Vercelli, la tragedia di E.

Albanese, perfettamente integrata, bravissima a scuola. Si è suicidata sul letto dei genitori. Il padre era tornato in Albania.

15/05/2010

«La sua compagna di banco è in classe che piange e non si dà pace». È distrutta Graziella Canna Gallo, preside dell’istituto magistrale “Rosa Stampa” di Vercelli. Una sua allieva, E. G., albanese, 16 anni, da quattro in Italia, si è tolta la vita. Qerim, il padre, medico in Albania, lavorava a Vercelli come muratore in un’impresa gestita da un cugino. Ma tre mesi fa era tornato a Kavaja, il suo paese d’origine, per badare ai terreni di famiglia. Forse la crisi si era fatta sentire anche per lui.

 «Sembra che avesse perso il lavoro. Aveva confidato ad alcune sue compagne la paura di essere presto costretta a tornare anche lei in Albania», racconta la preside. Il cugino che gestisce l’impresa dove lavorava il papà di Edlira smentisce che l’uomo sia rimasto disoccupato: «Noi andiamo spesso in Albania e lui sarebbe ritornato presto in Italia». Di sicuro si sa che, mentre la mamma e la sorellina di 11 anni erano fuori a fare la spesa, lei è salita sul letto dei genitori e si è impiccata con il cavo del televisore. Per la squadra mobile di Vercelli, che sta conducendo le indagini, i Gjeci sono una famiglia modello. «Il padre era in regola con il permesso di soggiorno.  Stiamo analizzando il computer e i diari della ragazza, ma per il resto non riteniamo necessario fare altre indagini».

     La ragazza non ha lasciato nessun biglietto: forse proprio fra quei scritti ora in mano alla Polizia si riuscirà a trovare una spiegazione a quanto ha fatto. «Non riusciamo a darci pace, ci sentiamo tutti un po’ in colpa», ripete sconsolata la preside. «Ai nostri ragazzi ripetiamo sempre di confidarsi con noi. Lei invece si è tenuta tutto dentro. Nessuno poteva immaginare quanto è successo. I suoi genitori non le hanno fatto mai mancare niente. Ad aprile siamo andati in gita sulla costiera amalfitana e lei è venuta con noi». Era una studentessa modello. «Ho guardato i suoi ultimi voti: 8 in italiano, 8 in storia, 9 in geografia. Con una pagella così, alla fine di quest’anno avrebbe sicuramente preso una borsa di studio. Ho anche letto i suoi temi: scriveva benissimo».

     «Senza entrare nel merito di questo caso specifico», commenta Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio immigrazione della Caritas italiana, «questa tragica vicenda riporta l’attenzione su un dramma ignorato. La crisi economica non colpisce solo gli italiani, ma anche gli straniere che, se perdono il lavoro, sono spesso costretti a fare ritorno nel loro Paese con i loro familiari, figli compresi. Le eccezioni possono riguardare condizioni eccezionali come gravi motivi di salute, ma in genere non lo studio. La norma è stata pensata per evitare che i minori restino senza mezzi di sostentamento se i genitori sono costretti a ritornare in patria. Quello che noi chiediamo da tempo è di allungare il termine entro cui l’immigrato straniero deve trovare un lavoro per non essere espulso da sei mesi ad un anno. Sarebbe un modo anche per tutelare i minori che frequentano le nostre scuole e che si vedono da un giorno all’altro costretti a cambiare vita».

Eugenio Arcidiacono
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