12/01/2011
Un dimostrante bacia la bandiera tunisina durante gli scontri nella capitale contro l'aumento dei prezzi e la disoccupazione.
Non si placa la rabbia dei tunisini che protestano contro il carovita e contro il regime del presidente Ben Ali, al potere dal 1987. Gli scontri che da alcuni giorni divampano in diverse città all'interno del Paese ormai si sono estesi nelle località della fascia costiera (come i centri turistici di Sousse e Bizerta) e lambiscono la periferia di Tunisi.
La polizia reagisce con estrema durezza e le vittime si contano a decine.
Le cifre ufficiali comunicate dal governo contano 18 morti, ma Amnesty International e altre organizzazioni impegnate per la tutela dei diritti umani ritengono che i morti possano essere una trentina. Tuttavia, secondo fonti dei sindacati tunisini, nella regione di Kasserine ci sarebbero stati 50 morti solo negli ultimi tre giorni. I testimoni oculari raccontano di tiratori scelti della polizia appostati sui tetti, pronti a sparare ad altezza d'uomo. Diverse testimonianze riferiscono che gruppi di poliziotti in borghese compiono devastazioni e saccheggi per giustificare la durissima reazione delle forze dell'ordine e per dare credito alla linea decisa dal regime.
Secondo il presidente Ben Ali, gli scontri sono il frutto di provocatori esterni, terroristi che vogliono destabilizzare il Paese. Secondo le versioni ufficiali, la polizia è stata costretta a reagire perché attaccata.
Al conto dei morti negli scontri bisogna aggiungere i giovani che manifestano la loro disperazione con suicidi plateali. Il primo di questi suicidi è stato il 17 dicembre scorso. L'ultimo, lunedì pomeriggio. Sono giovani, diplomati o laureati, che decidono di farla finita perché hanno perso ogni speranza di costruirsi un futuro in un Paese dove l'economia non va male, ma nel quale una larga fascia di popolazione non conosce il benessere e la disoccupazione resta alta.
Fra questi giovani disperati, uno si è dato fuoco in strada, un altro si è gettato in un pozzo, il ragazzo che si è ucciso lunedì aveva 23 anni e si è lasciato morire attaccandosi ai cavi dell'alta tensione.
Il presidente Ben Ali, nonostante la sua convinzione di avere a che fare con una rivolta manovrata da non meglio precisati nemici esterni, ha promesso la creazione di nuovi posti di lavoro. Ma la sua rischia di essere una mossa tardiva in una Paese che chiede un cambiamento reale, non solo di facciata.
Roberto Zichittella