19/03/2011
L'australiano Matthew Goss, vincitore della Milano-Sanremo 2011.
La Milano-Sanremo detta anche corsa al sole, classicissima di primavera, porta della stagione, traguardo dei traguardi è stata vinta per la prima volta da un australiano, tale Matthew Goss alla sua seconda apparizione in questa gara (la prima volta si era ritirato). E’ un velocista purissimo, unico superstite di quelli della sua tribù per la volata finale sul lungomare intitolato a Italo-Calvino, sanremese per chi non lo sapesse. Ha vinto su Cancellara svizzero, Gilbert belga, Ballan e Pozzato e Scarponi italiani, Offredo francese. Nibali, il nostro giovane che promette di più, ha cercato di lasciare tutti indietro sul Poggio, nel finale, ma la salita era troppo corta per lui, scalatore di forza e di resistenza e di persistenza. Sono cinque anni di seguito che vincono gli stranieri: dopo Pozzato 2006, Freire spagnolo 2007 e 2010, Cancellara svizzero 2008, Gilbert belga 2009. E adesso ecco l’uomo dell’emisfero australe, reduce dalla Parigi-Nizza che ha ripreso, forse provvisoriamente, lo scettro di corsa ideale di preparazione, a scapito della Tirreno-Adriatico.
E’ stata una Milano-Sanremo nel suo lungo andare veloce e combattuta: i passisti, anzi da quest’anno gli assaltatori (neologismo che ha incontrato) hanno fatto fuori con il loro ritmo tutti i velocisti tipici fuorché uno, che ha tenuto le ruote e poi ha vinto facile. Clima buono, poche gocce di pioggia, incidenti non di rilievo. Corsa normale, insomma, e dunque bella perché la Sanremo è sempre la Sanremo. Ricordiamo che nel passato il ciclismo italiano rimase a secco di vittorie dal 1953 di Loretto Petrucci al 1970 di Michele Dancelli. Dunque nessun allarme di tipo, diciamo, statistico. Ma c’è un enorme allarme di genesi psicologica.
La gente ama ancora il ciclismo, sta sulle strade e sta persino con quei corridori che hanno gareggiato nella Sanremo ostentando un fiocco bianco sul manubrio per protestare contro l’adozione del severissimo passaporto biologico, una superschedatura ciclomasochistica che ad esempio ha tolto dal mondo delle biciclette il nostro Pellizzotti, assolto dai tribunali dell’antidoping. Ma sono i media che non lo amano più. Il ciclismo non è sport da gossip, da you tube, da facebook, da fantaeccetera: è sport e basta, poca roba insomma.
Pensiamo che mai, da che il ciclismo è in Italia sport popolare o meglio di popolo, una Milano-Sanremo è stata così poco “preparata”, annunciata, presentata dai media. Poche righe, a parte le pubblicazioni specializzate, per le corse di preparazione, in sordina i reportages della vigilia, quelli dalla vecchia punzonatura. E sicuramente l’australiano vittorioso non vale qui da noi per titoloni e anche per titoli normali.
Lo stacco mentale, più che sentimentale, lo stacco giornalistico deve preoccupare. Ancora tre vigilie così e la gente comune, quella che fornisce i lettori comuni, sarà autorizzata pensare che la Milano-Sanremo non viene più disputata.
Non arriviamo a capire compiutamente il perché di questo distacco. Il Giro d’Italia ne prende comunque atto e si raccomanda per curiosità di percorso più che per promesse e premesse tecniche e agonistiche. Latitano i personaggi, per stare all’Italio non abbiamo neanche l’ombra dell’ombra dell’ombra non diciamo di Coppi, né di Bartali o Gimondi, ma di Pantani.
Il ciclismo è fuori dalla vetrina degli sport ricchi, rutilanti, appetititi, appetibili, gossipati. E’ una onesta fatica che non porta i milioni, che puzza di sudore, che sposa il rischio fisico e comunque la spossatezza, che si lega a valori diciamo pure primordiali. I ciclisti sposano ancora le compagne di banco, anche di panca alla funzione domenicale nella chiesa del paese. La gente va a vederli anche e specialmente sulle montagne, ma la stessa gente, assolto quello che è una sorta di dovere, poi si dà ai fescennini dello sport estremo, vetrinistico, gossiparo. Sembra quasi che con il ciclismo un buonuomo paghi il debito di emozioni/commozioni contratto dai padri e dai nonni, ma non spostabile sui figli.
Da pensarci su. Per adesso, dopo una Sanremo moscia, e con la certezza onesta che avremmo scritto tutte queste righe anche in caso di successo italiano, diciamo che se si perde il ciclismo, ci perdiamo tutti.
Gian Paolo Ormezzano