Coppa America, adios calcio "bailado"

In finale ha vinto l'Uruguay sul Paraguay. Ma è stato un torneo brutto, con tanto catenaccio e perdite di tempo all'italiana. E molte delusioni, compreso il fenomeno Messi.

27/07/2011
La delusione dell'Argentina di Lionel Messi, padrona di casa della Coppa America 2011, dopo la sconfitta ai rigori contro l'Uruguay.
La delusione dell'Argentina di Lionel Messi, padrona di casa della Coppa America 2011, dopo la sconfitta ai rigori contro l'Uruguay.

“Conterà” per un bel po’ di tempo la Coppa America di calcio, il campionato continentale vinto dall’Uruguay sul Paraguay, in finale le due squadre che hanno fatto fuori, in semifinale ai rigori, l’Argentina padrona di casa e il Brasile. “Conterà” per come trasferirà o restituirà al calcio europeo i giocatori sudamericani dalle poche vacanze e dalle molte tensioni, per come influirà non solo sul mercato, ma anche sul comportamento di tanti in squadre di nazioni diverse dalla loro, i fratelli di ieri che diventano i nemici di domani.

La Coppa America, molto seguita dai calciofili italiani per via della presenza in tante squadre sudamericane di nostri cocchi belli, cioè assi o presunti tali strapagati dai nostro club con quelli che indirettamente sono nostri soldi (abbonamenti televisivi, biglietti, merchandising, feticismi assortiti, editoria, tempo sottratto alla famiglia, alla scuola, al lavoro, braccia gesticolanti sottratte all’agricoltura…), peraltro è stata abbastanza brutta, cioè giocata male, con tanto catenaccio e niente football “bailado”, con tante perdite di tempo all’italiana, con latitanza pressocché totale di celebrati e pagatissimi bipedi del nostro campionato, in campo col loro acclarato nome ma non con la gamba giusta: Pato e Lucio, Robinho e Cambiasso, Julio Cesar e Burdisso, Thiago Silva e Vargas, Maicon e Cavani, Zanetti e Lavezzi…, tanto per dire anzi ridire. Slombati dal nostro campionato, paralizzati dall’emozione ambiental-nazionalistica, in declino spesso anagrafico, chissà.

Unica “consolazione” il fatto che ha parzialmente fallito, giocando bene ma non “affondando” a pro della sua Argentina, anche il prodigioso Messi del Barcellona. Ma cerchiamo di procedere punto dopo punto.

1) Ha vinto bene l’Uruguay, che proprio in Argentina sorpassa l’Argentina nel numero dei trofei: 15 a 14 (8 il Brasile). Facile il successo in finale sul Paraguay modesto di talenti. Usato per pochi minuti dalla fortissima Celeste (il none della Nazionale) Cavani, ginocchio non a postissimo, gli “eroi” dei gol decisivi sono stati Suarez del Liverpool e Forlan dell’Atletico Madrid. L’Uruguay, che non vinceva dal 1995, ha tre milioni e rotti di abitanti, neanche un decimo dell’Argentina, il Paraguay cinque e rotti, un trentesimo del Brasile. In proporzione ai suoi abitanti (come Roma e immediati dintorni), l’Uruguay è di gran lungo la Nazione al mondo calcisticamente più ricca di gloria e risultati.

2) In finale è bizzarramente arrivato, pareggiando sempre (cinque partite) e andando avanti ai rigori, il Paraguay degli sconosciuti e del tanto correre, ma doveva esserci il Venezuela tartassato in semifinale dalla sfortuna (tre pali) contro lo stesso Paraguay. La Nazionale “vinotinto” , vino rosso, dal colore delle sue maglie, ha offerto il miglior gioco: fresco, da torneo giovanile se si vuole, con una patetica attitudine a sbagliare gol fatti. Il calcio italiano ha un solo venezuelano, un carneade del Vicenza…

3) Ci rifacciamo a un bel po’ di righe fa. Brasile e Argentina, le due grandi eliminate, la seconda poi giocando in casa, hanno mandato messaggi specialmente all’Inter ed al Milan: Lucio e Zanetti e Cambiasso e Julio Cesar e Thiago Silva e Maicon e Robinho (stavolta citiamo solo uomini di una squadra milanese e dell’altra) sono stati giudicati vecchi dello stesso calcio che li ha generati, e infatti in linea di massima con la loro Nazionale hanno chiuso. Come li considereranno adesso i nostri club? Quanto a Pato è giovane, non ha chiuso con il Brasile, ma non è certo che nel Brasile si sia fatto il posto fisso.

4) Hanno fallito anche i vitellini d’oro che il calcio europeo stava guatando, specialmente Neymar e Ganso brasiliani, mentre si sono confermanti grandi il cileno Sanchez, che durante la Coppa America è passato dall’Udinese al Barcellona, l’uruguaiano Suarez (del Liverpool), il peruviano Guerrero (dell’Amburgo).

5) Gli arbitri, tutti latinoamericani, sono stati perfetti. Autoritari, sicuri ma poco teatrali, molto bravi a correr molto e così trovarsi sempre vicini all’azione. Una grande bella sorpresa.

6) Sarà perché il Brasile ha ora una economia che gli permette di tenersi quasi tutti i calciatori migliori, sarà perché l’Argentina li ha esportati ormai tutti, ma stavolta non ci è parso protervo e possente come al solito il safari degli agenti europei per spostare di continente i più bravi della Coppa America. Alla fine il solo trasferimento grossino rischia di essere quello alla Juventus del cileno Vidal, però arrivato dal Bayer Leverkusen, squadra tedesca.

7) In quasi tutte le squadre sono stati bravissimi i portieri. Ultimamente in Italia è stato dato tanto spazio a tanti portieri sudamericani, umiliando la produzione nostrana: insisteremo? Se Villar, guardiano dei miracoli fra i pali del Paraguay, ha 34anni ed è stato richiamato dalla serie B spagnola, la Lazio ha ceduto al Galatasaray turco il più grande (forse) portiere della Coppa America, l’uruguaiano Muslera, anni 25.

Gian Paolo Ormezzano
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Postato da gianvitto88 il 28/07/2011 15:21

Ormai il calcio sta perdendo molti consensi, sta diventando povero di spettacolo e troppo ricco di soldi e in più circola troppa violenza.

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