Ciclismo, stagione da dimenticare

E' stata una stagione davvero deludente. Con magrissimi risultati. Eppure resta uno degli sport più amati dagli italiani.

25/09/2011
Ivan Basso.
Ivan Basso.

I nostri ciclisti non hanno vinto “neanche” la corsa per il titolo mondiale professionistico su strada del 2011. Il nuovo commissario tecnico, Paolo Bettini, succeduto a Franco Ballerini morto in un incidente d’auto, non poteva fare miracoli, con anziani consumati e nuovo un materiale umano ancora in formazione. La stagione sta per chiudersi senza nessun nostro successo nelle corse classiche di un giorno e nelle grandi corse a tappe (l’anno scorso due “italiane” su tre: Giro d’Italia con Basso e Giro di Spagna con Nibali). Resta il Giro di Lombardia del 15 ottobre: ma sarà sepolto dalle nebbie del clima e dell’informazione, e fra l’altro verrà disertato da tanti grossi corridori o già in riposo o impegnati  al sole di tanto altro mondo, a cominciare dal campione iridato, l’inglese Mark Cavendish, il supervelocista nato nell’isola di Mann, dove i  gatti non hanno la coda, e arrivato dalla pista.   

L’unico nostro oro dai giorni iridati di Copenaghen è merito di una stradista, Giorgia Bronzini (nomen anzi cognomen davvero non omen), al bis consecutivo. Ma attenzione: il ciclismo non è il nuoto e neppure lo sci e neppure se vogliamo il basket o il volley, dove un successo delle donne vale, in Italia, ormai quanto un successo degli uomini. Il ciclismo in questo è come il calcio: se le nostre calciatrici diventassero campioni del mondo non potremmo di certo dire che ci consolano dalle delusioni dei maschietti.  E’ crisi, ma questo lo si sapeva dai non risultati di tutto l’anno: sono fra l’altro arrivate nel ciclismo forze nuove da tutto il mondo, un australiano ha vinto il Tour de France, l’Est europeo “preme” con sempre più atleti, Cavendish inglese richiama il lontanissimo (1965) successo di un suo connazionale, Tom Simpson, quello morto di chimica balorda sul MonteVentoux, la pietraia rovente del Tour: “riattualizzato”, se così si può dire, dalle storiacce di doping di questi giorni. E’ crisi, ma lo è anche di Francia e Belgio, con noi dominatrici a lungo, troppo a lungo, con la geografia del mondo della bici ristretta assai per anni, anzi per un secolo.

E’ crisi, ma ci sono giovani emergenti. E’ crisi, ma la nostra gente ama sempre questo sport, nonostante le dure brutte storie che per fortuna (insomma…) arrivano ormai più dal settore cosiddetto amatoriale, quello dei pazzoidi anzianotti che cercano forze rapide per vincere le sfide con i loro altrettanto pazzoidi coetanei, che dal settore dei giovanissimi.  E’ crisi, ma paradossalmente potrebbe giovare alla non drammatizzazione di essa una certa colpevole indifferenza della grande informazione, ormai in ginocchio davanti al totem del calcio, per sporco che sia, con poche attenzioni per dei fessi che guadagnano tre soldi e faticano e rischiano trecento volte di più. I giornali, di carta e di etere, che sistemano ormai in piccoli spazi anche certe grandi corse in bicicletta avranno, si spera, il pudore di non fare operazioni di sdegno catoniano quando gente da essi trascurata sempre si permette di non conquistare un grande traguardo.  Tutto qui. Non debbono essere inventate scuse italiote per una corsa mancata, come è quella, lotteristica assai, che assegna in poche ore il titolo mondiale, quest’anno poi su un percorso assolutamente non selettivo.  

Piuttosto, guardando avanti, prepariamoci ad un davvero nuovo Giro d’Italia 2012. La Rcs, padrona della corsa ed editrice de La Gazzetta dello Sport che la “timbra” da sempre, ha sostituito abbastanza a sorpresa con un gruppo operativo il direttore della corsa rosa, Angelo Zomegnan, giornalista della scuola organizzativa di Vincenzo Torriani, il padre di tutti i “patrons”. C’è chi teme un Giro molto nuovo ma poco, come dire?, ciclistico. Noi ci fidiamo della forza dell’essenza poetica della corsa, noi stiamo con la gente che va sui monti ad aspettare i corridori e che deve essere rispettata  nella sua nobile pazzia. Nessun progresso troppo spinto, troppo rutilante deve umiliarla o comunque  non rispettarla. Siamo fiduciosi. Nella gente, e non solo. 

Gian Paolo Ormezzano
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Postato da santrev il 27/09/2011 12:42

Come sempre ci sono le donne a metterci una pezza....! Ricordiamoci qualche volta anche della nazionale femminile, ma non solo quando i maschi perdono.

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