Abbate: "Non chiamateci sesso debole"

E' protagonista del Setterosa di pallanuoto, originaria di Marcianise. Per emergere ha dovuto lavorare sodo. "Noi donne dobbiamo essere toste, per forza: l'unico modo per farci largo".

06/05/2012
Simona Abbate (foto e copertina Reuters).
Simona Abbate (foto e copertina Reuters).

Donna e meridionale. Miscela perfetta, garanzia di successo. Donna vincente, insieme al Setterosa. Prima il titolo europeo, conquistato in Olanda. Ora l’approdo alle Olimpiadi, conquistato in volata, dopo la grande paura. Simona Abbate del Setterosa è uno dei punti di forza. Lei arriva da Marcianise, entroterra campano, quella che si chiama Terra di Lavoro, dove spesso di lavoro ce n’è poco e di altro tanto. Donne e sport. Connubio perfetto, in Italia. Tanti gli esempi, sempre più prestigiosi, uno dietro l'altro.

Simona, lo sport italiano è sempre più donna: che idea s’è fatta?
Che siamo il sesso debole solo per modo di dire. Le donne uniscono alla femminilità una grande forza di volontà: siamo nate anche per mettere al mondo figli, per accudirli, per crescerli. Dobbiamo essere toste, per forza. Solo così possiamo farci largo.

Quindi, tutte figlie di questa speciale forza di volontà?
Quella c'è, in tutte. Poi, ognuna ha le sue peculiarità.

Lei, in più, ha la “cazzimma” delle donne del sud?
Vengo da Marcianise, dove per emergere negli aspetti positivi della vita devi lavorare duro, farti largo, non rassegnarti mai. Questo vale per i ragazzi, ma ancor più per le ragazze. Poi a Marcianise non è che si mangi pane e 
pallanuoto: sono partita da zone limitrofe, ma poi ho dovuto girare un bel po’ in carriera. Quindi, la “cazzimma” serve.

C’è dell’altro?
Non so, forse il legame con la famiglia e il suo supporto sono più marcati, dalle nostre parti. Ho l’esempio di mio padre: se sono arriva fino al titolo europeo gran merito è suo. Ho cominciato presto, ma a Marcianise non c’era neppure una piscina: lui ha fatto mille sacrifici per aiutarmi a inseguire i miei sogni di ragazzina.


Passione nata molto presto?
Più che passione, malattia di famiglia. Mia cugina Nicoletta ha vinto molto in questo sport, è stata anche capitano della nazionale. A voler fare sport, la mia strada era segnata, fin da bambina.

Una volta Marcianise significava camorra, adesso anche sport ad alto livello: qualcosa è cambiato?
Molto è cambiato, certo. A Marcianise c’è stato anche il tempo del coprifuoco: ora non è che sia tutto rose e fiori, ma i problemi di allora si sono attenuati, se non ancora eliminati del tutto.

E il ruolo di voi sportivi?

Possiamo rappresentare degli esempi, anche importanti, ma nulla di più. Non possiamo cambiare il mondo, solo aiutare i ragazzi a imboccare le strade giuste. E poi, è chiaro, che avere sportivi decorati spinge anche gli amministratori a fare qualcosa per i giovani. A Marcianise ci sono palestre di pugilato con grandi tecnici ed eccellenti campioni, una realtà che ci invidiano in mezzo mondo. Ora mi dicono che sarà inaugurata una piscina. Ecco, questo è il nostro tangibile contributo: dal nostro esempio nascono progetti che cambiano i luoghi.

Alle Olimpiadi di Londra, sarà Marcianise contro tutti?
Non esageriamo. Sono contenta di essermi qualificata, insieme alle mia compagne. Così ho raggiunto i miei conterranei pugili (Russo, Valentino e Mangiacapre, ndr) che il nome di Marcianise l’hanno reso famoso nel mondo.

Marcianise: camorra e campioni?
No, semplificazione sbagliata. Soprattutto, gente che lavora sodo, come mio 
padre, un esempio.

Ivo Romano
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