Calcio, Italia spolpata da nuovi ricchi

Il nostro campionato sarà povero di gioco e forse di emozioni: nel mercato dei calciatori prevale la quantità più che la qualità. Al contrario dei francesi del Paris Saint-Germain.

21/07/2012
Da sinistra: Leonardo con Carlo Ancelotti, il nuovo allenatore della squadra francese del Paris Saint-Germain (Ansa).
Da sinistra: Leonardo con Carlo Ancelotti, il nuovo allenatore della squadra francese del Paris Saint-Germain (Ansa).

Il calcio italiano è più povero, o meno ricco, e già c’è chi mette i piedi avanti e dice che il nostro prossimo campionato sarà povero anche di gioco, di emozioni. Stranieri che da noi erano stelle sono passati a squadre estere, dall’estero non è arrivato fra di noi nessuno veramente forte. La quantità ha prevalso, al mercato del calcio, sulla qualità, almeno per quel che ci riguarda: della quarantina di calciatori stranieri, troppi anzi troppissimi, ingaggiati dalle nostre squadre sino ad ora (all’estero i campionati in genere cominciano presto, in questi giorni,e dunque ormai sono possibili soltanto acquisti di stranieri non riconfermati dalle loro squadre di appartenenza o di stranieri con contratti alti o da ulteriormente alzare, e ancora in discussione con le loro squadre di appartenenza), nessuno è celebre, pochi sono almeno vagamente conosciuti, il meno giovane ha appena 28 anni, è El Hamdaoui marocchino per la Fiorentina, il più caro è costato appena 5 milioni, è Castan brasiliano per la Roma.

Arturo Vidal, della Juventus, firma autografi prima della partita con i dilettanti dell'Aygreville a Saint Vincent (Ansa).)
Arturo Vidal, della Juventus, firma autografi prima della partita con i dilettanti dell'Aygreville a Saint Vincent (Ansa).)


La svolta di mercato è epocale: per noi, ma anche per gli altri, che non ci patiscono più, anzi ci infliggono patimenti, nel senso che spolpano le nostre squadre (tutte fuorché la Juventus che con stadio di proprietà sempre pieno e denaro di casa Fiat rifiuta persino offerte sensazionali: ma il rosso del suo bilancio è profondo). La cura di dimagrimento dovrebbe sicuramente farci del bene. I nostri presidenti hanno smesso di essere i “ricchi scemi”, secondo una celebre azzeccata definizione del presidente del Coni Onesti, emessa tanto ma tanto tempo fa però rimasta valida a lungo, la crisi li ha costretti a diventare intelligenti o almeno cauti. Le tifoserie, persino quelle più “vessate”, cioè quelle del Milan e dell’Inter che hanno organici da media classifica, sembrano quasi avere capito. Ma bisogna attendere la controprova dei risultati: anche in Europa, dove la Juventus sembra attrezzata per la Champions League ma il Milan no e l’Udinese nemmeno (ma questo sta nei programmi oculati del club friulano, che ogni anno vende giocatori stranieri valorizzati e ne prende altri sconosciuti ma di sicura valorizzazione).

Ibrahmovic alla presentazione sotto la Tour Eiffel, a Parigi, con la maglia del Paris Saint-Germain (Ansa).
Ibrahmovic alla presentazione sotto la Tour Eiffel, a Parigi, con la maglia del Paris Saint-Germain (Ansa).


Ibrahmovic per la quinta volta nella sua carriera di asso superopportunista, in campo e fuori, più costoso di ingaggio che di cartellino, ha detto che si avvera il suo sogno, cioè che va a giocare nella squadra dove ha sempre sognato di arrivare. Lo disse passando dall’Ajax alla Juventus, dalla Juventus all’Inter, dal’Inter al Barcellona, dal Barcellona al Milan e lo dice adesso passando dal Milan al Paris Saint-Germain, dove va guadagnare per quattro stagioni 15 milioni l’anno, pagati dal petrolio del Qatar, cioè dagli automobilisti francesi. La tassa del 75 per100 voluta dal neopresidente transalpino Hollande sui guadagni dal milione in su non lo riguarda: il suo introito è previsto al netto. La società parigina, affidata al nostro Ancelotti che non può fallire (lo scorso campionato francese è stato vinto dai ”nessuno” del Montpellier), aveva speso 96 milioni nel 2011-2012 per assicurarsi Pastore dal Palermo (44 folli milioni) e Sirigu sempre dal Palermo (4 milioni), Sissoko dalla Juventus (7), Menez dalla Roma (8), Thiago Motta dall’Inter (12), e diciamo del solo mercato fatto in Italia. Per il 2012-2013 ha superato i 100 milioni spesi chez nous: il solo Thiago Silva, dal Milan, è costato 42 milioni, contro i 20 di Ibrahimovic, i 30 per Lavezzi dal Napoli,i 12 per Verratti, anni 20, direttamente dalla serie col Pescara. Il fair play finanziario che il francese Platini, capo del calcio europeo, vorrebbe imporre alle squadre spendaccione è già ridicolizzato.

Il neo Ct della Russa, Fabio Capello, a Mosca, con un contratto sino al 2014 (Ansa).
Il neo Ct della Russa, Fabio Capello, a Mosca, con un contratto sino al 2014 (Ansa).


Abbiamo inventato le follie: ce le hanno copiate e gonfiate con denaro soprattutto arabo. Il calcio europeo del 2012-2013 è chiamato davvero a darsi ed offrire una nuova fisionomia. Con allenatori italiani sulle panchine importanti: Ancelotti al Paris Saint Germain, Mancini al Manchester United, Spalletti allo Zenith di San Pietroburgo, intanto che Lippi è andato in Cina e Capello è passato dalla Nazionale inglese a quella russa. Tutti strapagati, ovvio. E il manager dei manager è Mino Raiola, poliglotta, dal Sud dell’Italia a Malmoe e poi ad Amstersdam insegnando pure a fare le pizze, un’amicizia solida con Ibrahimovic, ed anche la procura di Balotelli.

L'ex milanista Thiago Silva (Ansa).
L'ex milanista Thiago Silva (Ansa).


Si dovrà rifare a fine agosto il punto nostro del mercato, ma intanto la fisionomia generale è nuovissima, ci gratifica in un senso, ci inquieta nell’altro. Siamo intelligentemente poveri o stupidamente poveri? O invece siamo ricchi ma l’aggettivo riguarda pochi, quelli che incassano, compreso Berlusconi che, in versione francescana, ha smesso di irrorare il Milan col suo denaro personale, dopo avere regalato l’ultima notizia fasulla (“Thiago Silva rimane con noi”). E la ricchezza di incassi e di ritrovato ancorché forzoso equilibrio anzi risparmio può non avere riverberi sulle tifoserie; anzi. I nostri club comunque all’estero hanno comprato, se si vuole investito, puntando su elementi sconosciuti e spesso anche giovanissimi: il che non sarebbe un male, se non fosse che si va sui vivai stranieri perché sono stati abbandonati tanti vivai italiani, in un empito di masochismo difficile da spiegare.


Ma c’è ancora mercato. La Juventus cerca il top player, anche se magari lo aveva in casa e si chiamava Del Piero. Inter e Milan cercano di convincere i loro tifosi che dimagrire è bello. Il Napoli e la Roma giocano a fare le quasi ricche però attente a non sforare. L’Udinese compra bene, rivende benissimo, guadagna. Già scritto ma da riscrivere: è quasi un dovere in Italia tifare Udinese, come in Francia tifare Montpellier.

Gian Paolo Ormezzano
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