"Non fermiamoci, sconfiggiamo l'Aids"

Nel mondo ci sono 33,4 milioni di persone con l'Hiv/Aids, di cui oltre 23 in Africa. Il Cesvi opera per interrompere la catena del contagio madre-bambino. E perciò chiede sostegno.

01/12/2012
Il Trio Medusa durante una recente visita al St. Albert, in Zimbabwe, insieme alla dottoressa Elisabeth (Foto: Cesvi)
Il Trio Medusa durante una recente visita al St. Albert, in Zimbabwe, insieme alla dottoressa Elisabeth (Foto: Cesvi)

«Far sì che in Africa nascano bambini sani, senza Aids, è una sfida da vincere: fa bene non solo alla nostra anima, ma al futuro di tutti!», Claudio Bisio.

«È un privilegio per chi fa un lavoro come il mio essere utile alle cause in cui si crede, come quelle del Cesvi, che uniscono idealità e concretezza. Con questo progetto in Zimbabwe, per la prima volta, è stato capovolto il punto di vista sull’Aids in Africa. Una vera rivoluzione», Lella Costa.

«Noi siamo fortunati, perché siamo nati nella parte ‘ricca’ del mondo. Credo sia nostro dovere tenere viva l’attenzione su questa enorme pandemia», Alessio Boni.

«Con il Cesvi ci siamo conosciuti nel 2003, come due persone che poi sarebbero diventate fidanzati per la vita! Cesvi non va in Africa a distribuire quello che ha comprato qui, ma a produrre, costruire cose che devono rimanere e funzionare nel tempo, coinvolgendo e formando lo staff locale. Se vuoi piantare un seme che poi germogli, devi portare la conoscenza», il Trio Medusa.

«Cesvi è la garanzia di un lavoro ben fatto. Sono stata più volte sul campo a vedere il loro lavoro. Il ricordo più bello riguarda il viaggio con mio marito e i miei tre figli nel sud dell’India, dove Cesvi si occupa di bambini disagiati. È stato un viaggio molto istruttivo per i miei figli, che se lo ricorderanno per tutta la vita», Cristina Parodi.

     Sono alcune delle frasi con cui i cinque testimonial della Ong di Bergamo vogliono appoggiare la campagna lanciata dal Cesvi per sostenere i progetti in Africa, campagna di Sms solidali (chiamando il numero 45508) che durerà fino al 21 dicembre.

     In Zimbabwe, Congo e Sudafrica l’organismo umanitario opera per interrompere la catena di contagio fra la madre e il bambino, attraverso la somministrazione di un farmaco che permette a 8 bambini su 10 di non contrarre il virus.

     Quali sono i risultati concreti di questi progetti? Ecco qualche esempio. Nel mondo, oggi, le persone contagiate dall’Hiv sono 33,4 milioni. Ma al St. Albert – l’ospedale in Zimbabwe gestito dal Cesvi – ci sono 2 mila nuovi medici e infermieri per combattere la malattia.

     Sul totale dei sieropositivi, più della metà sono donne. Ma al St. Albert più di 88 mila hanno potuto fare il test e il tasso d’infezione si è quasi dimezzato dal 2005 a oggi.

     Nel solo 2010, sono stati infetti 390 mila bambini, quasi tutti dalla madre, durante il parto o l’allattamento. Ma al St. Albert l’81% dei nati da madri sieropositive sono sani perché sono stati trattati col il farmaco che evita il contagio nella fase della gestazione, del parto e dell’allattamento.

     Il St. Albert è un ospedale a 150 chilometri da Harare, capitale dello Zimbabwe, uno di quei luoghi sperduti d’Africa dove di solito diventare sieropositivi significa morire nel giro di 3-5 anni. Ma in quest’angolo di savana l’Ong bergamasca dodici anni fa vi ha fondato l’ospedale dove opera per interrompere l’infernale catena del contagio madre-bambino: tra il 70 e l’80 per cento dei neonati che si riescono a trattare non contraggono il virus e potranno crescere sani.

     Il 1° dicembre è la giornata Onu dedicata all’Hiv/Aids: la situazione resta drammatica. Le cifre riportato sembrano un bollettino di guerra. E in un certo senso lo sono. La strage silenziosa dall’inizio dell’infezione ha registrato 60 milioni di casi e fatto 25 milioni di vittime. E colpisce soprattutto nell’Africa sub-sahariana: qui gli ammalati sono 23 milioni, ovvero il 67% dei sieropositivi su scala mondiale.

Il Trio Medusa all'epoca del primo viaggio in Zimbabwe, quando ancora lavoravano come "iene" al programma Mediaset, nel 2003 (Foto: Cesvi)
Il Trio Medusa all'epoca del primo viaggio in Zimbabwe, quando ancora lavoravano come "iene" al programma Mediaset, nel 2003 (Foto: Cesvi)

Il Cesvi – che ha aperto altri centri anche in Congo e Sudafrica – lancia in questi giorni una grande campagna di sensibilizzazione e donazione. Lo slogan è “Stiamo vincendo l’Aids in Africa, non fermiamoci!”. Fino al 21 dicembre si può contribuire ai progetti della Ong con gli sms solidali al numero 45508.

     Per questa occasione i tradizionali amici del Cesvi (tutti loro testimonial da anni) hanno deciso di “scendere in campo”.

     Perché?, chiediamo al Trio Medusa. «Per tre motivi», dicono Gabriele, Furio e Giorgio del Trio. «Primo, rendere sani i neonati è un’opera straordinaria. Secondo, il Cesvi non fa semplicemente beneficenza, crea realtà perché stiano in piedi da sole “senza l’uomo bianco”. Terzo, al Cesvi ti affezioni. Noi diciamo che con loro ci siamo fidanzati, anzi sposati visti gli anni di collaborazione. Sono seri, lavorano bene, e rendono conto anche dell’ultimo euro che ricevono».

     «Nove anni fa», continuano, «quando siamo andati la prima volta in Zimbabwe, il St. Albert era poco più di una capanna. Un posto da paura. Non c’era niente, una pista nella savana. Oggi è un moderno ospedale polifunzionale, con decine di medici e infermieri locali. E quell’angelo della dottoressa Elisabeth, la responsabile, ha fatto un miracolo. Il centro sembra un grande giardino».

     Elisabeth è mancata nel luglio scorso. Malatasi di cancro, ha interrotto le cure in Italia per tornare a occuparsi «della sua gente», come diceva.

     «Persone come lei ti spingono a credere in Dio», dice il Trio Medusa. «Diceva: “Dio mi darà i giorni di cui ho bisogno”. È morta lavorando, ma felice. Una donna da Premio Nobel».

     «Occorre davvero che ci mettiamo tutti un grande impegno per battere l’Aids», conclude il Trio. «Se ne parla troppo poco. Sull’informazione non si può transigere. Per fermare la malattia serve prima di tutto la prevenzione. In tutti i modi, a tutti i costi. In Africa curare è costoso e difficile: occorre spiegare come proteggersi ed evitare il contagio. Perché poi curare, in Africa, è molto difficile».

     Per sostenere i progetti del Cesvi:
tramite l’SMS solidale al 45508, dal 22 novembre al 21 dicembre è possibile donare 2 euro da cellulare personale TIM, Vodafone, Wind, 3, CoopVoce, PosteMobile e Nòverca; oppure 5/10 euro con chiamata da rete fissa Telecom Italia, Fastweb e Infostrada, o ancora 2 euro da rete fissa TWT.

     Con i fondi raccolti, Cesvi potrà fornire terapie farmacologiche per ridurre la trasmissione del virus da mamma sieropositiva a neonato, assicurare assistenza medica ai malati di AIDS, attivare programmi di assistenza alimentare e psicologica, promuovere campagne di prevenzione e sensibilizzazione, supportare strutture di accoglienza e di lotta all’esclusione sociale per gli orfani dell’AIDS in Zimbabwe, Congo e Sudafrica.

Luciano Scalettari
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