17/03/2012
“In
Lombardia stimiamo tra i 20 e i 40mila romeni e bulgari senza la copertura
sanitaria minima”. È questo l’allarme lanciato dal rapporto “Comunitari
senza copertura sanitaria” presentato dal Naga, un’associazione di oltre
300 volontari che dal 1987 garantisce assistenza legale e sanitaria gratuita a
stranieri e rom di Milano, insieme alla Comunità di Sant’Angelo, al Centro
Internazionale Helder Camara e alla Casa per la Pace. Si tratta di una
questione poco dibattuta, ma nota da anni. Dal 2007, quando Romania e Bulgaria
sono entrate nell’Unione Europea e i loro cittadini hanno acquisito la libertà
di circolazione nel territorio europeo.
I
due paesi non hanno stipulato con l’Italia un accordo di reciprocità nel
trattamento sanitario, come era avvenuto in occasione degli ingressi degli
altri Paesi dell’Est. Così, romeni e bulgari hanno diritto all'assistenza
sanitaria solo se in possesso di alcuni requisiti, ovvero se lavoratori
regolari o se titolari di tessera TEAM (Tessera Europea di Assicurazione Malattia
- la tessera rilasciata dal proprio paese di origine e che ha validità
europea).
Non tutti i rumeni o bulgari presenti in Italia hanno però questa
tessera, a causa delle gravi carenze del sistema sanitario nei loro paesi
d'origine. Di conseguenza, gli immigrati neocomunitari, qualora siano
disoccupati, lavorino in nero, o siano familiari a carico (coniugi e figli),
sono esclusi dalle prestazioni mediche “essenziali e urgenti” che la legge
garantisce anche agli extracomunitari irregolarmente presenti in Italia.
Paradossalmente, i neocomunitari senza lavoro regolare hanno quindi meno
diritti degli stranieri senza permesso di soggiorno.
Emerge
un dato grave. Tra romeni e bulgari, si colpiscono i più deboli: il diritto
alla salute viene vincolato al reddito. Così è stato per Viorel, 37 anni,
lavoratore in nero “a giornata” nei cantieri dell’edilizia milanese: ha un
grave diabete mellito, ma non è mai stato seguito da un medico.
Evidentemente,
l’ingresso della Romania e della Bulgaria nell’Ue ha creato un caso non
previsto dalla normativa italiana. Con il tempo, la gran parte delle regioni
italiane ha risolto il problema, introducendo il codice ENI (Europei Non
Iscritti) con la stessa funzione del codice STP per i migranti senza permesso
di soggiorno: garantire “le cure essenziali e urgenti”.
La Regione Lombardia ha emanato una circolare che stabilisce che i cittadini comunitari
hanno sì diritto alle prestazioni indicate dalla legge, ma non ha definito
quale codice possa essere attribuito a questi pazienti. Il diritto alla salute
rimane quindi solo sulla carta, segnato dalla casualità della risposta. Il
comportamento è infatti estremamente variabile, a discrezione del singolo
ospedale e, spesso, del singolo operatore. Un’eccezione positiva è invece l’ospedale Niguarda che, previa dichiarazione di
indigenza, accetta di fissare appuntamenti ai comunitari senza copertura
sanitaria. Due dati sono agghiaccianti: dei
bambini incontrati dai volontari del Naga, il 41% non è mai stato visitato da
un medico in vita loro e il 42% non è mai stato vaccinato. Spesso sono i
bambini rom che abitano nelle baraccopoli abusive. Come Ion, 9 anni, 3^
elementare. Fino allo scorso anno, lui era uno dei pochi fortunati: suo padre
Vasile aveva un lavoro regolare e quindi Ion era seguito da un pediatra di base
per un problema di deficit di ormone della crescita. Nel 2011, Vasile è stato
licenziato: la tessera sanitaria di Ion non è più stata rinnovata e il bambino ha
perso il pediatra di base.
Il
Naga ricorda l’articolo 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica tutela
la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. A partire da qui, il
rapporto lancia un appello alla Regione Lombardia: “Tutti i cittadini romeni e
bulgari abbiano accesso al medico di medicina generale; tutti i bambini abbiano
diritto al pediatra di base; l’Asl di Milano si renda garante della piena
assistenza della donne in gravidanza che si rivolgono ai consultori familiari;
l’Asl di Milano sviluppi un programma finalizzato alla vaccinazione dei bambini
romeni e bulgari; in ogni ospedale sia organizzato un presidio di riferimento
per i neocomunitari senza copertura sanitaria”.
Stefano Pasta