03/08/2011
L'argentino Javier Pastore, venduto dal Palermo alla squadra francese del Paris Saint Germain per 42 milioni di euro. Li vale davvero?
Dal punto di vista economico, il più sensazionale trasferimento nella storia del calcio è secondo noi quello di Javier Pastore, ventiduenne argentino dal Palermo al Paris Saint Germain. Si tratta di 42 milioni di euro per il cartellino di un attaccante che magari ha le stimmate del ragazzo prodigio ma che non ha ancora vinto nulla, che nell’ultimo campionato italiano ha giocato a corrente molto alternata, che nell’Argentina ha giocato sinora pochissimo, deludendo. Il record francese di spesa (ci sono anche quattro anni di contratto a 4 milioni l’anno) ha spinto l’Equipe, il quotidiano sportivo francese generalista e aperto anche nei titoloni a tutti gli sport, a dedicargli la prima pagina: la sua grande foto in maglia rosanero del Palermo, che per lui spese due anni fa meno di un decimo di quanto ora ha incassato, e il titolo “Vale 42 milioni?”.
Tutta per l’evoluzione economica del club parigino - acquistato dai petrolieri del Qatar con fra l’altro un investimento sul mercato e negli ingaggi di 150 milioni, e diretto da Leonardo, furbo e colto e intelligente, che lì giocò e lì è tornato dopo aver fatto pratica pagatissima di comando in tanto Milan e in un po’di Inter - la seconda pagina, con il riassunto dei dieci acquisti, fra i quali il francese della Roma Menez (7 milioni), il maliano della juventus Sissoko (idem) e l’italiano Sirigu, uno dei portieri azzurri, del Palermo (3,5), a vivificare una squadra che non vince il titolo francese dal 1994 e che nella scorsa stagione è finito al quarto posto.
Tutta per Pastore la terza pagina, con tante cifre anche da punto interrogativo: due stagioni in Italia, 14 gol e 10 assist, 69 partite per un totale di 5252 minuti, il 41,4 dei dribbling riusciti (163, meno soltanto di Zarate argentino della Lazio, 218), nessun gol segnato nelle otto partite giocate contro Inter e Milan. Nessun dubbio sul talento naturale, dubbi sulla continuità ed anche sulla praticità del gioco del ragazzo magro (“el flaco”), 1,87 per appena 75 chili. In ogni caso i 42 milioni sono secondo noi il massimo dei massimi, nel rapporto fra il costo concretissimo e la concretezza da campione ancora da accertare in Pastore.
La prima sensazione che vogliamo comunque partecipare è questa: non siamo più, noi italiani, i ricchi scemi del mercato. Anzi. Sia lode, per questa svolta epocale, soprattutto all’astutissimo Zamparini presidente del Palermo. Che poi la nostra repente saggezza nasca dalla povertà del paese o da autentica avvedutezza, è un altro discorso. Il grande Gianni Brera argomentava acrobaticamente che quando c’è povertà generale si spende di più nei ludi per il popolo, dunque per il calcio, ma anche che quando c’è ricchezza è normale investire un bel po’ negli stessi ludi. Ognuno dunque decida per conto suo…
Noi non possiamo comunque non far notare che le nostre squadre grosse e grasse hanno fallito tutti gli attacchi al mercato ricco: appetito dall’Inter, il gioiello cileno Sanchez, dell’Udinese di Pozzo emulo di Zamparini, è andato al Barcellona per 26 milioni più 11,5di bonus in caso di suoi tanti gol, l’argentino Aguero è passato dall’Atletico Madrid al Manchester City per 45 milioni, dopo che la Juventus si è arresa di fronte a quella cifra. Falliti i nostri assalti “poveri” ai sin troppo reclamizzati talentini brasiliani Neymar e Ganso.
La stessa Juventus che prometteva il top player ha comprato in seconda fascia, buona ma non esaltante, mentre l’Inter di Moratti fattosi cauto (e addirittura minacciato dal “me ne potrei andare via” di Eto’o e Sneijder) e il Milan di Berlusconi in probabile fase di sganciamento addirittura non hanno comprato (parliamo sempre di grossi colpi), la Roma dei nuovi padroni made in Usa ha venduto, il Napoli ha fatto qualche non costosissimo fuoco d’artificio, idem la Lazio. Forse ci sono stati – lo dirà il campionato - movimenti importanti di difensori, tipi da poche luci addosso ma che alla fine possono essere assai più utili di celebri loro fratelli attaccanti.
Crisi economica passeggera o no, neomoralità in qualche modo rintracciata, saggezza definitiva, casualità, fortissima concorrenza straniera grazie soprattutto agli investimenti arabi in Inghilterra e adesso in Francia e presto in Spagna? Non lo sappiamo e in un certo senso siamo contenti di non saperlo: almeno ci divertiamo spupazzandoci il mistero… E non ci lasciamo “traviare” dalla Supercoppa, fra Milan e Inter, giocata commercialmente a Pechino, piena (si spera, sperano) di soldi e vuota di autentici interessi tecnici e sinanco agonistici. Anche perché l’assenza di qualsiasi grosso nome di giocatore italiano nelle vicende di mercato ci dice che i talenti da noi non ci sono, e che il 2012 del campionato europeo, in Ucraina e Polonia, sarà per noi duro.
E forse è meglio, per Prandelli e i suoi (in dubbio per l’azzurro Cassano e Balotelli, caratteriali sono all’eccesso, agli eccessi), cominciare a puntare tutto o quasi sul Mondiale 2014, a cui dovremmo facilmente accedere grazie al girone di qualificazione facile facile che il ciccione gentile Ronaldo, l’ex di Inter e Milan, ci ha estratto: Repubblica Ceka, Bulgaria, Danimarca, Armenia e Malta, si può fare.
Gian Paolo Ormezzano