23/04/2012
I giocatori del Genoa mentre si tolgono la maglia, come preteso dagli ultras (foto Ansa).
Gli ultras del calcio hanno il cuore tenero, scrivono poesie, sono generosi di denaro, quando ne hanno, per gli amici in difficoltà e persino in carcere, di tempo per gli amici malati o disabili. E’ vero. Gli ultras del calcio sono violenti, se ne infischiano della legalità che peraltro sembra, ormai ufficialmente, non riguardarli proprio, fanno interrompere le partite, come è accaduto a Genova, non le fanno neppure cominciare, come accadde per un derby romano sulla base di false voci di violenze. E’ vero.
Gli ultras del calcio sono noti, almeno i più pericolosi e violenti, alla polizia, che però non li ferma, neanche se vanno allo stadio benché diffidati. Quelli di Genova (Genoa e Sampdoria) ogni anno si cimentano in una sfida western quasi ufficiale, a pugni nudi, lungo il Bisagno cioè presso lo stadio di Marassi: un’ordalia medioevale. E’ vero.
Gli ultras del calcio sono conosciuti ai club ed ai giocatori, sono utili per lavori di protezione, di intimidazione ed anche di assistenza, fanno da guardia del corpo a calciatori e dirigenti, fanno anche da autisti, camerieri, baby-sitter. Sono pagati con biglietti d’ingresso e denari per le trasferte e la panoplia (maglie e sciarpe e bandiere, ma anche sbarre) del tifoso caldo. E’ vero.
Gli ultras del calcio sono tutto e il contrario di tutto. Proprio come lo sport, anzi come specificamente il calcio, che in teoria è lealtà, rispetto delle regole, senso di sacrificio, allegria di gruppo, ed è anche palestra ottimale di truffe, illegalità, licenze, violenze di gruppo impunite. E’ verissimo. A Genova gli ultras, furiosi perché la loro squadra, il Genoa, vicina alla retrocessione, stava perdendo in casa col Siena, 0 a 4, hanno occupato senza problemi i punti strategici dello stadio “comodo” che il 13 ottobre 2010 aveva visto le prodezze di un energumeno serbo, individuato e poi arrestato e condannato, padrone pirotecnico della scena per tanti minuti, senza che l’incontro fra le Nazionali d’Italia e di Serbia potesse aver luogo.
Padroni dello stadio, gli ultras che non sono poi così pochi come, forse per autorasserenamento, diciamo a noi stessi, hanno preteso che i giocatori del Genoa, divenuti loro ostaggi come anche arbitro e assistenti, consegnassero le maglie di cui erano, per sentenza ultras, indegni. Il capitano del Genoa Marco Rossi ha raccolto gli indumenti, li ha tenuti lui sulle braccia, impilati. Due calciatori hanno resistito, Sculli e Frey (francese), e Sculli ha pure convinto gli ultras a lasciar riprendere il match, spiegando che lo stop definitivo avrebbe significato la penalizzazione e dunque la retrocessione quasi sicura (così, invece, ci sarà “soltanto” la squalifica del campo: decisione al volo, due giornate).
La polizia ha assistito, senza intervenire onde evitare problemi più gravi, Sembra però che ci sia stata ferma opposizione quando gli ultras hanno chiesto anche i calzoncini, per far finire davvero tutto in mutande. La partita è ripresa, è finita 1 a 4. E’ tutto vero. Sdegno del Genoa con la voce del presidente Preziosi, del calcio tutto con la voce del presidente federale Abete, del Coni con la voce del presidente Petrucci che ha parlato di sacrilegio nei confronti dello sport. Intanto le immagini dello striptease più scandaloso faranno il giro del mondo. E non cambierà nulla.
Il calcio ha appena finito di piangere Piermario Morosini, con un dolore ufficiale che ha fatto da comodo shampoo della coscienza per troppi, sta per piangersi addosso con le sentenze (calibrate nel tempo, si capisce, quelle definitive in estate, a campionato europeo finito e popolo in ferie) di Scommettopoli sempre più scandalo grande e coinvolgente anche squadre grosse. E probabilmente adesso il calcio dovrà preoccuparsi, per via di una perizia che spunta dopo ventidue anni, del corpo di Donato Bergamini, il calciatore del Cosenza che fu dichiarato ufficialmente suicida, per depressione, nel 1989, quando un camion lo aveva travolto, e che invece pare sia morto dissanguato dalle torture inflittegli per sporche faccende di droga.
Troppo da fare per affrontare seriamente un altro problema, legato se si vuole anche al fallimento della tessera del tifoso. Intanto, più o meno in concomitanza con l’horror-show di Marassi, veniva assegnato alla squadra di Macerata lo scudetto della pallavolo su un punto viziato da errore arbitrale provato dalla moviola, e mica i tifosi delusi della favoritissima squadra di Trento spaccavano tutto. C’erano anzi le congratulazioni appunto sportive. E anche questo per fortuna è tutto vero.
Però almeno dal punto di vista dello show quella di Genova è stata una scena intensa nuova, lunga (quasi un’ora), bene recitata da tutti. E digeribile in fretta: urgono le partite dei turni infrasettimanali, si decide lo scudetto (forse pro Juventus sul Milan, e sicuramente con merito bianconero per un gran bel campionato), si decidono promozioni e retrocessioni, il cordoglio imposto o indotto per il povero Morosini è stato una bella cosa, si sa piangere almeno quanto si sa sghignazzare, si auspica almeno quanto non si fa nulla di serio. Sempre tutto vero.
Gian Paolo Ormezzano