Brindisi, il carbone a processo

Tredici dirigenti della centrale a carbone di Brindisi imputati d'inquinamento. La protesta delle associazioni ecologiste.

13/12/2012

È cominciato mercoledì 12, a Brindisi, il processo che vede imputati tredici dirigenti della centrale Federico II per getto pericoloso di oggetti, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni. Si tratta della vicenda dei campi di ortaggi cosparsi di cenere di carbone, che i contadini hanno dovuto abbandonare.

Fin dal primo mattino il tribunale di Brindisi è stato presidiato dagli ambientalisti riuniti sotto le insegne del movimento “No al carbone”, che ha tappezzato l'area di striscioni con lo slogan "Siamo tutti parte offesa”. C’erano anche le mamme col passeggino rosso, simbolo della lotta in difesa della salute dei più piccoli, mentre Greenpeace ha svelato il mistero di una serie di manifesti anonimi comparsi da alcuni giorni in città, dove accanto all’immagine della centrale di Cerano si leggeva: “Sono in arrivo nuovi filtri per le centrali a carbone della tua città”. Una seconda serie di affissioni, infatti, questa volta con la firma  di Greenpeace, ritrae nuovamente la centrale accanto ai primi piani di alcuni bambini di Brindisi. Vi si legge “Le centrali a carbone della tua città hanno nuovi filtri. I polmoni di…”, dove la frase è completata col vero nome del minore ritratto, di cui si specifica l’età.

E, sotto le foto, il messaggio: “Deficit nello sviluppo neonatale, deficit polmonari, malattie respiratorie, asma infantile, disordini dello sviluppo, patologie neuronali, cancro. Gli 84 inquinanti emessi da una centrale a carbone hanno molti effetti sui tuoi figli, ma una sola soluzione: fermare il carbone”. Laura, quattro anni, stretta al suo peluche. Leonardo, tre anni, petto nudo e, accanto, un leone di pezza più grande di lui e tanti altri. Sono bambini reali che hanno prestato il loro volto, col consenso dei genitori, a questa campagna che vuole richiamare l’attenzione sull’impatto sanitario della centrale a carbone di Brindisi che, come quelli di qualsiasi impianto alimentato con la stessa fonte, sono enormi.

I bambini sono i più esposti, spesso colpiti dagli inquinanti ancor prima di nascere. «La letteratura scientifica internazionale - ricorda Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace Italia - è concorde nel segnalare che i danni sanitari maggiori prodotti dal carbone si riscontrano nei bambini. Diversi studi mettono in luce, per esempio, i danni neurologici provocati ai bambini dal mercurio che fuoriesce dalle centrali, mentre altri indicano gli enormi impatti sul sistema respiratorio infantile».

L’Agenzia europea per l’ambiente ha segnalato nel 2011 la centrale di Brindisi come il sito industriale più inquinante d’Italia. Secondo l’agenzia dell’Ue le emissioni dell’impianto (dati del 2009) determinano una mortalità prematura stimabile in 119 casi l’anno. A questi andrebbe sommato l’impatto dell’impianto di Brindisi Nord, che ha appena ottenuto una nuova Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per tornare a lavorare a pieno regime.

A Brindisi, uno studio del 2011, realizzato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Lecce e di Pisa con l’unità operativa di Neonatologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, la Asl di Brindisi e l’Università di Pisa, segnala un eccesso nelle patologie neonatali del capoluogo pugliese del 18% rispetto alla media europea, con uno scarto che raggiunge quasi il 68% delle patologie congenite cardiovascolari.

Il rischio è che a Brindisi si ripetano gli errori di Taranto, con un’esposizione intollerabile della popolazione a rischi sanitari. Forse occorrerebbe, come chiede Greenpeace, un progressivo abbandono del carbone, fonte energetica dannosa per la salute e per il clima globale.

Felice D'Agostini
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Postato da R.Sorgenti il 17/12/2012 17:57

Esprimersi in dissenso alle demenziali parole e fuorvianti concetti espressi in questo e numerosi altri messaggi di queste matrici lobbistiche e pseudo "ambientaliste", rischia di apparire insensibilità verso i soggetti strumentalmente utilizzati come paravento, od attirare sproloqui da parte di quei personaggi. Ciò nonostante, ritengo utile farlo, ovviamente a titolo personale, perchè non è possibile non reagire ad un tale insulto all'intelligenza umana, soprattutto quando attuata con l'intento di carpire il consenso e la benevolenza dell'opinione pubblica, soprattutto quella parte non particolarmente informata sui fatti e sulle tecnologie che riguardano quel fondamentale settore produttivo, nonchè su un'obiettiva analisi dei vari contesti che riguardano una società moderna, avanzata e che si regge peraltro su un insieme di fattori e conoscenze disciplinate dalle Autorità preposte a queste materie. Io per primo sono un attento amante della natura, dell'ambiente e della salute e non ho alcun interesse nascosto che mi spinge a questa reazione (come piacerebbe speculare da parte di certi personaggi) e quello che dico nasce dalla mia conoscenza tecnica ed un lungo approfondimento di queste tematiche, a livello internazionale, per mia cultura personale. Premesso che, dire che la produzione elettrica, da qualsiasi fonte sia possibile e provenga, non abbia un impatto ambientale, sarebbe come dire che l'acqua è asciutta. Tutto, evidentemente, deve essere però ben valutato e comparato con quelle che sono le molteplici attività che consideriamo indispensabili alla ns. vita in un Paese avanzato e sviluppato, altrimenti si rischia di gridare "al lupo al lupo", mentre si sta per essere investiti da un autotreno. Entrambi da scongiurare, ma con diverso ordine di priorità! Ed allora, la prima cosa che bisogna considerare è che, da analisi approfondite e misurate dei relativi impatti emissivi, vi sono numerose attività produttive, ma anche civili e sociali che indubitabilmente hanno un impatto molto maggiore di quello, limitato ed ampiamente entro i termini previsti e consentiti dalle leggi in vigore in Europa, che riguardano la produzione elettrica. Basti pensare al traffico veicolare, alla distillazione del petrolio per produrre i vari carburanti e derivati, alla produzione di cemento, vetro, plastica e prodotti similari, metalli vari, carta, ecc. ecc., al riscaldamento civile e domestico, al fumo di sigarette, ai mezzi di trasporto di massa (aereo, treno, pullman, nave, ecc. ecc.), ma anche alla stessa attività agricola, all'estrazione delle materie prime ed altro ancora. Ebbene, ad un'analisi pesata e comparata, la produzione di quel bene fondamentale che si è dimostrato essere l'elettricità nell'ultimo secolo, cioè da quando è stata scoperta ed ha cominciato ad essere sempre più prodotta e resa disponibile (anche se ancora 1,5 miliardi di ns. simili purtroppo non ne possono ancora beneficiare), è significativamente tra le meno impattanti, grazie alle tecnologie che sono in grado di drasticamente ridurre e controllare gli aspetti potenzialmente nocivi derivanti dalla combustione dei prodotti fossili (tutti), ma anche legna da ardere, carta, plastiche e rifiuti vari. Possiamo fare a meno dell'elettricità? Semplicemente no, perchè altrimenti il livello di vita, di salute e di benessere, precipiterebbe alle condizioni dell'inizio del XX Secolo ed un esempio immediato ed inconfutabile sono appunto le condizioni di vita nei Paesi poveri e sottosviluppati del mondo. Non c'è nessuno studio, serio, documentato e specifico che dimostri quanto si lascia intendere nell'articolo qui sopra. Quello a cui si fa riferimento è una mera estrapolazione teorica, che ipotizza una condizione assoluta dove si fosse eventualmente in grado di separare, segmentare una specifica industria o fonte emissiva, estrapolandola dalla realtà del contesto globale in cui è inserita (ma a questo punto i numeri sarebbe drasticamente diversi e ridotti!) e, soprattutto, dando un peso incredibile ad un fattore emissivo che, indubitabilmente - non è un inquinante nocivo - vale a dire le emissioni di CO2 - che non hanno alcun impatto sulla salute, ne tantomeno sull'ambiente in ambito locale. Peraltro, la CO2 è il terzo gas più importante per la vita sul pianeta ed è alla base della vita, costituendo elemento essenziale per l'alimentazione del mondo vegetale dal quale tutti gli esseri viventi (umani ed animali) dipendono. Tutti noi abbiamo una doverosa sensibilità e spirito di protezione dei bambini, ma questo non ci esime dal portarli in macchina od a passeggiare, nonostante l'ambiente in cui li poniamo sia certamente influenzato dalle emissioni delle varie attività sopra indicate, ed altre ancora. Qualcuno è in grado di segmentare l'incidenza di ciascuna di queste attività ed attribuirne con certezza il "merito" in ogni luogo del ns. Paese? No, ma anche ammesso e non concesso che questo fosse possibile, sarebbe anche opportuno farne una diretta comparazione per valutare quindi quale di queste dovrebbe avere la precedenza nell'attenzione e nella prevenzione, altrimenti diventa pretestuoso e speculativo, oltrechè ingannevole, qualsiasi azione che sindaca un singolo prodotto, un'attività a "caso" (?), perchè magari fa comodo ad altri aspetti talvolta tutt'altro che commendevoli. Indicare che una centrale a Carbone emette 84 elementi inquinanti (lasciando surrettiziamente forse intendere che questi siano del tutto nocivi) è semplicemente meschino. Basterebbe allora pensare ed elencare gli elementi che sono contenuti nel corpo umano che ingurgitiamo quando mangiamo carne o beviamo l'acqua! Numerosi di questi elementi sono presenti in tutti e tre le matrici citate. Peraltro, bisognerebbe avere l'onestà intellettuale di riconoscere che il Carbone indubitabilmente deriva dal mondo vegetale e quindi tali fuorvianti concetti dovrebbero allora essere logicamente riferiti alle stesse biomasse (ed in particolare piante, arbusti, ecc.,) che ne sono all'origine. Necessiterebbe scrivere libri per poter ragionevolmente fare un'analisi comparativa e di merito in risposta a quello che l'articolo sopracitato ipotizza, ma non è questo il contesto ed il mezzo più opportuno. Il mio intento è solo quello di reagire alle vergognose speculazioni e demonizzazioni di costoro che, se esaminate con emotività e superficialmente, possono indurre alla paura ed alla strumentalizzazione, facendo molti più danni di quelli che solo ingannevolmente si tenta di evocare. Poi esistono seri esperti e professori nelle varie discipline che dovrebbero fare da riferimento in merito, che dovrebbero e potrebbero essere richiesti di una valutazione e conseguente analisi tecnica ponderata, ma questo è un compito che dovrebbero svolgere le Istituzioni. Quando costoro attaccano un singolo prodotto, peraltro in un Paese che ne fa davvero (ed a proprio danno) un uso molto contenuto e non agiscono invece analogamente in altri grandi Paesi sviluppati come per esempio la Germania (che usa ben 7 volte più carbone dell'Italia per la produzione elettrica, a beneficio dei tedeschi), bisognerebbe davvero interrogarsi ed approfondire. Poi, perchè allora non intervenire a livello della Comunità Europea? Mi scuso per la lunghezza del commento, che mi è uscito proprio dallo stomaco, causa la ripulsa che certe azioni stimolano.

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