Paralimpiadi, se l'handicap fa vincere

Alcune considerazioni sulle Olimpiadi di Londra per i disabili, o meglio per diversamente abili. Con qualche domanda finale sui possibili sviluppi tecnologici per questi atleti.

30/08/2012
La squadra britannica durante la cerimonia di apertura della Paralimpiadi a Londra (Ansa).
La squadra britannica durante la cerimonia di apertura della Paralimpiadi a Londra (Ansa).

I Giochi paralimpici di Londra (paralleli a quelli olimpici, e quasi negli stessi impianti) per disabili o meglio per diversamente abili, in corso di svolgimento con bel concorso di pubblico, permettono ma in un certo senso anche pretendono alcune considerazioni particolari, che cerchiamo di elencare nel modo più semplice possibile, partendo dall’”ovvio ma doveroso” per arrivare allo “scomodo ma opportuno”:

1) Questi Giochi sono una grande manifestazione sportiva in assoluto, dove esseri umani si impegnano al meglio delle loro forze fisiche e mentali per sconfiggere avversari, cronometri e pregiudizi.

2) Sono un appuntamento doveroso e nobile di attenzioni da parte non solo del mondo dei disabili, ma anche e soprattutto di quello dei normodati, invitati a misurare la loro fortuna assoluta di fronte al destino ed anche, spesso, la loro pochezza, la loro colpa di non essere degni di questa fortuna e intanto capaci di omaggiare, se non blandamente e periodicamente. la forza, la bravura, la dignità degli sfortunati.

3) Offrendo performance sportive eccellenti e talora sensazionali, da una parte esaltano tutto un mondo ingiustamente ritenuto incapace di offrire emozioni ad un certo livello, prescindendo dal facile pietismo, dall’altra sollevano, portandolo al plauso, un poco il mondo normodato e pensante dalla coltivazione dei – diciamo - rimorsi per la fortuna avuta e per le scarse attenzioni sin qui rivolte al mondo appunto parallelo.

4) Sono una colossale opportunità per la scienza di valutare sistemi di riabilitazione e di preparazione, di collaudo di accorgimenti e stravolgimenti assortiti di natura sanitaria ma anche meccanica, per ovviare a deficienze e incrementare prestazioni, e insomma di sperimentare scoperte e progressi e andare avanti a cercare altro.

5) I Giochi paralimpici godono di attenzioni forti da parte di pubblico, mezzi di comunicazione, sponsor, studiosi, all’insegna di un vero e proprio impegno sociale di molti.

Il tedesco Martin Schulz durante l'allenamento prima dell'inizio dei Giochi paralimpici di Londra 2012 (Ansa).
Il tedesco Martin Schulz durante l'allenamento prima dell'inizio dei Giochi paralimpici di Londra 2012 (Ansa).


6) Purtroppo l’accresciuta importanza anche economica di queste prove sportive, spesso di alta valenza tecnica e quindi spettacolare, fa sì che ci siano atleti che indulgono al doping, perché anche qui la vittoria è in qualche modo monetizzabile. Nel passato, con meno controlli, ci furono molti episodi spiacevoli, imbarazzanti e talora agghiaccianti, specie in caso di sport di regime,di stato.

7) Se si ammette uso discreto e autorizzato di ormoni ad esempio per un reduce da delicate operazioni (l’embrione del caso Armstrong), più che mai si dovrebbero usare comprensione e saggezza nella valutazione di eventuali positività di atleti che, per allenarsi e gareggiare, devono superare barriere fisiche,oltre che psicologiche, tremende e frequentare dolori che è purtroppo giusto definire disumani: questo significa che l’eventuale doping di un disabile è meno “colpevole” del doping di un normodato magari ricco e teso a diventare, con i successi nello sport, ricchissimo.
7 bis) Di contro ci vorrebbe una severità forse maggiore di quella attuale nel considerare i criteri dei valutazione dell’handicap: ci sono atleti che soffrono di menomazioni relativamente piccole ma gareggiano contro loro omologhi però assai più handicappati (tema delicatissimo, la stessa scienza medica esita a definire ed imporre barriere assolute).

8) Restano ferme le valutazioni morali in caso di doping, restano valide le leggi “anti”, ma deve crescere eccome il nostro senso di comprensione, se del caso di perdono verso il disabile che magari vuole soltanto soffrire di meno.

9) Certe prestazioni di valore assoluto dei disabili devono anche servire da metro di valutazione delle prestazioni, spesso fraintese nel senso di ipervalutate, dei normodotati.

10) Tutto quanto sinora detto non esclude un ragionamento difficile ma secondo noi obbligatorio, questo: attenzione alla facile enfatizzazione delle prestazioni stesse dei diversamente abili. Pistorius è uno straordinario caso umano, onore a lui, ma le sue protesi probabilmente lo aiutano ad andare più forte (l’effetto-rimbalzo) rispetto alle sue teoriche capacità da normodotato. Se domani un maratoneta cardiopatico si fa cambiare il cuore per usarne uno sviluppatissimo, che funziona da protesi insomma per come lo usa in gara, secondo noi deve correre contro tutti (il caso peraltro di Pistorius, o almeno di quello che Pistorius cerca e vuole), non contro i cardiopatici come lui.

Il caso del punto10 è esposto da noi in maniera teoricamente assai forzata, e fra l’altro non ci sono maratone per cardiopatici dichiarati. Però il mondo dei trapianti, delle clonazioni, della genetica è prossimo ad invadere il mondo dello sport con le sue scoperte, le sue offerte. Come ci comporteremo, quanto a regolamenti ma anche e soprattutto quanto a valutazione morale, di fronte ad uno che si facesse sostituire un braccio con un arto artificiale in grado di permettergli un più lungo lancio del giavellotto?

Gian Paolo Ormezzano
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