20/04/2012
Il nome fa pensare a qualche complicata operazione
bio-chimico-fisica: in realtà il Clean development mechanism (Cdm), istituito
dal Protocollo di Kyoto, è un meccanismo e insieme un obiettivo di sviluppo
pulito per i Paesi del Sud del Mondo alla cui realizzazione si impegnano a
contribuire anche quelli più industrializzati.
A oggi sono 74 i Paesi in via di sviluppo che hanno messo in
atto il Clean development mechanism avendo potuto contare su investimenti in
energia pulita e tecnologie per la riduzione dei gas serra: 4.000 progetti
portati a termine, l'ultimo dei quali nel settore dell'eolico realizzato a
Maharashtra in India porterà una riduzione di emissioni di gas serra di 21.807
tonnellate l'anno. L'articolo 12 del Protollo nell'indicare le linee guida per
il raggiungimento di tali obiettivi: in questo senso le imprese dei Paesi
industrializzati soggetti a vincoli di emissione possono realizzare progetti
che mirano alla riduzione di gas serra nei Paesi in via di sviluppo che,
viceversa, non hanno vincoli in tal senso.
I Paesi industrializzati, si legge nell'articolo 12,
"potranno utilizzare le riduzioni certificate delle emissioni per
contribuire in parte all'adempimento degli impegni quantificati di limitazione
e riduzione delle emissioni ex articolo 3".
Cosa significa in concreto?
Che
i Paesi in via di sviluppo potranno godere di tecnologie più pulite e i
Paesi industrializzati potranno abbattere le emissioni dove è più
economicamente conveniente, consentendo di ridurre i costi complessivi per
l'adempimento degli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto. Il
"risparmio" diventa fonte di
crediti di emissioni da utilizzare per
l'osservanza degli impegni assegnati.
I Cdm costituiscono oggi uno degli scenari più interessanti
nel ventaglio di possibilità dirette a rendere più sostenibile il Pianeta:
rappresenta infatti un'occasione concreta tra il mondo delle imprese, con un
occhio di riguardo a quelle impegnate in percorsi di responsabilità sociale, e
il settore no profit. L'Italia, da questo punto di vista, non sembra ancora
aver capito a fondo i benefici che da interventi di questo genere potrebbero
derivare: assume dunque un significato non soltanto simbolico l'inizio della
collaborazione tra il
Cosv (Coordinamento organizzazioni per il serviziovolontario) e
Federchimica. Obiettivo numero uno, preparare il terreno per
futuri e ci si augura immediati
rapporti di partnership tra soggetti profit e
no profit attraverso il Cdm e il Mercato volontario dei crediti.
Un esempio? Immaginiamo una grande discarica di una
metropoli sudamericana. Questa, ogni giorno, rilascia nell'atmosfera ingenti
quantità di metano che, invece, potrebbero a loro volta alimentare un impianto
per la produzione di energia elettrica da commercializzare. In un'operazione di
questo genere le imprese italiane eventualmente impegnate potrebbero ottenere
benefici realmente vantaggiosi: intanto, a parità di riduzione, è indubbiamente
molto meno costoso intervenire nei Paesi in via di sviluppo, caratterizzati da
impianti che nella stragrande maggioranza dei casi sono caratterizzati da bassi
livelli di efficienza. A questo si aggiungono i ricavi derivanti dalla vendita
dei crediti di emissione, l'apertura a nuovi canali commerciali e, infine, un
po' di marketing (non particolarmente etico a dire la verità), il miglioramento
della propria "immagine" presso l'opinione pubblica.
Come inserire il Terzo Settore in questo contesto? Il Cosv è
di per sé "portatore sano" di progetti ispirati in parte da questa
stessa logica: è il caso del Libano, dove nella municipalità di Balbeeck è
stato avviato un intervento che si avvale di un progetto pilota per la
produzione di elettricità a partire dai rifiuti. Il Cosv ha concentrato i
propri sforzi per la creazione di un impianto di produzione di energia
attraverso biogas e per la ristrutturazione di un edificio storico pensando a
soluzioni per il risparmio energetico nell'ottica del green housing.
Allo stesso modo nei Cantoni di Marcabelì e Balsas,
in Ecuador, il Cosv sta mettendo in atto un programma che prevede la
realizzazione di un sistema integrale di gestione e raccolta differenziata al
fine di rafforzare la gestione pubblica dei rifiuti solidi. E ancora, il
progetto peruviano-ecuadoriano "Gestione per il controllo della desertificazione e rigenerazione
del Bosco Secco", lo sviluppo di un turismo sostenibile e rispettoso
dell'ambiente per la crescita economica nei parchi nazionali del Sutieska in
Bosnia e del Durmitor in Montenegro (foto). Infine, il progetto che sta cercando di
preservare la riserva nazionale di Gilé, in Mozambico, dove gli abusi
indiscriminati dell'uomo sulle risorse locali hanno storicamente avuto carta
bianca: oggi il Cosv si è impegnato per aumentare la partecipazione delle
comunità locali sia nell'uso e gestione delle risorse naturali sia per la
conservazione della biodiversità.
Alberto Picci