarda il “riposo” estivo,va detto che l’insegnamento è un lavoro usurante,come riconosciuto ufficialmente dalla Spagna (già da prima di Zappatero) Lo stesso ragionamento dicasi per il numero delle ore settimanali (18 ore che corrispondono alla metà,ma se aggiungi il lavoro extra insegnamento giungi almeno a trenta) vale lo stesso discorso: Infatti il lavoro dell’insegnante consiste nell’avvicinare lo studente alla preparazione dell’insegnante cioè verso l’alto,se aumenti il numero delle ore corri serio rischio di avere il processo inverso. Questo fenomeno avveniva(non so se avviene ancora) nelle scuole materne autonome dove una suora rimaneva al servizio della classe dalle otto del mattino fino alle diciotto, se aggiungi l’impegno proprio delle suore (levata mattutina,orazioni etc).vedi che cosa ne vien fuori. Altro punto di riflessione per rispondere alla tua domanda. Un bancario se veniva mandato ad una sede distante dodici kilometri da quella in cui lavorava,prendeva come indennità più dello stipendio di insegnante. L’insegnante che viene spedito ad una scuola distante cinquanta Km,peggio se strada di montagna,non prende un cent di euro,anzi,avrebbe il dovere di risiedere. Obbligo in verità mai imposto o comunque sin dall’inizio dell’a.s. dispensato. Quindi allo stipendio sottrai il costo di trasferimento,e all’orario aggiungilo. Ma negli altri paesi,vigono le stesse problematiche. Nel U.K. per esempio c’è da rilevare fra l’altro che il corso di studi delle “superiori” è di quattro e non di cinque. Dico subito che non manca la quinta,ma piuttosto la seconda. troppo lungo spiegarne i risvolti pedagogici,ma sono rilevanti. Il risultato è che a diciotto anni il giovane può decidere di entrare nel mercato del lavoro o iniziare l’Università un anno prima dei nostri giovani. Lo studente è più motivato per due ragioni:prima studia solo cose attinenti al corso di studi senza fronzoli (sbagliato) e sa di poter lavorare appena chiuso il ciclo di studi (buono).Per l’Università valgono le stesse riflessioni. Ciao

Postato da Franco Salis il 20/09/2011 13:01

@ giggio il 18/09/2011 18.58. Prima di tutto devi considerare che il tempo “insegnamento” non è tutto il tempo che l’insegnante dedica al suo lavoro. Così come il tempo lavoro dell’avvocato non si esaurisce nella mezz’ora di durata dell’udienza,infatti perché viene concesso un lasso di tempo all’avvocato per i così detti “termini a difesa”? Oggi poi il tempo lavoro nella scuola è molto aumentato,che poi non consegua adeguata produttività,è un altro discorso. L’insegnante statale è, in quanto statale, intoccabile,ma la stragrande maggioranza lavora sodo,qualcuno anche più del dovuto,non mancano i lavativi,come in ogni amministrazione statale. Per quanto riguarda il “riposo” estivo,va detto che l’insegnamento è un lavoro usurante,come riconosciuto ufficialmente dalla Spagna (già da prima di Zappatero) Lo stesso ragionamento dicasi per il numero delle ore settimanali (18 ore che corrispondono alla metà,ma se aggiungi il lavoro extra insegnamento giungi almeno a trenta) vale lo stesso discorso: Infatti il lavoro dell’insegnante consiste nell’avvicinare lo studente alla preparazione dell’insegnante cioè verso l’alto,se aumenti il numero delle ore corri serio rischio di avere il processo inverso. Questo fenomeno avveniva(non so se avviene ancora) nelle scuole materne autonome dove una suora rimaneva al servizio della classe dalle otto del mattino fino alle diciotto, se aggiungi l’impegno proprio delle suore (levata mattutina,orazioni etc).vedi che cosa ne vien fuori. Altro punto di riflessione per rispondere alla tua domanda. Un bancario se veniva mandato ad una sede distante dodici chilometri da quella in cui lavorava,prendeva come indennità più dello stipendio di insegnante. L’insegnante che viene spedito ad una scuola distante cinquanta Km,peggio se strada di montagna,non prende un cent di euro,anzi,avrebbe il dovere di risiedere. Obbligo in verità mai imposto o comunque sin dall’inizio dell’a.s. dispensato. Quindi allo stipendio sottrai il costo di trasferimento,e all’orario aggiungi i tempi di trasferimento. Ma negli altri paesi,vigono le stesse problematiche. Nel U.K. per esempio c’è da rilevare fra l’altro che il corso di studi delle “superiori” è di quattro e non di cinque. Dico subito che non manca la quinta,ma piuttosto la seconda. troppo lungo spiegarne i risvolti pedagogici,ma sono rilevanti. Il risultato è che a diciotto anni il giovane può decidere di entrare nel mercato del lavoro o iniziare l’Università un anno prima dei nostri giovani. Lo studente è più motivato per due ragioni:prima studia solo cose attinenti al corso di studi senza fronzoli (sbagliato) e sa di poter lavorare appena chiuso il ciclo di studi (buono).Per l’Università valgono le stesse riflessioni. Ciao

Postato da dino avanzi il 20/09/2011 12:42

mi trovo in sintonia con quanto scritto da giggio.

Postato da GiulioS. il 19/09/2011 12:12

Posso dirvi che la situazione è drammatica! le mie figlie 1 e 2 elementare dopo 2 settimane di scuola non hanno ancora l'insegnante e nonostante le insistenze di tutti noi genitori ancora non si riesce a sapere nulla dal direttore scolastico. Il ministro Sacconi ha scritto al direttore di Avvenire descrivendo quanto lavoro il governo ha profuso nella difesa dell'idea di famiglia... L'idea? Loro hanno ditrutto e hanno intenzione di distruggere la famiglia!! Nulla hanno fatto e se il ministro capisse qualcosa di cattolicesimo e cristianesimo saprebbe che la fede si regge sui TESTIMONI! Loro che cosa stanno testimoniando??? Che cosa testimoniano?? Che è diventato impossibile persino ascoltare un telegiornale con la famiglia per le cose indicibili che si è costretti a sentire?? Non devono scrivere ai giornali per difendersi dai lettori cattolici stufi delle loro malefatte si tratta DI FARE QUALCOSA DI CONCRETO PER LE FAMIGLIE!!! E una delle cose da fare è migliorare la scuola!

Postato da Franco Salis il 18/09/2011 19:58

Il servizio merita osservazioni. Prima di tutto mi chiedo se tutti i lettori di F.C. si ricordano quali sono i paesi facenti parte dell’OCSE,in dubbio li riporto : Australia, Austria, Belgio, Canada, Corea del Sud, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria. Si può rilevare che circa dieci Paesi hanno un ricchezza decisamente inferiore a quella italiana,eppure hanno indici scolastici più elevati.(Se sbaglio,correggetemi). Gli ispettori il ministero ce li ha,ma hanno solo scopo punitivo. Tu insegnante puoi fare quello che ti pare in nome di una male intesa libertà di insegnamento,ma guardati da avanzare critiche al ministero. La Gelmini spudoratamente ha minacciato gli insegnanti ,come se fosse una questione ordinaria amministrazione. Quello che manca non sono gli ispettori ,ma piuttosto di criteri di valutazione dell’operato della singolo insegnante e singola scuola. In difetto dominava e domina l’anarchia in nome di una male intesa libertà di insegnamento. In questo clima si procuravano enormi danni dal punto di vista educativo,che non sto ad elencare. Leggo“Se i Governi di centro e di centrosinistra nel passato hanno creato non pochi danni, con la complicità dei sindacati, quello attuale deve dichiarare il suo fallimento” .Giudizio quasi vicino alla realtà,ma un po’ ingeneroso per alcuni motivi: esigenze di politica generale imponeva “unità” dei partiti confederali (Cgil Cisl Uil) anche contro l’avanzamento del sindacato autonomo e non ci si rendeva conto che si trattava del gatto che rincorre la coda. Così che la Cgil puntava a mantenere bassi gli stipendi per punire gli insegnanti perché non aderivano alla loro organizzazione,né votavano il partito di cui essa era la “cinghia di trasmissione” in compenso dilatavano il tempo scuola anche in funzione di categorie di insegnanti,e quindi maggiore occupazione. E così il monte ore aumentava. Detto questo non posso però rilevare che sin dal 1955 dai programmi si scuola elementare è stato tolta l’espressione “L'insegnamento religioso sia considerato come fondamento e coronamento di tutta l'opera educativa”,che assicurava la laicità alla scuola statale e non mi risulta che la gerarchia ecclesiastica abbia fatto storie. Il tutto non è cosa di poco conto,grazie a una scelta del governo retto dalla tanto vituperata D.C. Ma più forte è stato l’impegno col centro sinistra con il governo Fanfani con l’abolizione delle scuole di avviamento professionale riservate agli operai con l’istituzione della scuola media unica dalla grande valenza politica e sociale perché la rendeva obbligatoria e gratuita a tutti aprendo gli occhi ai figli degli operai che hanno potuto verificare di quali privilegi aveva goduto il figlio del “padrone”.Al fine di controbilanciare possibili derive,rimanevano i patronati scolastici,che sappiamo da chi erano gestiti. CIO’ CHE PIU’ MI INTERESSA NON E’ TANTO QUESTO O QUEL RITOCCO CHE PUO’ AVVENIRE ANCHE CON LA GELMINI,MA PIUTTOSTO LA DISCUSSIONE DEL SISTEMA SCOLASTICO INTEGRATO DI CUI L’AVVOCATO GIUSEPPE TOTARO E’ IL PIU’ ILLUSTRE STUDIOSO,IN DIFETTO LA SCUOLA ITALIANA NON POTRA’ MAI ASSUMERE UNA POSIZIONE DI RILIEVO.

Postato da giggio il 18/09/2011 18:58

Gli stipendi degli insegnanti saranno anche più bassi degli altri paesi, ma non pensiamo che gli insegnanti percepoiscono 13 mensilità per lavorarne quando va bene 10 e a orario ridotto.Facendo la debita proporzione con gli orari di lavoro/ferie di un impiegato normale quando dovrebbe prendere quest'ultimo di stipendio?

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