Se l'Europa ci mette le mani in tasca

Il prelievo forzoso richiesto ai depositi di Cipro inquieta l'Europa. Ma è una decisione saggia o la prova dell'ottusità di Bruxelles?

25/03/2013
Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble (Reuters).
Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble (Reuters).

Se l'Europa avesse sganciato una bomba sull’isola di Cipro probabilmente avrebbe ottenuto un effetto meno devastante. La minaccia di prelievo forzoso dai depositi bancari (6,75 per cento fino a 100 mila euro, 9,9 per cento oltre quella cifra) ha gettato un milione di abitanti nel panico, scatenando code ai bancomat, file agli sportelli, ritiro dei capitali da parte dei russi (che da queste parti sono di casa e fanno il bello e il cattivo tempo economico dopo la caduta del muro) attirando le più infauste congetture di contagio tra gli europei. Per fortuna la notizia di un fondo di dieci miliardi concesso dalla Commissione europea per ripianare il debito pubblico cipriota di 15 miliardi (su 18 miliardi complessivi di Pil) e soprattutto l'esenzione dal provvedimento dei conti con meno di 100 mila euro (si fa sempre la voce grossa per poi addivenire a più miti provvedimenti e far ingoiare la pillola) ha fatto tirare un respiro di sollievo a tutti, scatenando perfino l’euforia dei mercati. Ma durerà poco.

La vicenda del prelievo forzoso (in pratica un esproprio di Stato) è (relativamente) molto semplice e colpisce per la stupidità politica e finanziaria di cui è ammantata. Il sistema bancario cipriota è basato fondamentalmente sui depositi dei correntisti, più che sul mercato obbligazionario e sugli altri impieghi. In tutto circa settanta miliardi di euro, di cui 40 appartenenti agli abitanti di Cipro e 19 ai clienti russi, attratti in massa dalle condizioni dei conti (dal 4 al 7 per cento di tasso di interesse). Gli istituti di credito dell’isola però hanno adottato una strategia che qualunque studente di ragioneria avrebbe definito folle. Hanno preso i depositi dei correntisti e hanno investito tutto in titoli di Stato di un solo Paese: la Grecia. Evidentemente a Cipro non avevano ancora scoperto la diversificazione. Hanno messo tutte le uova nel cesto anziché adoperare più panieri per ridurre i rischi. Non ci voleva la laurea in economia.

Va da sé che quando la Grecia, per non fallire, ha ristrutturato il debito per ordine dell’Unione europea, i banchieri di Nicosia sono rimasti con un palmo di naso e il cerino acceso in mano. Ma come è noto, le banche non devono mai fallire e la crisi del sistema - il cerino -  è passato agli abitanti di Cipro e agli altri depositanti esteri. Per non mandare tutto il sistema in bancarotta servono 17 miliardi. Nicosia li ha chiesti in prestito alla troika (Bce, Ue e Fmi). Ma l’Europa come abbiamo detto gliene ha dati solo dieci. In cambio la Commissione – soprattutto su impulso di Wolfgang Schaeuble, il solito accigliato ministro delle finanze tedesche -  ha chiesto che il resto della cifra necessaria a non naufragare provenisse dalle privatizzazioni (1,2 miliardi) e dai creditori delle banche (5,8 miliardi), in pratica gli stessi clienti, attraverso il prelievo forzoso. Un metodo molto doloroso. Che recita così: il cliente paga per gli errori della sua banca.

Ma c’è da chiedersi se quello del prelievo forzoso può chiamarsi perfino metodo. L’economia di mercato ha sempre avuto una gerarchia dei rischi finanziari ben precisa: al primo posto le azioni (molto volatili), al secondo le obbligazioni (sinonimo di una gestione più prudente) e al terzo i depositi, che in pratica sono il materasso in cui si accumulano, a tassi contenuti, i risparmi della clientela. Fa parte del gioco. Capovolgere questa gerarchia – legalizzando di fatto gli espropri e mettendo a rischio anche chi aveva messo i soldi nel "materasso" bancario -  equivale a mettere in fibrillazione tutta l’Europa. In Grecia e in Irlanda i maggiori sacrifici sono stati fatti fare ai possessori di titoli riducendo il valore nominale dei titoli. I possessori sapevano di rischiare qualcosa. Ma Cipro di titoli ne ha pochi, non più di tre miliardi di controvalore. E così ecco la mazzata sui conti correnti, simile alla “botta” una tantum dell’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato che nel decreto dell luglio 1992 dispose il prelievo forzoso retroattivo del sei per mille sui conti.

Va detto che dietro il prelievo si cela un messaggio ben chiaro: Cipro non dovrà mai più essere quella sorta di paradiso fiscale che è stato finora. Fino ad oggi lo era, poiché accettava capitali (soprattutto russi) senza chiedere da dove venissero, con tassi di interesse molto appettibili, col rischio di un “lavaggio” di capitali di dubbia provenienza e di sottrazione al fisco di ingenti somme. E naturalmente, compreso nel prestito di dieci miliardi di euro, oltre ai sacrifici richiesti ai depositanti, c’è un bel pacchetto di regole per la trasparenza e l’antiriciclcaggio. Ma la domanda è se questo tipo di soluzione, che mette in croce un milione di ciprioti e si aggira come un fantasma terribile per l’Europa, potrà mai risollevarci dalla crisi che stiamo vivendo e non peggiorarla. Ma già si affaccia sul proscenio dei conti pubblici la prossima vittima: la Slovenia.

Francesco Anfossi
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Postato da DOR1955 il 25/03/2013 19:37

La vicenda Cipro è la conferma, a mio sommesso parere, che l'economia mondiale, almeno quella del mondo occidentale, è appannaggio esclusivo delle banche e di quanti detengono (legalmente ma molto spesso illegalmente) grossi capitali. Con la connivenza di vari governi. Se non si interviene rapidamente a risolvere questa anomalia, dopo la Grecia, Cipro e probabilmente la Slovenia, parecchi Stati europei rischiano uguale sorte. Solo che un "colpetto" da 10-15 miliardi (caso di Cipro) non scuote nulla, ma se dovesse accadere (e le premesse ci sono purtroppo) che qualche Paese più grosso subisca un colpo da 2-300 Miliardi di Euro (causa anche conti taroccati) cosa succede?

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