Verona, lo strano leghista nell'Arena

Il sindaco uscente Flavio Tosi, sostenuto dalla Lega e da liste civiche, è l’uomo da battere alle elezioni comunali. Ma la città ha in bocca un sapore amaro, di occasioni perdute.

04/05/2012
Una veduta della città (foto e copertina Saccarola / Bevilacqua).
Una veduta della città (foto e copertina Saccarola / Bevilacqua).

Via Mazzini, il salotto più fashion del centro storico. Davanti alle vetrine della storica libreria Guelfi & Barbato, che malinconicamente abbasserà le serrande a breve dopo quasi un secolo di vita, il sassofono di un musicista di strada accenna un motivo jazz. «Che musica triste», commenta un negoziante lì vicino. «E di questi tempi, poi…». Verona non riesce più a sorridere. «Forse perché non sa più fare cultura, se si esclude quella spettacolare all’Arena per i turisti», osserva Cecilia Gabrielli, giovane e coraggiosa editrice, veronese d’adozione, che affianca il padre Emilio nell’attività avviata negli anni ’70. Nel catalogo figurano dai saggi di teologia ai romanzi-verità di un ergastolano. «Questa città rischia di tradire la sua stessa storia e vocazione. Si sta provincializzando, chiudendo in sé stessa».

Il sindaco uscente Flavio Tosi (foto Saccarola / Bevilacqua).
Il sindaco uscente Flavio Tosi (foto Saccarola / Bevilacqua).

Intanto la crisi economica morde e colpisce i più deboli. L’altro giorno, davanti al Municipio, a pochi passi da qui, un muratore marocchino di 27 anni s’è dato fuoco, perché non percepiva più lo stipendio da quattro mesi. L’edilizia è in ginocchio e i primi a saltare sono gli immigrati. Eppure Verona, nonostante tutto, continua a macinare record economici e a mantenere invidiabili posizioni di prestigio: l’ultimo exploit, risalente a poche settimane fa, è quello del Vinitaly, che con i suoi 140 mila visitatori, di cui il 35% composto da operatori stranieri, si conferma come la principale fiera enologica mondiale.

Piazza delle Erbe (foto Saccarola / Bevilacqua).
Piazza delle Erbe (foto Saccarola / Bevilacqua).

Il capoluogo scaligero ha numeri da primo della classe: prima città in Veneto per presenza di aziende con oltre 250 addetti, seconda in Italia come sede di multinazionali: ben 85; quarta provincia del Paese per numero di turisti, tre milioni solo nel capoluogo. È la città più popolosa del Veneto, con 264 mila abitanti, e quella italiana col maggior numero di santi fondatori d’istituti religiosi, assieme a Torino. Da sempre dalla Germania sbarcano i turisti che riempiono l’Arena per godersi l’Aida, e assieme tutte le Audi, Bmw e Volkswagen da immatricolare che vengono vendute in Italia. Ogni giorno dalla stazione di Porta Nuova partono cinque treni dell’operatore tedesco Db-Obb, Deutsche Bahn, per Monaco di Baviera. È un veronese, e non un emiliano, colui che porta i tortellini sulle tavole di mezzo mondo: quel cavalier Giovanni Rana, che per primo osò rompere il tabù che impediva agli imprenditori di mettere la propria faccia per pubblicizzare il loro prodotto in televisione. È il fondatore di un’azienda che conta 600 dipendenti e che esporta quasi il 50% di quanto produce. Della sua città dice: «Verona è come una bella donna di cui ci si è innamorati: le si perdona tutto».

La fiera di Verona (foto Saccarola / Bevilacqua).
La fiera di Verona (foto Saccarola / Bevilacqua).

Numeri e personaggi che sembrano, però, passare quasi inosservati. Se si parla del “motore economico” del Nordest, per esempio, si preferisce riferirsi all’area Treviso-Padova- Venezia. A Verona nuocciono probabilmente la lontananza dal capoluogo veneto, la “dominante” Venezia, e la non appartenenza alla vicina Lombardia. «Soffriamo di marginalità perché è da tempo che non pesiamo nulla dal punto di vista politico. Tra i compiti del sindaco dovrà esserci anche questo: dare la giusta visibilità a una grande città che ha poca rappresentanza», afferma monsignor Bruno Fasani, già direttore del settimanale diocesano Verona Fedele, ora prefetto della Biblioteca Capitolare.

Immigrati e la casa di Giulietta (foto Saccarola / Bevilacqua).
Immigrati e la casa di Giulietta (foto Saccarola / Bevilacqua).

In effetti Verona è conosciuta e marchiata come città “nera”, culla di gruppi eversivi di estrema destra, oppure segnata per la sua tifoseria razzista, per i beceri striscioni disegnati dagli ultrà dell’Hellas, e i loro ululati ai giocatori di colore durante le partite. Eppure proprio nella città di Giulietta e Romeo, rivelava una ricerca della Bocconi realizzata nel 2010, gli immigrati regolari si sentono meno discriminati che nel resto d’Italia. Forse conta il fatto che pure il santo patrono del capoluogo scaligero fu un vescovo emigrante, il “moro” e pescatore san Zeno, africano d’origine.

Palazzo Barbieri, sede del comune (foto Saccarola / Bevilacqua).
Palazzo Barbieri, sede del comune (foto Saccarola / Bevilacqua).

«Su questa città l’attenzione è molto più alta che altrove, per i pregressi violenti che si trascina dietro. Ma i tifosi dell’Hellas credo siano addirittura meglio degli altri. E poi su una curva di cinquemila ragazzi, ci sta che ci sia qualche deficiente». Parola del tifoso Flavio Tosi, il leghista maroniano primo cittadino di Verona, che si ricandida alle prossime amministrative con l’ambizione di bissare il successo della scorsa tornata, quando passò direttamente al primo turno. È lui il candidato da battere: dopo aver rischiato l’espulsione dal suo partito, Tosi è appoggiato dalla Lega, da una lista propria e altre cinque civiche. Rafforzato dalle disgrazie che hanno colpito Bossi, famiglia e cerchio magico, il sindaco uscente è riuscito nell’impresa di spaccare il Pdl suo alleato, portandosi con sé i due terzi del partito che ufficialmente corre con un suo candidato (l’avvocato Luigi Castelletti).

Lo stadio di Verona, Marcantonio Bentegodi (foto Saccarola / Bevilacqua).
Lo stadio di Verona, Marcantonio Bentegodi (foto Saccarola / Bevilacqua).

L’ambientalista Michele Bertucco, bancario e sindacalista, è invece il candidato del Centrosinistra. «Quelle di Tosi sono liste civiche fasulle, imbottite, in realtà, di professionisti della politica», attacca. «La città è addormentata nel sogno tosiano, così impoverisce di giorno in giorno». E cita a esempio Fieraverona, che perde i pezzi pregiati, e l’aeroporto divorato da perdite complessive di 90 milioni di euro. Ma Tosi tira dritto: «Ho realizzato fino in fondo il programma con cui mi sono candidato». È il sindaco più presenzialista dei talk show televisivi. «Ma non ho smesso di ricevere nei bar, per essere più vicino alla gente», ribatte. In effetti ha trasformato i tavolini del Corsini, dietro piazza Bra, e quelli del Filò, a due passi dal casello di Verona Sud, in un Ufficio relazioni col pubblico meno formale, con aperitivo incluso.

I sondaggi dicono che non ci sarà battaglia: al Tosi primo dovrebbe subentrare un Tosi secondo. Ma gli altri candidati sperano. I miracoli, però, a Verona sembra che li sapesse fare solo san Zeno: una volta, raccontano le agiografie, vinse il demonio giocando a palla. Forse anche per questo Verona è l’unica città non capoluogo di Regione, in Italia, che l’anno prossimo potrebbe avere in Serie A due squadre di calcio: l’Hellas e il Chievo. Con buona pace del sindaco-tifoso.

Alberto Laggia
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