L'inverno di 500 mila profughi siriani

L'emergenza continua e si aggrava. Molte organizzazioni hanno avviato o aumentato i programmi di sostegno ai profughi con alloggi, formazione professionale ed educazione

22/01/2013

È un inverno durissimo, in Siria. È di pochi giorni fa l'ennesima notizia drammatica, quando l'università di Aleppo è stata colpita da due forti esplosioni. Era giorno di esami e l'ateneo era affollato, perché nonostante tutto la vita continua, giorno dopo giorno, mentre all'orizzonte si attende ancora, invano, una schiarita. Un bollettino capace di far gelare il sangue: 87 morti e oltre 160 feriti. Di fronte a simili circostanze, importa davvero che truppe lealiste di Assad e ribelli si siano rimpallati la responsabilità dell'attentato?

Il flusso dei rifugiati siriani nei Paesi limitrofi aumenta in misura costante. Secondo i dati dell'UNHCR (l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite) i profughi siriani a gennaio hanno raggiunto la quota di mezzo milione: 140 mila in Libano, 130 mila in Giordania, 150 mila in Turchia e 70 mila in Iraq. A questi vanno aggiunti tutti i profughi che non sono ancora stati registrati ufficialmente. Come se non bastasse, l'inverno finora è stato inclemente e la neve è caduta copiosa nella Valle della Bekaa in Libano e nelle principali città frontaliere della Giordania, dove hanno trovato ospitalità migliaia di transfughi.

I profughi sono costretti ad affrontare condizioni estreme sotto ogni aspetto e interventi di primo aiuto si sono resi quanto mai urgenti: tra le tante organizzazioni che si sono attivate, la Fondazione Avsi è intervenuta con il progetto della Campagna Tende, dell'Agenzia dell'Unione europea ECHO e della Fondazione svizzera San Camille. Un'attivita svolta in stretto coordinamento ha permesso di raggiungere 6800 famiglie vulnerabili, con la distribuzione in Libano e Giordania di kit invernali (coperte, stufe, voucher per l'acquisto di carburante). In Libano Avsi e Caritas hanno predisposto inoltre un'unità di clinica mobile, per assistere "a domicilio" anche quei profughi che non hanno potuto o voluto registrarsi attraverso i canali umanitari ufficiali.

Ma l'emergenza umanitaria in senso stretto non è la sola a essere assolutamente prioritaria. Al contrario, la comunità internazionale ha identificato come prioritaria la protezione dell'infanzia e il supporto scolastico per le famiglie siriane: secondo l'ONU i bambini rappresentano infatti il 50 per cento dei profughi vittime della crisi.

Presente in Libano dal 1996, Fondazione Avsi avvierà da febbraio, in collaborazione con la Sezione educazione e protezione dell'infanzia dell'Unicef, un intervento in quattro scuole pubbliche ad alta prevalenza di studenti siriani nel Sud del Paese. Oltre ad avviare corsi di recupero scolastico, partirà anche il progetto del Child Friendly Bus, un autobus equipaggiato per i bambini che si sposterà tra le varie comunità rurali dove hanno trovato rifugio molti profughi siriani, organizzando attività ricreative e anche di supporto psico-sociale.

Il processo di integrazione tra profughi e popolazioni locali è spesso difficoltoso. Di frequente i transfughi sono analfabeti, o comunque privi di una preparazione scolastica di base, cosa che li porta a essere esclusi dal mercato del lavoro e a rendere problematica la convivenza.

In questo senso, Fondazione Avsi ha già dato il via al progetto "Educazione e Formazione per giovani siriani e scuola estiva nell'area di Mafraq", in Giordania. Oltre a coinvolgere i giovani siriani in corsi professionali di piccolo artigianato, in attività ricreative e di dialogo, sono state promosse campagne di formazione per le famiglie su salute, igiene e nutrizione, quanto mai necessarie viste le circostanze di precarietà estrema in cui i profughi sono costretti a vivere.

L'integrazione è messa a dura prova in particolar modo in ambito scolastico. Nonostante il ministero dell'Educazione libanese consenta ai bambini rifugiati di accedere alle scuole pubbliche, il sistema didattico differisce in modo sostanziale da quello siriano perché molti insegnamenti sono impartiti in inglese e francese, mentre in Siria l'unica lingua a scuola è l'arabo.

Presente come detto fin dal '96 in Libano, Fondazione Avsi ha sfruttato la propria esperienza nel settore educativo, eseguendo un "In-depth assessment" in 21 scuole pubbliche nei distretti di Marjeyoun, Bent-Jbeil e Hasbaya, dove si è stabilito circa il 20 per cento dei bambini siriani in Libano. Tra le 21 scuole sono state selezionati 13 istituti che ospitano 3.288 bambini, di cui 569 siriani (18%): sono stati loro proposti corsi di recupero scolastico, alfabetizzazione, attività socio-educative e psicosociali.

Le organizzazioni No profit internazionali hanno in sostanza messo a disposizione il proprio patrimonio di esperienza, maturato grazie ad anni di lavoro sul campo. Con estrema difficoltà ma anche con un impegno instancabile, hanno cercato – e in molti casi sono riuscite – a tappare le falle di una situazione che peggiora di giorno in giorno. E ogni giorno si ripropone una domanda che finora non ha trovato risposta: che cosa sta aspettando la comunità internazionale nel suo complesso per intervenire concretamente in favore delle popolazioni colpite dalla guerra?

Francesco Rosati
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