Bierhoff: Italia, copia la Germania

Intervista a Bierhoff, team-manager della nazionale tedesca di calcio. Ha giocato in Italia per anni. Ora è il primo sponsor del calcio tedesco, un modello da prendere ad esempio.

17/02/2013
Oliver Bierhoff insieme al ct della nazionale tedesca Loew durante Euro 2012 (Ruters).
Oliver Bierhoff insieme al ct della nazionale tedesca Loew durante Euro 2012 (Ruters).

Il calcio tedesco, modello da seguire. Pep Guardiola, quando ha cominciato a sentire nostalgia della panchina, non ha avuto dubbi: tra tante offerte, ha accettato quella del Bayern Monaco. Giancarlo Abete, intramontabile presidente della Federcalcio, ha detto a chiare lettere che il calcio italiano dovrebbe rifarsi proprio a quel modello. In entrambi i casi, difficile da torto. La Germania del calcio è all’avanguardia, in Europa. Stadi splendidi e sempre pieni (la Bundesliga è il campionato di calcio più seguito al mondo).
Una marea di giovani in rampa di lancio e nazionale multietnica. In più, risultati più che apprezzabili a livello internazionale (il Bayern sconfitto in finale di Champions League, le ottime performance del Borussia Dortmund. Germania e Italia: due pianeti differenti, nel calcio. Oliver Bierhoff, ex centravanti di spessore (suo il golden-gol che regalò alla Germania il titolo europeo nel 1996), le conosce entrambe. E’ il team-manager della nazionale tedesca, in Italia ci ha giocato per anni, segnando valanghe do gol. Osserva la Germania e consiglia l’Italia.

- Bierhoff, il calcio tedesco è veramente così avanti?
"Sì, senza alcun dubbio. Abbiamo fatto passi da gigante, l’intero movimento è cresciuto in maniera impressionante col passar degli anni."

- Quale il segreto?
"Cogliere al volo le occasioni e imparare dalle sconfitte."

- Quali occasioni sono state colte al volo?
"Il Mondiale del 2006, che sul campo s’è concluso in maniera amara, ma fuori ci ha dato una spinta incredibile."

- In che senso?
"Ci ha lasciato un patrimonio eccezionale, in termini di impianti. Penso che la Germania abbia gli stadi più belli e funzionali. E i risultati si vedono."

- Come?
"Il seguito dei tifosi è esemplare. Siamo nel terzo millennio, la gente vuole comodità. Vedere una partita in uno stadio tedesco è un piacere, in quelli italiani un po’ meno."

- Ma quel Mondiale non ha lasciato eredità importanti anche sul campo?
"Sicuramente, non c’è dubbio. La Germania ha una nazionale giovane, che continua a crescere, malgrado perda puntualmente con l’Italia. Ma, a proposito di occasioni colte al volo, si tratta in questo caso di un processo cominciato molto prima."

- A quando risale?
"A dopo l’estate del 2000. Fu l’estate dell’Europeo più deludente che io ricordi, chiuso con l’eliminazione al primo turno. Da quel momento, si decise di puntare molto sui giovani e mi sembra sia stato fatto un ottimo lavoro. La Germania è stata la nazionale con l’età media meno elevata sia all’ultimo Mondiale che all’ultimo Europeo."

- In più, i club sono economicamente sani: com’è possibile, visto ciò che accade altrove?
"Innanzitutto, dipende dalle politiche societarie: nessuno fa mai il passo più lungo della gamba. E quando le cose vanno male si corre ai ripari: pensi che il Borussia Dortmund pochi anni fa era in una condizione finanziaria pessima, ma è riuscito a tirarsi su grazie agli incassi e alla politica sui giovani, peraltro riuscendo a rilanciarsi anche sul campo, vincendo due campionati di fila."

- E come mai la Bundesliga non attira capitali stranieri?
"C’è una norma che preclude investimenti stranieri, la cosiddetta legge del 50 + 1, nel senso che la maggioranza del club è dei tifosi: nessuno investirebbe in Germania non avendo la maggioranza e non potendo prendere le decisioni importanti."

- L’Italia può rifarsi al modello tedesco?
"Secondo me, dovrebbe rifarsi."

- In che modo?
"Innanzitutto, puntando su impianti nuovi e provando ad attrarre pubblico. E poi lavorando di più sui giovani. Del resto, siamo in tempi di Financial Fair Play europeo: più che una scelta, è quasi un obbligo."

- Vede qualche club avviato su questa strada?

"Il Napoli sta facendo buone cose: prima di tutto ha i conti in ordine da anni e poi prova a valorizzare le proprie risorse. Certo, se avesse uno stadio di proprietà potrebbe fare ancora meglio."

- Quello ce l’ha la Juve: buon punto di partenza?
"Non c’è dubbio. E mi sembra che si stia rivelando un investimento eccellente. La Juve ha avuto bisogno di spendere tanto per risalire la china dopo Calciopoli, ma ora sta lavorando molto bene, anche grazie al suo nuovo stadio."

Ivo Romano
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