E' morto Shenuda, l'Egitto trema

La scomparsa di Shenuda III, il Papa dei cristiani copti, priva l'Egitto di una figura di moderato preziosa la maggioranza islamica. L'esilio con Sadat, l'incontro con Paolo VI.

17/03/2012
Sua Grazia Shenuda III di Alessandria (foto del servizio: Ansa).
Sua Grazia Shenuda III di Alessandria (foto del servizio: Ansa).

La notizia della morte di Shenuda III di Alessandria, il "Papa" (il 117°) dei cristiani copti che formano circa il 10% degli 80 milioni di egiziani, non è giunta inaspettata. Il leader religioso aveva 89 anni e, soprattutto, era malato da tempo. Ma è comunque una notizia che può avere conseguenze notevoli in molti campi, per lo spessore del personaggio e per la sua influenza, religiosa, politica e culturale.


     Shenuda era stato consacrato il 14 settembre del 1971 e aveva rapidamente ottenuto grande prestigio e grande influenza in Egitto. Tanto che nel 1981 il presidente Sadat pensò bene di mandarlo in esilio nel monastero di San Bishoi, mentre 8 vescovi, 24 preti e numerosi esponenti della comunità copta venivano arrestati. Sadat fece in tempo a sostituire Shenuda III con una commissione di 5 vescovi prima di essere assassinato. Hosni Mubarak, il suio successore al potere, impiegò quasi quattro anni prima di liberarlo dall'esilio e consentirgli di rientrare in carica e al Cairo dove, il 7 gennaio, Shenuda III celebrò la messa di Natale il 7 gennaio davanti a più di 10 mila persone.

     Con Shenuda, la Chiesa copta ha vissuto una fase di grande espansione e fermento. Nel 1971 le chiese copte erano 4 in tutta l'America del Nord, oggi sono 100 con due vescovi, mentre in Europa sono di 50 con 10 vescovi. In Australia vi sono due vescovi e numerose parrocchie, in Africa 2 vescovi missionari in 9 paesi africani (Egitto escluso). Oggi ci sono chiese copte anche nei Caraibi e in Sud America.  Shenuda, inoltre, è stato il primo Papa copto a incontrare il Papa di Roma dopo più di 1.500 anni: avvenne nel 1973 con Paolo VI.

     Il suo ruolo, però, è stato importantissimo anche in un altro senso. Nella lunga stagione del potere di Mubarak (1981-2011), Shenuda III ha cercato di tenere in equilibrio l'inevitabile rapporto con il regime e le richieste dei cristiani, discriminati nella libertà di religione in un Paese a larghissima maggioranza islamica e con vaste fasce della popolazione simpatizzanti per i Fratelli Musulmani.

   Con l'arrivo della Primavera araba e la caduta di Mubarak, Shenuda ha dovuto gestire una difficilissima transizione, con il pericolo di un dilagare dell'estremismo islamico e di una radicalizzazione delle posizioni dei cristiani, desiderosi di uscire da una storica condizione di discriminazione e inferiorità.

   Lo hanno aiutato, in questo improbo compito, la fama di moderazione e l'indubbio prestigio personale. Quando esercito e forze di sicurezza condussero una spietata repressione contro una manifestazione di copti (che protestavano per gli attacchi degli islamisti), causando 27 morti, Shenuda celebrò una liturgia a cui presero parte i massimi esponenti dei Fratelli Musulmani e della giunta militare. "Per la prima volta nella storia, questa cattedrale", disse lui nell'omelia, "è affollata di ogni tipo di leader islamico... tutti loro concordano sul valore della stabilità del Paese e sulla necessità di lavorare con i copti d'Egitto per preservarla".

   Nel novembre scorso, in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, Shenuda aveva confermato il suo rifiuto per le posizioni estreme e per l'arroccamento, pure da alcuni perseguito all'interno della comunità copta, su posizioni isolazionistiche. Alla partenza del lungo processo elettorale che sta consegnando ai Fratelli musulmani una maggioranza importante, il Papa copto aveva invitato tutti i cristiani d'Egitto a partecipare in massa al voto.
 

Fulvio Scaglione
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