12/07/2010
Domenica al crepuscolo
In fondo al pozzo della casa sola
la voce di un bambino che pedala
nel suo grigio universo
sotto l’ala del mantello che vola.
È musica di stanze tra le vuote
specchiere delle porte la partita
che s’ascolta alla radio, è già finita.
Restano voci immote.
Alfonso Gatto
Perché è così che finiscono sempre le grandi imprese dello sport: con la malinconia della compagnia di giro che sbaracca le tende e se ne va. E' già finita sì. La Spagna campione del mondo è già a casa, altri ci andranno oggi, domani, dopodomani al massimo, alla spicciolata. Resta un senso vago di fine del mondo. Il mondo dei grandi eventi sportivi, spesso, è un paese di pannelli prefabbricati che uguali a sé stessi, cambiando appena i colori, migrano, a scadenza quadriennale, da un angolo di mondo all'altro. Fate caso alla foto finale: la Spagna che alza la coppa è la copia esatta dell'Italia che l'alzava quattro anni fa. Identica la posa, identica la pioggia di coriandoli: cambiano solo i colori. Allora azzurro e argento ora rosso e oro.
Il mondo vero però non se ne va: restano i bambini nelle strade, gli stadi forse destinati a un rapido degrado, resta il sogno che sia servito a qualcosa di buono accompagnato dal dubbio che si sia speso troppo in un gioco magnifico ma forse futile. E poi il vago dispiacere di essere stati al centro del mondo e di non poterlo restare per sempre. Comunque grazie, per lo spettacolo, per lo sforzo, per i colori, per aver dimostrato ancora una volta che chi ha molto da dimostrare, e nessuna supponenza, spesso ce la fa.
Elisa Chiari