05/04/2011
Getta la spugna il banchiere più potente d’Italia dopo la morte di Enrico Cuccia. Cesare Geronzi, presidente delle Generali, il colosso assicurativo più grande d’Italia e il secondo più grande d’Europa, si è dimesso, sotto la spada di Damocle di un gruppo di consiglieri pronti a firmare una lettera di sfiducia nei suoi confronti in consiglio d'amministrazione. Immediata la ripercussione in Borsa, con Generali che si impenna. Bene anche Mediobanca.
Il momento del redde rationem nelle Generali è dunque arrivato. Era nell'aria da settimane. Il consiglio d'amministrazione fissato da Geronzi è del resto stato forzato dall’intenzione di almeno otto consiglieri di chiederne comunque una convocazione straordinaria, con una lettera già sottoscritta che in pratica era di sfiuducia, e grazie a un fitto lavoro di mediazione tra varie posizioni. Tra gli otto ci sono ad esempio i consiglieri eletti da Assogestioni, ma anche l’outsider Della Valle, colui che ha acceso pubblicamente la miccia della bomba esplosa ai piedi del Leone di Trieste. I cui titoli, fino a non molto tempo fa, erano considerati l’ideale per i “cassettisti”, i possessori di titoli che volevano solo una rendita tranquilla e sicura, talmente era salda e florida la compagnia.
L'idea della maggior parte dei consiglieri è stata quella di arrivare a una svolta definitiva dopo le dichiarazioni dell'altro grande vecchio della finanza europea Vincent Bollorè. Bolloré aveva criticato fortemente l'operazione nei paesi dell'Est con il ceco Petr Kellner, arrivando a sospettare addirittura un falso in bilancio. Non c'è dubbio che le dimmissioni di Geronzi porteranno a una ridefinizione del volto del capitalismo italiano. Cambiano i volti e i protagonisti ma non i "salotti", vale a dire Generali e Mediobanca.
Francesco Anfossi