Serie A: Natale in bianconero

Juve campione d'inverno con due giornate d'anticipo. La clamorosa cavalcata della squadra zebrata verso la vetta: un successo da ammirare o... da gufare?

19/12/2012
Marchisio dopo il gol all'Atalanta. Juve campione d'inverno ed esultante (foto Reuters).
Marchisio dopo il gol all'Atalanta. Juve campione d'inverno ed esultante (foto Reuters).

La Juventus ha già vinto il titolo di campione d’inverno, i suoi 7 punti di vantaggio sull’Inter la garantiscono matematicamente per le ultime due giornate del girone d’andata, intanto che la tradizione dice che di solito (il 70 per 100 dei casi in tutta la nostra storia del calcio, nonché sempre negli ultimi otto anni) chi è primo al cosiddetto giro di boa lo è anche alla fine del torneo. C’è in giro una abbastanza ardente sfida per il secondo e terzo posto, che vogliono dire Champions League, e una quasi morbida rassegnazione di fronte alla superiorità bianconera nella lotta per lo scudetto. Si aspetta poi che il mercato di gennaio dia alla Juventus anche il top player messianico, l’attaccante da gol pesanti proprio in quella Champions League, che riprenderà il 12-13 febbraio con gli ottavi di finale (sorteggio giovedì 20, eliminazione diretta, al peggio alla Juventus potrebbe toccare il Real Madrid).

La grinta di Antonio Conte, tornato in campo, portato sugli scudi  dai tifosi bianconeri (foto Reuters)
La grinta di Antonio Conte, tornato in campo, portato sugli scudi dai tifosi bianconeri (foto Reuters)

Nessuno dicesi nessuno dei cosiddetti esperti aspettava, neppure dopo il 2011-12 del tutto sommato trionfale scudetto juventino, una tale superiorità. La lunga squalifica dell’allenatore Antonio Conte si è tradotta in una sorta di stimolo speciale, con la tifoseria bianconera stretta stretta al tecnico salutato al ritorno in panchina come un eroe reduce da una guerra anziché da una pena. La partita del rientro di Conte in campionato a Torino, contro l’Atalanta trafitta da un gol dopo poco più di un minuto, ha visto l’ennesimo tutto esaurito – 38.000 spettatori - allo Juventus Stadium (che non ha il nome di uno sponsor semplicemente perché ci vogliono troppi soldi per intitolarlo ad un marchio commerciale). Non si vede in Italia chi possa opporsi ai bianconeri, e gli antijuventini sono ridotti a tifare antipatriotticamente per una caduta del “nemico” in Europa. 

L’Inter va a inter…mittenza, stravince a Torino e perde o pareggia partite sulla carta facili assai, il Napoli, alle prese con gli strascichi pesanti di una Scommettopoli infinita, sta a -10 punti dalla Juve e dietro alla Lazio che, insieme con la Fiorentina, si supera.
Il Milan batte la Juventus ma non rifinisce se stesso, in cerca ancora di una fisionomia, se squadrone bizzarro anzi matto o squadra di giovani per l’avvenire: sta comunque negli ottavi di Champions League, e sogna un difficile rilancio internazionale che faccia scordare risparmi eccessivi ed errori di smobilitazione non contrastata da parte di Berlusconi o se volete di Galliani.
Più o meno tutti i club ricchi concordano nel dire che la Juve gode eccome del suo stadio di proprietà, che vuol dire incassi e calore, e sognano di averlo anche loro, mentre la Juventus mica lo ha sognato troppo, lo ha fatto e amen. Intanto che altrove i club bisticciano con le istituzioni, chiedendo facilitazioni che la nuova situazione dei comuni non rende più possibili.

L’Italia non bianconera gioca ancora al gioco di dire la Juventus cocca bella degli arbitri, anche se forse mai come in questo torneo i fischietti hanno maltrattato con chirurgica regolarità tutte le deboli a pro di tutte le grandi e grosse (Juventus ma anche Inter Napoli Lazio Milan Roma Fiorentina, casomai facendo nascere bisticci “grassi” fra ricchi). Eppure sarebbe più giusto parlare di una squadra bianconera fatta con spese grosse ma non folli, con rivalutazione attenta di talenti maltrattati o ritenuti superati (Pirlo, ma anche Buffon…), con un occhio al giovani e un grazie ai vecchi, con tutti in salute rigogliosa e votati ad un impegno sempre spasmodico, con ancora Pirlo regalato dal Milan e Giovinco e Marchisio fatti in casa, con Del Piero sacrificato a chissà quale mistero ma comunque al centro di un complesso miracolo: i tifosi che lo adorano, lui che se ne va, e lontanissimo, serenamente polemico, il club (Agnelli, Marotta, Paratici, Nedved…) manco sfiorato da una critica, coinvolto in un rimpianto.

Tutto da studiare, il fenomeno tecnico e atletico e soprattutto psicologico di una squadra contornata e amatissima da una gente bianconera nuova, che ha smesso ogni sussiego classico legato al lignaggio e che tifa alla disperata, alla paesana, con il doping delle urla di Conte per le quali sembra essere stato concepito anche come resa sonora uno stadio che è un teatro d’opera, anzi d’opere. Un club poi che con straordinaria perizia di chimica dei sentimenti fa dell’invidia altrui una forza, del rispetto da parte degli arbitri una sorta di atto dovuto al prestigio, delle pene subite non una espiazione ma un collaudo morale (e, purtroppo, anche di Moggi un eroe e un mezzo martire: ma se ne parla sempre meno). Una Juventus da studiare, da capire, da ammirare, casomai da imitare, non certo da gufare, come invece si appresta a fare un bel pezzo di quell’Italia che ha voglie fisse e ricorrenti di urne, stavolta quelle del sorteggio della Champions League.

Gian Paolo Omezzano
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