Tunisia, al voto per scordare Ben Ali

Alle prime elezioni democratiche nella storia del Paese si presentano 7,2 milioni di cittadini aventi diritto, che eleggeranno un'Assemblea costituente formata da 217 membri.

23/10/2011


Tunisi, 23 ottobre 2011

Alle 7 di questa domenica la Tunisia ha tagliato il primo traguardo del dopo Ben Ali. Alle prime elezioni democratiche nella storia del paese possono presentarsi i 7,2 milioni di cittadini aventi diritto al voto. Finora si erano iscritti alle liste elettorali solo 4,1 milioni di persone. Per questo è stato permesso di votare anche ai non iscritti, che potranno presentarsi oggi ai seggi del loro comune di residenza muniti della carta d'identità. La Tunisia, laboratorio della democrazia nel mondo arabo, eleggerà un'assemblea costituente formata da 217 membri, che avrà un anno di tempo per scrivere la carta fondamentale. Ma il primo risultato visibile sarà la nomina di un governo provvisorio, in carica fino alle elezioni parlamentari. Il partito favorito resta Ennahdha, formazione islamica moderata che dice di ispirarsi all'Akp turco e alla Democrazia cristiana degli anni '50. Ma le sorprese, visto che l'ultimo sondaggio è datato 11 settembre, potrebbero essere numerose.

L'entusiasmo nel Paese è alle stelle. Non manca la paura, come dimostrano i banconi dei supermercati mezzi vuoti perché la gente ha fatto razzia di generi alimentari. E c'è il timore di un ritorno alla violenza, spettro che il governo prova a scacciare con gli oltre 20mila poliziotti e 22mila militari impiegati a difesa delle 4.500 urne sparse per il Paese. Non mancano gli astenuti, come gli appartenenti a Hizb al Tahrir, il partito dei salafiti, la fazione più radicale degli islamisti, convinti che che la Tunisia debba diventare un califfato e non una repubblica democratica. Ma la maggior parte dei cittadini sembra intenzionata a partecipare alle elezioni. Un segnale è arrivato dall'estero. Da giovedì a sabato hanno votato i tunisini residenti in Francia, Italia, Germania, America settentrionale e Paesi arabi. Ieri sera, in diretta sulla tv di stato tunisina, il presidente dell'Istanza superiore indipendente per le elezioni, Kamel Jendoubi, ha detto che, visti i dati attuali, l'affluenza nelle circoscrizioni straniere arriveranno al massimo al 40%. Un risultato che mostra tutto l'entusiasmo del popolo per questo evento storico: nel resto del mondo, ha ricordato con un pizzico di orgoglio Jendoubi, nelle circoscrizioni straniere vota in media il 10% degli aventi diritto.

Ma come finirà la primavera araba? Qualcosa si inizierà a capire ora dopo che, a nove mesi dalla caduta di Ben Ali, la Tunisia si è presentata al voto. In lizza, sotto il controllo degli osservatori internazionali, ci sono 81 partiti, a cui si aggiungono decine di liste indipendenti. Il tutto per ottenere uno dei 217 posti nella assemblea costituente, che oltre a scrivere la costituzione dovrà nominare un governo in carica fino alle prossime elezioni parlamentari. Per farsi largo nella selva dei candidati ci si può basare sull'ultimo sondaggio ufficiale, elaborato l'11 settembre da Sigma Conseil.

L'ex Presidente della Tunisia Ben Ali con la moglie.
L'ex Presidente della Tunisia Ben Ali con la moglie.


In testa, con il 22,8%, c'era Ennahdha, il partito islamista illegale sotto Ben Ali. Il richiamo religioso e la repressione subita dai suoi membri, costretti al carcere o all'esilio, stanno pagando in termini elettorali. Pur non avendo partecipato alla rivoluzione, il partito è riuscito in pochi mesi a costruire una base di consensi solida, soprattutto nelle zone più povere del Paese. Ma il sistema elettorale, un proporzionale puro, rende improbabile una maggioranza schiacciante. Per questo, anche se la vittoria di Ennahda appare probabile, le altre forze in campo saranno decisive per la formazione di alleanze interne all'Assemblea costituente.

Manifestazione in Tunisia, il primo Paese della "Primavera araba" alle urne.
Manifestazione in Tunisia, il primo Paese della "Primavera araba" alle urne.


Al secondo posto nel sondaggio, staccato di 12 punti, c'era il Partito Democratico Progressista, formazione laica e socialdemocratica, legale sotto Ben Ali, che mette in vetrina Maya Jribi, unica donna tunisina segretario generale di un partito. Con il 9,2% dei consensi, in terza posizione, Ettakatol, formazione di centro sinistra formata da parecchi attivisti dei diritti umani e guidata da Mustafa Ben Jafar. Il resto dei partiti, a settembre, otteneva al massimo il 5% dei voti. Nel frattempo, però, molti degli allora indecisi hanno scelto per chi votare.


E così, almeno a sentire i pareri dei tunisini, un ruolo rilevante potrebbero averlo altre forze. Come il Polo Democratico Modernista, tra i pochi a proporre l'abolizione della pena di morte. O il Poct, il partito comunista guidato da Hamma Hammami. O ancora – è il timore di molti - le formazioni in cui sono confluiti i membri del vecchio regime. Sarà impossibile eleggere gli appartenenti all’ufficio politico e al comitato centrale dell’Rcd, il partito di Ben Ali. Ma in tutto sono 2.500 persone, e gli iscritti all'Rcd erano circa due milioni.

Stefano Vergine
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