13/08/2012
La squadra azzurra di ginnastuca artistica.
A Rio de Janeiro, fra quattro anni, organizzare dei buoni Giochi olimpici, prima volta per il Brasile (nel 2020 o Istanbul o Madrid o Tokyo, lo sapremo nel 2013), sarà assai più difficile fare tutto bene di quanto lo sia stato a Londra 20012, terza volta per la metropoli inglese, dove la canonica rovinologia della vigilia (attentati, trasporti, caos del traffico cittadino, bagarinaggio spinto, gesti isolati di un folle…) è stata tutta smentita: neanche un straccio di uomo nudo in uno stadio.
Bella e presuntuosa la cerimonia inaugurale, poi lo svolgimento regolare delle gare, con organizzazione buona e pubblico magnifico, e con la televisione intenta a spettacolarizzare anche se non soprattutto sport che sono da circo o da “giochi senza frontiere”. Siccome anche a noi questi sport, comunque omaggiati da grossi sacrifici degli atleti, hanno dato medagliuzze, sorvoliamo, davvero per amor di patria.
Il pugile Roberto Cammarelle.
L’Italia ha conquistato28 medaglie, una di più che quattro anni fa a Pechino. Allora 27 (8 d’oro, 9 d’argento dopo la revoca per doping del secondo posto a Rebellin nella prova ciclistica in linea, 10 di bronzo), questa volta stessi ori, stessi argenti, un bronzo in più. Il Coni aveva fissato a 25 il minimo diciamo pure sindacale, essendo che gli atleti olimpici (266 i nostri iscritti) sono foraggiati con salari e premi acciocché diventino olimpionici (olimpia più nike, cioè vittoria): a metà del programma sembravamo in ritardo,poi ci sono stati buoni colpi d’ala.
A Pechino l’Italia fu la nona nazione su duecento, a Londra è stata l’ ottava, superando rispetto ad allora l’Australia e rimanendo in un ipotetico G8 dello sport. A Pechino la Francia rivale storica e cronica ci stava subito dietro (7) nell’oro, che fa la classifica, ma in totale aveva 41 medaglie. A Londra la Francia ci sta davanti con 44 medaglie in tutto: 11, 11 e 12.
Josefa Idem.
Siccome le medaglie si pesano, non si contano, diciamo che le 27 di Pechino 2008, con un oro nel nuoto (Pellegrini) e uno nell’atletica (Schwazer, e ci sono adessso ombre tristi ma anche lunghe) contano più delle 28 di Londra, che comunque non sono male.
Sport più nostro la scherma, con 7 medaglie e la solita missione compiuta di fare cassa (puntuale anche il tiro, mentre è mancato stavolta il ciclismo, appena una medaglietta), nessun nostro re nel senso di personaggio dominante (si aspettava Schwazer…), una regina che non è la Pellegrini ondina in complessa apnea ma una signora nata in Germania e fattasi italianissima per amore, Josefa Idem, la canoista quinta a 48 anni e alla sua ottava Olimpiade.
Negli sport di squadra avevamo mancato le qualificazioni di basket e calcio, siamo stati bravi assai nella pallanuoto, secondi dietro alla Croazia, bravi nella pallavolo, terzi dietro a Russia e Brasile.
Ribadito che siamo un paese di grandi sportivi,non un grande paese sportivo. Il bottino degli azzurri insieme con la crisi dell’economia, della politica e del parlamento ci garantiscono, forse, la mancanza di demagogiche interpellanze da parte di onorevoli che di solito usano lo sport per certificare la loro esistenza.
Jorge Enriquez, ct del Mexico, oro nel calcio.
Nella graduatoria per nazioni, un tempo osteggiata perché foriera di nazionalismi, ora praticatissima per la stessa ragione, hanno primeggiato gli Stati Uniti, 46 più 29 più 29, in totale104 medaglie contro le 87 della Cina seconda (38, 27,22).
Grande ritorno Usa, visto che a Pechino, in casa, la Cina aveva vinto più oro, 51, e questo aveva voluto dire il primo posto, nonostante il totale di 100 (51 più 21 più28) contro110 degli americani (36 più 38 più 36).
Fattore-campo ma non solo nelle 65 medaglie della Gran Bretagna terza (29, 17, 19), che l’oro mette davanti alla Russia con i suoi 82 podi (24 più 25 più 33). Davanti a noi anche Corea del Sud, Germania e Francia, dietro di noi Ungheria, Australia e Giappone. Ogni nazione può fare i suoi calcoli in relazione a popolazione, tradizione, situazione economica eccetera. La Russia, che quando era Urss dominava, può mettere in conto la diaspora dell’Unione Sovietica, con le nuove repubbliche capaci di belle medaglie. Al Messico basta e avanza per la felicità massima avere battuto il presuntuoso Brasile nella finale del calcio.
Jacques Rogge, presidente della Commissione olimpica con la bandiera dei giochi.
I Giochi non hanno dato al mondo la pace, come le leggende dicono avvenisse in passato. In Siria i massacri sono andati avanti e non si è neanche usata la cassa di risonanza dello sport per dire dell’orore e dello sdegno.
Non c’è stato un intero continente emergente come nel 1968 fu l’Africa, ci sono state tante piccole nazioni emergenti eccome,specie quelle caraibiche. Comunque il Grande Paese del mondo dello sport è la piccola Giamaica di Bolt e C., dei quattro splendidi ori nell’atletica anzi nello sprint (12 in tutto le medaglie, 4 più 4 più 4).
Quanto la continente-donna, finalmente è stata presente in tutte le rappresentative nazionali dei paesi arabi,sia pure con complesse vicende legate al velo-non velo.
Usain Bolt, il re di Londra 2012.
Non è stato proposto, neppure da re Bolt che non ha migliorato i suoi primati, nessun nuovo limite umano. Lo sport ha resistito, smentendo – evviva - il nostro personale pessimismo, alla violenza tecnologica, inquisitrice di Twitter, blog, facebook e altre diavolerie. Più o meno i soliti sacri principi dello sport, o almeno di quello olimpico, sono stati enunciati bene , accolti bene, bene praticati. Il doping è stato perseguito e pensiamo spesso individuato e punito, anche se temiamo progressi, per ora ignoti ai controllori, della chimica bara.
Per riflessioni diciamo almeno un pochino spirituali, onde chiudere Londra 2012 senza troppi numeri e con qualche pensiero speciale, ci prendiamo un po’ di tempo.
Gian Paolo Ormezzano