Olanda: mulini, bici e tulipani

Sette giorni di gara, dal 16 al 23 settembre: ecco la novantesima edizione dei mondiali di ciclismo. Conferme. Novità. Qualche curiosità di natura storica. E due medaglie per l'Italia.

22/09/2012
Le fotografie di questo servizio, copertina inclusa, sono dell'agenzia Ansa.
Le fotografie di questo servizio, copertina inclusa, sono dell'agenzia Ansa.

La prova mondiale su strada dei professionisti del ciclismo si disputa domenica 23 settembre in Olanda a Valkenburg, dove nel 1948 Bartali e Coppi corsero apertamente uno contro l'altro, finendo entrambi sotto squalifica federale. Fu uno scandalo. Lo scandalo alla rovescia potrebbe adesso essere costituito da corridori che tutto l'anno gareggiano per una certa marca a cui si intitolano le loro maglie, poi mettono, nel giorno della prova unica per il titolo massimo, la maglia della Nazionale del loro paese, ma non scordano (non possono proprio scordarli) i rapporti di club, finendo per fare i gregari di pedalatori di un paese che non è il loro. Ogni anno si ripetono i timori, per la verità non mai troppo enfatizzati dai fatti.


Quest'anno la forza dei pochi sponsor di grosso nome rimasti nel ciclismo (e purtroppo l'Italia non ne ha quasi) ha portato addirittura alla creazione di una nuova gara iridata, la cronometro a squadre per club, disputata il 16 settembre, quando si è aperta la settimana lunga delle gare mondiali su strada, e vinta dalla formazione belga Omega Pharma, capitanata da Tom Boonen: una prova che premia il collettivo nello sport forse più individuale che ci sia, e che permetta allo sponsor di vedere a lungo il suo nome sul teleschermo. Individuali formalmente tutte le altre nove prove mondiali per uomini e per donne, in linea e a cronometro,con e senza limiti di età, a riempire i giorni sino alla unica vera gara che conta e appassiona, quella appunto dei professionisti. 

C'è stata anche la prova femminile a cronometro a squadre, ha vinto una formazione tedesca semisconosciuta, la Specialized, poi il programma di gare per giovani e per corridori della categoria élite, i professionisti di una volta, è andato avanti senza entusiasmi, come dire?, di popolo, e la prima medaglia azzurra è arrivata il 20, quando l'altoatesina Anna Maria Zita ha preso il bronzo nella gara per juniores. 

Una seconda medaglia di bronzo per noi è poi arrivata sabato 22 dalla gara massima delle donne, quella senza limiti di età, dominata dall'olandese Marianne Vos ma combattuta bene da Elisa Longo Borghini, 21 anni, piemontese dell'Ossola, sorella di Paolo ciclista professionista e figlia di Guidina Del Sasso, la “mamma” del nostro sci di fondo, l'apripista di Stefania Belmondo e Manuela Di Centa. Era la penultima prova dei Mondiali.

Elisa Longo Borghini (prima a destra), medaglia di bronzo nella prova su strada donne elite ai Mondiali di ciclismo di Limburg, vinta dall'olandese Marianne Vos, oro olimpico a Londra e grande favorita della corsa. Foto Ansa.
Elisa Longo Borghini (prima a destra), medaglia di bronzo nella prova su strada donne elite ai Mondiali di ciclismo di Limburg, vinta dall'olandese Marianne Vos, oro olimpico a Londra e grande favorita della corsa. Foto Ansa.

Tornando alla prova regina che chiude la settimana iridata, questa volta il problema del corridore che sta tutto l'anno sotto contratto con una certa squadra e che poi dovrebbe, nella prova mondiale,difendere soltanto gli interessi della propria Nazionale, si pone più che mai, anche per via della mondializzazione del ciclismo, con australiani e giapponesi che gareggiano per case europee, con statunitensi che stanno in squadre russe, e per noi italiani con il caso di Vincenzo Nibali, il capitano della formazione azzurra messa insieme da Paolo Bettini. Nibali sino a tutto il 2012 è dell'italiana Liquigas, dove gareggia anche Moreno Moser, nipote di Francesco e grande promessa, e però ha già firmato (anni 2013 e 2014), con ingaggio da calciatore importante, per la Astana, squadra ricchissima del petrolio del Kazakistan, squadra ricca di pedalatori di tanti paesi.


Nella Liquigas c'è anche Peter Sagan, slovacco, forte e clownesco, tre tappe al Tour e la conquista della scena con potenza ed allegria. Nibali è corridore onesto, farà il suo dovere, ma il problema è vasto, e si pone per troppi: così che è da prevedere in un futuro davvero non lontano il Mondiale per squadre di club anche nella prova su strada individuale, casomai con presenza minima garantita ai paesi piccoli, che non hanno loro elementi tesserati nelle formazioni di marca forti. Sembrava di commettere sacrilegio storico-mentale quando si prevedevano squadre di marche per il Tour de France, gran festival delle squadre Nazionali e delle formazioni regionali di Francia, invece dal 1965 tutto è cambiato senza che il fascino della corsa gialla ne risentisse. Nibali e Sagan stanno nel pronostico, forse un gradino sotto ai belgi Gilbert e Boonen, agli spagnoli Valverde, Rodriguez e, massì, Contador tornato alle gare dopo avere pagato per doping, e alla pari col francese Pinot al quale predice un bell'avvenire Moreno Moser, all'australiano Gerrens. Il circuito è duretto,dovrebbe togliere di mezzo quasi automaticamente i velocisti puri, e infatti non gareggerà il campione uscente, l'inglese Cavendish. 

Dei nove azzurri , dopo Nibali ognuno ha una sua qualche piccola chance, magari Moser più di tutti . Sulla carta il pronostico comunque è per i reduci dalla Vuelta (classifica finale: Contador Valverde Rodriguez…) e dunque per gli spagnoli che al Mondiale trovano spesso una intesa diciamo “patriottica”, trasversale alle maglie di marca. Il gioco dei favori incrociati avrà comunque la sua importanza forte come non mai, anche se non sarà facile capire tutto, assegnare alle pedalate il significato giusto. Usando la terminologia della borsa, diciamo che sarà facile contare le azioni, sarà meno facile dare ad esse il giusto peso. Azioni nel senso agonistico di colpi di pedale, per azioni legate all'estro, alla tattica, al contratto...

Gian Paolo Ormezzano
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