17/08/2011
«Rompiamo il pesantissimo silenzio che avvolge le migliaia di vittime in Siria». Comincia così un appello di Pax Christi che invita la comunità internazionale a intervenire per fermare la feroce repressione del regime siriano nei confronti della popolazione. «Fermate subito il massacro, liberate i prigionieri politici, intervenite con gli strumenti del diritto internazionale senza ripetere la tragica esperienza libica», chiede Pax Christi.
Tre fermo immagine mostrano il crollo del minareto di una delle principali moschee di Dayr az Zor, colpito e abbattuto da colpi di artiglieria dell'esercito siriano.
L'appello ricorda il drammatico bilancio della repressione: «Cinquemila
tra uccisi e scomparsi, 13 mila prigionieri politici, città sconvolte,
popolazione nel terrore, migliaia di profughi, luoghi di culto distrutti».
Secondo
Pax Christi, «non è vero che non possiamo fare nulla». Ecco gli
interventi possibili: un preciso intervento internazionale sotto la
guida dell'Onu che attivi una robusta politica di pace utilizzando i
numerosi concreti strumenti del diritto internazionale senza ripetere il
disastro dell'intervento militare in Libia”; il blocco dell'export
militare italiano verso la Siria (“i carri armati dell'esercito siriano
usano sistemi di puntamento di ditte italiane”); azioni per sostenere un
cambio del sistema politico che garantisca rispetto dei diritto umani e
libertà religiosa.
Un siriano manifesta in favore del presidente Bashar el Assad nella città di Deir el-Zour.
Sino ad oggi il regime di Bashar el Assad ha spento con durezza i
fuochi di rivolta accesi in diverse città del paese: Hama, Latakia, Deir
ez-Zor e anche alcuni quartieri della capitale Damasco. Il regime
giustifica la repressione sostenendo che la rivolta è fomentata da
“gruppi terroristici”.
La comunità internazionale sta facendo pressioni sul regime siriano, ma
per il momento non c'è nessuna volontà di intervenire in modo più
diretto.
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato le violenze, ma i toni sono cauti. Resta timida anche la Lega Araba.
Più decisa la pressione su Damasco da parte della Turchia e di alcuni
Paesi arabi (come l'Arabia Saudita), che hanno richiamato i loro
ambasciatori a Damasco. Anche l'Italia ha richiamato l'ambasciatore in
Siria, ma l'esempio non è stato seguito da altri paesi europei.
Roberto Zichittella