Meroni, campione vecchia maniera

Quarantacinque anni fa moriva “Gigi” Meroni, attaccante del Torino. È l'occasione per ragionare un po' su questo sport, dove oggi Balotelli guadagna cento volte più dell'idolo granata.

15/10/2012
Luigi “Gigi” Meroni attaccante del Torino, morto il 15 ottobre 1967.
Luigi “Gigi” Meroni attaccante del Torino, morto il 15 ottobre 1967.

In attesa delle celebrazioni classiche del mezzo secolo (il 15 ottobre 2017) dalla morte di Luigi “Gigi” Meroni attaccante del Torino e, sino a che non rifiutò di accorciarsi i capelli, della Nazionale, la scadenza dei quarantacinque anni può già servire per un certo discorso basato sull’ipotesi che uno come lui giochi adesso.
Un divertissement, se si vuole, e intanto un omaggio di ulteriore commossa e tenera memoria al ragazzo/campione di 23 anni e mezzo che mortalmente un’auto colpì e un’altra travolse a Torino, pieno centro, la sera del 15 ottobre 1967, a poche ore dal successo granata sulla Sampdoria, lui come sempre dribblatore picassiano e colpitore euclideo, all’ala col numero7 (alla guida della prima auto c’era un suo tifoso che divenne poi presidente del Torino, il comandante dell’aero della squadra granata, schiantatosi nel 1949 a Superga, si chiamava Luigi Meroni: chi ama giocare con questi ricorsi, questi casi, ha materia prima eccome).
La persistente attualità del personaggio, che in fondo nel calcio non ha vinto nulla, suggerisce e quasi impone qualche rlflessione, in un’epoca ed un mondo poi che crea e brucia idoli come “pellets” nelle stufe.

Il commissario tecnico della Nazionale di allora, Edmondo Fabbri, lo volle in azzurro ma dopo poche partite lo cancellò per la faccenda dei capelli lunghi che lui voleva portare senza cedere a nessuna potatura. Se lo ritrovò da allenatore del Torino, al funerale svenne di dolore speciale. Adesso Cesare Prandelli, che ha il posto azzurro di Fabbri, tiene il suo Meroni, si chiama Mario Balotelli, ha pelle e idee scure, è un talento come lo era Gigi che però si fermava ai capelli lunghi e alle stravaganze come quella di passeggiare nella sua Como con una gallina al guinzaglio.
Balotelli guadagna cento volte più di Meroni ma nelle intemperanze appare sovente, con arbitri e compagni (e compagne) e avversari e tifosi, un poveraccio.
Prandelli insiste e resiste, vuole farne un uomo, tifiamo per lui. Ma Meroni che sognava di fare il pittore, che dipingeva ritratti della sua Cristiana, standista del tiro a segno di un luna park, alla quale ogni giorno una fioraia col negozietto nello stabile di cui Gigi abitava una soffitta che era anche lo studio da pittore, doveva recapitare ogni giorno una rosa, Meroni è molto diverso da Balotelli che tira freccette con la punta di metallo ai ragazzini disturbatori del Manchester City, la sua squadra, che litiga con la polizia per eccesso di velocità, che prima snobba poi contesta poi richiama la show girl televisiva che dice di aspettare un figlio da lui, che appena può entra in una rissa, sul campo e fuori.

Meroni giocava per guadagnare un po’ di soldi e poter vivere facendo il pìttore, i Meroni di adesso rimbalzano di squadra in squadra per ingaggi sempre più alti, investono milioni in barche e ville, non parlano con la gente comune e neanche con i giornalisti, casomai chattano, tirano avanti con menefreghismo “artistico” sin troppo esibito o impegno serioso sin troppo recitato.
Fanno ressa per andare più spesso possibile in certa televisione ma anche alle Seychelles, dove li aspetta magari lo yacht segreto stivato di donne facili. Meroni aveva giocato nel Como e nel Genoa, poi era diventato patrimonio della tifoseria del Toro, che lo aveva anche vietato a Gianni Agnelli voglioso di ingaggiarlo per la sua Juventus, ma vedeva o meglio voleva il calcio del campionato massimo come quello dell’oratorio di Como, gioioso e sdrammatizzato. Pensiamo che avrebbe avuto vita calcistica breve, troppo onesto e tenero, esile e leale, attento a non usare ll dribbling suo magico per umiliare qualcuno.

Lo hanno definito il George Best nostrano. Best fuoriclasse del pallone, Best morto giovane di alcol (Meroni era astemio), Best un nordirlandese che sintetizzò così la sua vita: “Ho speso metà dei miei guadagni in automobili, donne e alcol, il resto l’ho sperperato”.
Meroni metteva da parte i soldi per comprare a Como una casa vasta in cui chiamare a vivere tutta la sua parentela (c’è ancora una sorella, che vive per il suo ricordo), impegnata a seguirlo mentre dipingeva il suo lago di Como. Aveva intenzione di giocare pochi anni, era spaventato dai già allora troppi soldi, dalle pulsioni dei tifosi, dalla stessa notorietà asfissiante. Quando non vestiva da figlio dei fiori, con abiti da lui disegnati, amava travestirsi da reporter televisivo e andare in giro per Torino(ci era arrivato a vent’anni) a chiedere alla gente cosa pensava di quel mattoide di Gigi Meroni.

Il 24 febbraio 2013 sono in programma celebrazioni, anche legate ad esposizione dei suoi quadri che gli esperti dicono validi, per quello che sarebbe stato il suo settantesimo compleanno. Ma intanto lo ricordiamo già adesso, e diciamo che se a Torino, a Como, un po’ dovunque continua a restare accesa questa fiammella, se continuano a essere prodotti libri, commedie, musiche intitolati alla sua vicenda, se insomma il personaggio così semplicemente, banalmente fanciullino “tiene”, vuol dire che di Meroni e meronerie assortite abbiamo bisogno e voglia, che Balotelli proprio non ci basta.

Gian Paolo Ormezzano
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