10/08/2011
L'assistenza della Croce Rossa dopo il terremoto di Haiti.
Ospedali bombardati, ambulanze con feriti gravi a bordo bloccate ai posti di blocco, medici e infermieri minacciati, rapiti o uccisi, infermiere costrette a interrompere programmi di vaccinazione infantile. Sono alcuni degli atti di violenza nei confornti del personale medico impegnato nelle zone di conflitto e di disagio. Secondo un rapporto pubblicato a Ginevra dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, le violenze e le intimidazioni nei confronti di medici e infermieri sono in aumento. Il rapporto conta 600 attacchi in tutto il mondo fra la metà del 2008 e la fine del 2010. L'analisi prende in considerazione 16 Paesi, tra i quali la Libia, l’Afghanistan, la Somalia e la Colombia.
Migranti tunisini nel porto di Lampedusa vicini a una postazione della Croce Rossa.
Alcuni degli attacchi subiti dal personale medico sono accidentali, ma molti sono deliberati.
Il diritto dei feriti in zone di guerra a ricevere cure mediche e il
diritto dei medici a muoversi liberamente per soccorerli è sancito dalla
prima Convenzione di Ginevra. Tuttavia, secondo il direttore
generale della Croce Rossa Yves Daccord, 150 anni dopo l’adozione della
Convenzione, questa viene violata regolarmente.
«Chiaramente ormai si tende a non rispettare il lavoro di chi presta
assistenza medica e purtroppo per noi nessuno se ne preoccupa», lamenta in una intervista alla Bbc Yves Daccord. Il responsabile della Croce Rossa aggiunge: «Fino
a pochi anni fa, quando una ambulanza veniva colpita, un ospedale
veniva assalito da gente armata o un medico veniva arrestato montava la
protesta. Ma ora nessuno sembra preoccupato».
Roberto Zichittella