23/12/2011
Il difensore del Gubbio, Simone Farina, che ha rifiutato 200.000 euro per truccare la partita di Coppa Italia col Cesena
Il commissario tecnico della Nazionale di calcio, Cesare Prandelli, ha detto che alla ripresa dell’attività azzurra convocherà Simone Farina, calciatore del Gubbio, per premiarlo della sua onestà: non solo ha rifiutato 200.000 euro per truccare, lui difensore, la partita di Coppa Italia col Cesena, ma ha denunciato la cosa, dando una mano importante alla giustizia sportiva come a quella ordinaria, impegnata la seconda nello scandalo delle scommesse ed impegnata a passare poi gli atti ai giudici calcistici perché ne facciano l’uso di loro competenza.
Appuntamento per Farina il 27 febbraio a Coverciano, dove si raduneranno i nazionali per l’unico incontro amichevole (avversaria la rappresentativa statunitense) prima del ritiro in vista degli Europei. Da notare che Prandelli aveva già premiato con la convocazione un atto di onestà; Alessandro Diamanti del Brescia era stato invitato nell’ambiente azzurro, prima di un match con la Romania, per avere detto all’arbitro, il quale aveva fischiato un rigore a suo favore, in una partita contro la Juventus, che in realtà il fallo non c’era stato.
Evviva Farina, evviva Prandelli. Abbasso il calcio. Abbasso lo sport se un atto di onestà è così isolato da diventare sensazionale.
Dal caso di Farina però può e forse deve partire un certo discorso sulla possibilità o meno dello sport di vetrina, quello del tanto denaro e dei grossi guadagni ottenibili con illeciti di varia natura - su tutti quello di un esito truccato di un confronto - di rimanere fondamentalmente onesto. Siamo pessimisti se diciamo che no, non può? Che troppo vasti e ramificati sono gli interessi, troppo comoda e seducente la tecnologia a disposizione (Internet è una miniera di opportunità), che si devono ipotizzare truffe compiute tante, truffe scoperte poche?
Ci fu negli anni Trenta un pugile italiano, Primo Carnera, che divenne campione del mondo dei pesi massimi con una carriera travolgente in cui però molti incontri erano stati truccati da un impresario senza scrupoli, con avversari pagati perché andassero ko. Lui, Carnera, un gigante davvero buono (e però anche colto, parlava inglese francese e italiano, si muoveva bene nel mondo, e la buona fede non era e non è una colpa), non si era accorto di nulla. E non volle mai accettare la verità, si autoconvinse di avere vinto regolarmente, anche perché non ci furono inchieste né condanne.
In Italia un trucco pesante fu quello che portò, ai Mondiali di atletica 1987 a Roma, un saltatore in lungo italiano, Giovanni Evangelista, a un volo da medaglia di bronzo. Alterando prima una macchina misuratrice e poi un verbale di gara, gli erano stati regalati molti centimetri. Lui era forte (primo italiano a superare gli 8 metri), non si accorse del “regalo”, in realtà dovuto all’iniziativa di alcuni giudici nostrani, troppo nostrani. Scoperto l’inghippo, venne declassato di un posto, niente bronzo.
Adesso nel gran mondo dello sport, o se preferite nel mondo del grande sport, quando si pensa a un trucco si pensa al doping, non ad altri inghippi più o meno complicati, più o meno tecnologici.
L’onestà poi può anche non pagare: Filippo Simeoni, ciclista italiano, accusò Lance Armstrong, lo statunitense dominatore per sette anni del Tour de France, di barare col doping, e lo stesso Armstrong, passato indenne attraverso centinaia di controlli, provvide a stroncare una fuga in cui stava il suo nemico Simeoni, alle prese con l’unica possibilità della sua vita di vincere una tappa nella grande corsa francese.
E per finire: anni fa la lettera di un calciatore a Famiglia Cristiana conteneva la confessione di un illecito, venne pubblicata anonima su richiesta del pentito, la ricerca di nome e cognome del giocatore venne condotta da parte della giustizia ordinaria prima ancora che di quella sportiva. C’era però di mezzo la dignità di un uomo coraggioso e il suo diritto del rispetto di una sua decisione, la direzione del giornale tenne duro, ci fu molto chiasso ma alla fine le polemiche si spensero, le ricerche finirono. E la faccenda adesso sembra appartenere a una sorta di preistoria…
Gian Paolo Ormezzano