Calciomercato, soltanto un bluff

Il mercato vero lo fanno i procuratori dei giocatori, che sulla buona fede dei tifosi si accordano sotto banco prima con i venditori e poi con i compratori. Così...

31/01/2012
L'attaccante del Catania, Maxi Lopez (foto Ansa).
L'attaccante del Catania, Maxi Lopez (foto Ansa).

Una cosa è certa ed è bene scriverla subito: il calciomercato di gennaio, che si chiude il 31, è un bluff, ed è anche un bluff ignobile perché giocato sulla buona fede dei tifosi e farcito di truffe, ricatti, finzioni. Un’altra cosa è più certa ancora ma è assoluta, non relativa a questi estremi giorni di, appunto, calciomercato: le squadre sono fatte non da tecnici che dirigono o da dirigenti che pagano, ma dagli agenti dei giocatori, procuratori o rappresentanti o manager o magnaccia.

Il bluff: non c’è squadra che si privi di un giocatore davvero valido, davvero utile, senza una contropartita altissima anzi assurda, folle. Se viene comunque messo sul mercato un campione, è assolutamente certo che il tipo “ha il verme”: guasto fisico, incompatibilità psicologica, riserva morale (un calciatore celebre che, mettiamo, non gioca quasi mai, che la sua squadra mette sul mercato “di riparazione” e che però nessuno vuole prendere e rilanciare come titolare, può essere molto semplicemente un adepto della cocaina, ormai presente anche nel calcio con tentacoli e spacciatori).

Il procuratore è pagato a percentuale sul contratto che riesce a strappare per il suo assistito: più questi guadagna più la percentuale del procuratore sale. E ci sono anche i bonus: il 5 per 100 sino al milione annuo che ottengo per te, il 10% se arrivo ai 2 milioni, se oltre si passa al 25 per 100. E dunque questo procuratore può, se disonesto, mettere in atto tutti gli accorgimenti per far sì che il suo giocatore cambi casacca, e in meglio.

Ecco una serie di situazioni-limite, ma non irreali. Il procuratore prima suggerisce al suo cliente il rilassamento, la mollezza in campo (e niente rischi fisici), visto che nel calcio il rendimentometro non esiste: e così il club entra nell’idea di cederlo. Poi fa sapere al club interessato all’acquisto che il calciatore sta benissimo ma vuole cambiare aria e dunque esegue le meglio finte del suo repertorio, sino al simular broccaggine. Eventualmente si accorda con il venditore, così: io ti faccio comunque guadagnare tanto, con un giocatore in crisi, e poi tu mi fai un regalo. E si accorda con il compratore così: ti faccio spendere meno di quel che dovresti, il giocatore si è volutamente lasciato andare, è deprezzato, tu mi fai poi un regalo.

Carlos tevez durante una partita con la maglia del Manchester City (foto Ansa).
Carlos tevez durante una partita con la maglia del Manchester City (foto Ansa).


Ovviamente ci sono i procuratori onesti (che stanno cercando di dare dignità al loro lavoro), i giocatori onesti, i dirigenti onesti. Ma ci sono anche situazioni che gridano all’intrigo. D’altronde i presidenti non possono bypassare i procuratori, i quali a tempo debito hanno strappato ai loro assistito la carta bianca che più bianca non si può, e sono i veri padroni. E le formule dei trasferimenti sembrano fatte apposta per confondere le idee (anche ai tifosi, anche al fisco che non ci capisce più niente): prestito secco con cifra prefigurata, prestito non oneroso, prestito con diritto di riscatto della comproprietà, presti con diritto di riscatto di tutto il cartellino, prestito con obbligo di riscatto. Tante invenzioni cavillose per mungere sempre più soldi alle società.

Il calciomercato di gennaio è figlio degli errori dell’estate e degli affanni contingenti (infortuni per preparazione scarsa: aggravante, non attenuante), delle cosiddette istanze della piazza che si nutre di novità. I calciatori ci stanno, mal che vada guadagnano di più, e non prude la lana della sciarpa del nuovo club, al collo per le foto di rito. Uno giocherà contro il suo club di pochi giorni prima? Tutto regolare, è il lavoro, non si è professionisti per niente.

C’è comunque delusione in Italia per i trasferimenti di gennaio, pochi e non di grido. La Juventus capoclassifica, che deve alimentare i suoi sogni di grandezza ritrovabile più in fretta del previsto ha preso Borriello che ormai Milan e Genoa e Roma avevano pensionato (e l’anno scorso la Juve aveva preso Toni, un preBorriello), e ha ripreso Caceres, fatto fuori due anni fa. L’Inter voleva spendere per Tevez, ma il Milan l’ha bloccata accaparrandosi il sì del giocatore, poi sono subentrati i languori di Pato, innamorato di una figlia di Berlusconi, e i problemi fisici di Pato, gracile assai, il Manchester City per Tevez ha giocato al rialzo, il procuratore di Tevez pure, non se ne è fatto nulla e forse è meglio così.

Alla fine il Milan ha preso dal Catania un altro argentino, Maxi Lopez, e per fortuna che anche lui finisce per guadagnare di più, sennò avrebbe finito per offendersi durante un’umiliante attesa nella parte dell’acquisto di riserva. L’Inter ha battuto la Juve nella corsa non particolarmente affascinante a Guarin, un colombiano del quale pochissimi conoscevano l’esistenza. Poi tanti cambi (e scambi) che non cambieranno nulla; e d’altronde se cambiassero tutto o molto, questo vorrebbe dire che nel mercato estivo tutto o molto era stato sbagliato, e che il bluff è davvero continuo e totale.

Naturalmente ogni squadra ha magnificato il proprio ipotetico rafforzamento, o ha spiegato alla luce di una convenienza economica enorme il proprio innegabile indebolimento
. I giornali hanno dato conto giorno dopo giorno delle grandi manovre, delle operazioni in fieri ma in nuce, in atto, abbozzate, protratte, talora concluse.

Clic sulla sciarpa nuova del calciatore vecchio. Con una sorta di tobin tax almeno sul calciomercato di gennaio si finanzierebbe un bel po’ di quel movimento giovanile che in Italia sta morendo, perché i nostri club trovano più comodo razziare nei vivai all’estero, mentre per quel che riguarda gli elementi della prima squadra tutti giocano al gioco, appunto, del calciomercato. Che non è il gioco dell’oca, dove almeno i dadi sono neutrali, è il gioco delle oche, e le oche siamo noi.

Gian Paolo Ormezzano
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